«Ho perso la fede dopo un grave lutto»
Ma ha senso credere solo se tutto va bene?

«Non credo più in Dio».
La ‘confessione’ è di Didier Deschamps capitano della squadra francese campione del mondo di calcio.
Quel «non più» fa capire una fede avuta in passato.
Deschamps ha infatti ricevuto una educazione cattolica.
Il fattore di rottura, il punto di ‘non ritorno’ è stata la perdita di un fratello, morto in un incidente aereo.
«Da allora ho capito», rivela il campione. «Tutto è cambiato nella mia testa. Non credo più in Dio, credo al destino.
Ognuno ha la propria strada tracciata». Una perdita affettiva che nessuno potrà colmare.
Una giovane vita stroncata senza che tu riesca a fartene una ragione.
Ma chi crede proprio dalla fede sembra trarre la forza per superare gli sgambetti del destino.
Sarà la speranza della vita eterna, sarà il pensiero dl ricongiungersi, un giorno, ai propri cari perduti.
Saranno le parole di conforto nelle pagine della Bibbia.
Ma c’è anche chi non accetta che un Dio buono permetta certe tragedie.
E allora ecco l’idea dl un destino tracciato, di una strada da cui non si può deviare.
L’idea del nulla. L’idea della fede come semplice «accessorio» della nostra esistenza.
Con la quale, o senza la quale, niente in fondo cambia.

«Una reazione comprensibile : ce la prendiamo con Dio per non essere distrutti»
dice Gianna Schelotto,  Psicologa

«Perdere la fede come conseguenza di un grande dolore? E’ comprensibile, anche se credo non in presenza di una vera fede: chi credé veramente è pronto ad accettare qualsiasi cosa.
Questa (espressa nell'articolo) è un'interpretazione un po’ ricattatoria della fede: sto con te se mi dai qualcosa.
Se non fai del male a chi mi è caro, se mi mandi solo cose buone».

D: Quindi le sembra un po’ riduttiva come posizione?

R:  «E’ una reazione umanamente comprensibile. Ma anche ad una laica come me la fede sembra altro».

D: Un dolore molto grande può rovinare anche la fede?

R: «Sì, potrebbe però essere una fase transitoria in cui si deve elaborare il lutto. Si arriva a identificare un ‘nemico’, a reagire aggressivamente contro qualcuno o qualcosa perché questo ci aiuta a rimettere in circolo delle energie. Altrimenti la depressione totale ci farebbe cancellare ogni reazione. Così, se ce la prendiamo con Dio piuttosto che con l’automobilista che ha causato l’incidente».

D: Insomma, un meccanismo di difesa?

R: «Ma dopo un certo periodo uno dovrebbe tornare come prima. Se aveva una fede dovrebbe tornare a credere.
Se è vera fede in situazioni drammatiche dovrebbe soccorrerti, darti una mano a superare il dolore. Prendersela con Dio significa dire: mi hai deluso, non gioco più. Una reazione infantile».

Vittorio Messori
Scrittore
«Chi crede accetta il dolore: Gesù non abolisce la croce, ci si fa inchiodare sopra»

«Da sempre l’uomo si è confrontato con questa sorta di dilemma di fronte al male che colpisce: se Dio c’è e permette la sofferenza, o è impotente perché vorrebbe evitarla all’uomo e non ti riesce, o è sadico perché permette la sofferenza pur potendo evitarla.
Questo dilemma sembra mettere Dio con le spalle al muro. E noi siamo autorizzati a negarne l’esistenza.
Credo che questo sia un discorso che abbia una sua forza».

D: Ma un cristiano non dovrebbe sfuggire a questo dilemma?

R:  «Certo, il Dio che è stato presentato dal Vangelo si è incarnato nella storia umana non per sopprimere la sofferenza ma per prenderla sulle sue spalle.
Il Dio che si manifesta in Gesù non abolisce la croce, ci si fa inchiodare sopra. Resta un mistero ma cessa di essere un assurdo. Il credente che ha fede non sa perché deve soffrire; sa che la sofferenza è necessaria se Dio stesso, incarnatosi, l’ha voluta assumere su di sé».

D: Chi non riesce ad accettare questa verità non è credente?

R:  «Se uno si rivolta contro Dio perché il male l’ha colpito, significa che comunque una fede pensa di averla. Io non amo quei faciloni che scambiano il dialogo con una sorta di pateracchio: vogliamoci bene, crediamo tutti in Dio.
Io, nel Dio islamico non riuscirei a credere. Un Dio che sta sulle nuvole e permette la sofferenza, lui, impassibile, lui che onnipotente avrebbe potuto impedirla. Contro questo Dio mi rivolterei».

Articolo tratto dal quotidiano Il Giorno, tutti i diritti riservati.
 

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