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La storia
della famiglia Berra affonda le sue radici all'inizio del XIX secolo.
Il capostipite Giovanni Berra inizia la sua attività a Torino
intorno al 1820 e può essere considerato uno dei precursori di quella
che sarà, lungo il corso di tutto il secolo e fino alla metà
del '900, una fiorente produzione locale. Il none di Giovanni Berra spicca,
assieme a quello di Francesco Weiss e Giuseppe Marchisio,
tra i sei riportati nelle guide di Torino del 1836 alla voce Negozianti
di piano-forte. Attivo fino alla morte avvenuta nel 1884, il Berra
riscosse a partire dal 1835 notevoli successi, inclusa una medaglia d'argento
all'Esposizione Industriale di Genova del 1854 per un pianoforte verticale
di sei ottave e 3/4. Verso gli anni 1860 la fabbrica dei Berra, rinominatasi
"Baer" per motivi di prestigio (il nome tedesco permetteva di incrementare
le vendite!),
era in grado di costruire
più di 40 pianoforti all'anno e grazie ai suoi successori essa poté
sopravvivere fino alla metà del nostro secolo.(1)
Ho avuto
modo, durante la mia attività di restauratore, di studiare tre pianoforti
Berra risalenti rispettivamente al 1828, 1832 e 1835. E' interessante notare
come lo strumento del 1828 riporti la scritta ad inchiostro sia sul telaio
della tastiera che sul pancone sotto la tavola armonica di Fratelli
Berra, ad indicare la presenza di un fratello nei primi anni di attività,
mentre nello strumento del 1832 compare la firma Giò Berra.
Nel pianoforte del 1835 si trova incollato in un angolo della tavola armonica
un biglietto a stampa che riporta: GIOANNI BERRA / fabbricante da cembali
/ Contrada de' Mercanti, casa Fiore, / porta n: 20, primo piano, / dietro
S. Francesco di Torino.
Mi risulta che oltre a questi
pianoforti a tavolo siano sopravvissuti alcuni verticali ed un pianoforte
a mezza coda datato 1940. Ciò lascia intendere che la fabbrica si
rivolgesse prevalentemente al mercato amatoriale, anche di un certo livello,
mentre le esigenze professionali erano soddisfatte attraverso l'importazione,
ben documentata, di fortepiani esteri e soprattutto viennesi.
Nel complesso
i pianoforti Berra possono essere considerati di buona fattura anche se
la meccanica è più antiquata dei coevi strumenti austriaci
e tedeschi. E' possibile individuare due modelli cui ricondurre i tre strumenti:
uno più piccolo, in noce(1828) o ciliegio (1835) con tastiera ricoperta
di ebano e i cromatici in osso, estensione fa0-sol5 e due ginocchiere(
alzasmorzi e moderatore) ed un altro di maggiori dimensioni (1832) lastronato
in noce con parti interne ebanizzate esteso da fa0-sol6 con i tasti
naturali ricoperti in avorio, i cromatici in ebano con tra ginocchiere
corrispondenti ad alzasmorzi, moderatore e fagotto.
Nonostante la diversità
delle dimensioni, in tutti e tre gli strumenti compare la stessa meccanica,
detta Prellmechanik, priva di scappamento e con il martello incernierato
al tasto per mezzo di una forcola in ottone e che batte con la codetta
su una barra fissa posteriore. In questo modo il martello può saltare
sulle corde quando il tasto viene premuto. Anche gli smorzi sono tutti
dello stesso tipo: a leva sollevati da piloti.
In ciascun
esemplare la tavola armonica, dello spessore di circa 3 mm, è a
destra e si protende sospesa sulla tastiera, sostenuta da un rinforzo in
abete. Le corde sono ancorate su un pancone di noce alla sinistra dello
strumento ed il somiere, della stessa essenza, si trova sotto la tavola
armonica. Le corde gravi da fa0 a si0 sono singole a rivestimento
largo mentre tutte le restanti sono doppie in ottone e ferro.
Il restauro di questi strumenti
ha evidenziato problematiche spesso comuni agli strumenti a tavolo di questo
tipo come ad esempio la torsione della struttura sotto il tiro delle
corde. Rifacimenti dell'incordatura in epoche più recenti avevano
portato a montare corde di diametri maggiori per ottenere un suono più
potente senza calcolare le reali possibilità di tenuta della struttura
stessa. Questo nel tempo ha comportato inevitabilmente cedimenti e spaccature
della tavola armonica, del somiere, del pancone e della struttura in generale.
In questi casi il restauro
è consistito nel riparare i danni prodotti dalla troppa tensione,
dall'umidità e dall'invasione degli insetti xilofagi colmando le
spaccature con legno nuovo ed in modo visibile e rincollando reversibilmente
le parti scollate.
Il ripristino
della funzionalità della meccanica ha comportato, oltre alle normali
operazioni di pulizia e dell'asportazione della ruggine dai perni, la sostituzione,
quando necessario, dei panni ed in un caso dello strato superiore di pelle
sui martelli. Una particolare cura è stata dedicata alla regolazione
della meccanica, in genere problematica su un pianoforte a tavolo. Il pianoforte
del 1828 porta scritti ad inchiostro sui tasti i numeri relativi ai diametri
delle corde, dato di vitale importanza per ciò che riguarda la memoria
dello strumento ed il mantenimento storico delle intenzioni e del gusto
dell'autore e di un'epoca.
Bibliografia:
(1)Annarita Colturato- "L'industria dei pianoforti a Torino nell'ottocento" in miscellanea di studi 3 a cura di Alberto Basso, Torino 1991, Centro Studi Piemontesi-Fondo "Carlo Felice Bona".