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"L'occhio che non sogna non vede" (P.Gambazzi L'occhio e il suo inconscio)

E' difficile per me dire qualcosa sul mio lavoro. Non amo parlare di ciò che già queste immagini mostrano. Preferisco che lo sguardo del vedente si posi su di esse e che queste creino dei problemi e delle domande. Spero che il vedente possa spaesarsi all'interno dei luoghi rappresentati.

Comunque proverò a dire qualcosa, in modo incompleto e non esaustivo.
 
Posso dire che il paesaggio è il motivo dominante delle mie foto.
 
Il volto di un mondo-orizzonte.
Un orizzonte, un cielo-sfondo che non è il cielo di sempre, quello cui siamo abituati.

L'orizzonte: paesi, filari di alberi, le fabbriche di Marghera e Fusina e altro, autostrade, filari di lampioni e tralicci, architettura come cosa vista da lontano, che si staglia orizzontalmente o verticalmente nello spazio, architettura che diventa marginale rispetto allo sfondo, allo spazio che la ospita.
Il cielo: l'idea è quella di contrapporre al paesaggio un altro cielo, una superficie diversa che accolga i diversi orizzonti. Segni, solchi, profondità, sfondamento del cielo ad opera di altri segni o altre superfici, che mandano in decomposizione i luoghi architettonici visitati dal mio sguardo lontano.
 
Queste foto sono un mio mondo, sono un mondo che ho visto, rappresentano, mostrano il mondo di fuori, o meglio, sono un tentativo che serve a mostrare come il mondo di fuori potrebbe essere.
 
Ciò che io vedo non è solo ciò che è, ma anche ciò che può essere. Nelle sovrapposizioni tra una figura e l'altra, tra una superficie e l'altra, fino alla creazione di superfici figurative dotate di spessore e profondità, posso arrivare a vedere cieli oscuri e diversi, che hanno subito alcune mutazioni, le quali potrebbero essere quelle che la nostra epoca ha deciso ormai da tempo sull'ambiente.
 
Quando lavoro penso sempre a due insiemi di immagini: i profili, le linee, i tracciati di un orizzonte terrestre e lo sfondo, l'altro cielo che dovrà sovrastare quell'orizzonte, che dovrà stare al posto del cielo di sempre.
 
Ognuna di queste foto è una configurazione che sfocia in un paesaggio: un orizzonte trasfigurato, mandato in vibrazione, posseduto da un altro cielo.
 
All'interno di questi spazi, luoghi, nuovi paesi, io lavoro anche come compositore: con i suoni propri di questi luoghi (registrazione in campo) e con la strumentazione che mi è concessa dagli strumenti tradizionali e dall'elettronica (registrazione di strumenti o loro composizione in partitura o in studio, in editing digitale). Si tratta di configurare uno spazio sonoro attorno a queste immagini. Dare loro profondità attraverso i suoni. Oppure di far reagire le immagini con uno spazio acustico in sequenze video legate ad una narrazione.*
 
Una superficie qualsiasi può essere cielo, porzione di materia celeste: costellazione di segni che illumina, dà profondità ad un orizzonte terrestre, che ce lo fa ripensare in modo diverso.
 
Il problema è guardare ascoltare il paesaggio in modo diverso, lasciare che emerga un altro paesaggio che c'è ma non vogliamo mai guardare.
 
Io so ora di essere sguardo ascolto tra questi luoghi nuovi. Per vederli ascoltarli devo, in qualche modo, sognarli con l'occhio della macchina da presa.
 
*Le immagini qui riprodotte fanno parte di un'opera musicale composta da Manuel Cecchinato.


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