Amore, ricordo e poesia
in Caldi sospiri di Paolo Francesco Barbaccia ( Edizioni “I miei colori”)
La
silloge di poesie di Paolo Francesco Barbaccia è un canto
d’amore, come evidenziano soprattutto alcune parole chiavi,
quali amore, sospiro, primavera, ricordo, felicità, dolore.
L’espressività poetica è originale e pacata, entusiasmante e
vera, e scaturisce dal profondo del cuore. Ogni affetto, ogni
sentimento non è un una frase fatta, non è un luogo comune, ma
una manifestazione del proprio animo, un’epifania del proprio
intimo. Tutto ciò viene espresso attraverso uno stile spezzato,
unico, «nutrito di continui richiami e definite ombreggiature,
che trasforma quell’insaziabile dubbio in sconvolgente verità,
quell’incubo in inconfutabile realtà» scrive nella
prefazione Emiliano Cribari. Ogni evento comunque, ogni emozione
vengono filtrati attraverso il tempo. «Scorre l’acqua nella
fontana del tempo, / come scorrono i giorni della nostra vita. /
Mille furono i problemi per la costruzione / della nostra o
vostra fontana del tempo… / Il tempo è un vortice che passa /
come una stagione indefinita». Materializzazione del tempo è
la memoria e il ricordo. La silloge del Barbaccia, infatti,
corre sulla scia del ricordo che diventa poesia ed afflato
lirico, ma soprattutto amore, amore vero, specchiato dalla
bellezza del creato che procura una felicità interiore. Ebbene
sembra strano ma è così: la poesia in fondo nasce da un
ricordo triste, da un evento luttuoso: la perdita della donna
amata. Ma questi sentimenti non sono travolti dal pessimismo, la
vita continua a scorrere, l’amore per la donna si mistifica e
si spiritualizza attraverso il canto e la poesia «perché il
vento scende dai monti, parlando d’amore». La tristezza e il
dolore vengono purificati e idealizzati. L’amore terreno e
materiale diventa eterno e la natura partecipa in questo afflato
beatifico, quasi contemplativo. Se la donna amata non c’è più,
continua a persistere il suo alito profumato. La vita è un
ciclo continuo e questo poeticamente è espresso dalle
iterazioni che legano i versi. La ripetizione delle parole alla
fine e all’inizio del verso hanno inconsciamente questo
significato. L’amore e la morte diventano elementi non
contrastanti, ma quasi la stessa faccia della stessa medaglia,
quasi un’unione indissolubile che proietta verso la felicità
universale. Eppure nel mondo esiste tanto male: guerra, odio,
violenza. Elemento consolatore diventa allora Dio. La sua pace
è la pace del poeta. La pace è aspirazione intima, è poesia.
E l’autore si chiede: «Che cos’è un poeta? / il sapere
scrutare nella profondità / della propria anima? / Accorgersi
che dentro arde? / Arde una fiamma di guerriero, / con la stessa
intensità dell’amore. / Il poeta ama in silenzio e nel
frastuono, / ama nella solitudine della vita. / Il poeta sorride
dentro, / mentre dentro ti senti bruciare, / e in silenzio si
abbraccia con l’Eterno». La silloge, che può essere sotto
certi aspetti accostata al “Canzoniere” del Petrarca,
soprattutto alla seconda parte quando viene idealizzata la Laura
perduta, si conclude con una mistica fusione di amore e dolore:
«Tu non ti accorgi del mio soffrire, / struggermi d’amore per
te». Dalla poesia del Barbaccia scaturisce certo un senso di
pace e di quiete: il sorriso della vita.
Angelo Manitta