Condizione esistenziale dell’uomo in Gian Paolo Canavese: Versi sparsi (edizioni Il museo della Poesia)

 

«I “versi sparsi” trattano le emozioni ed i sentimenti che tutti gli uomini provano e sentono. Questa raccolta di liriche è un arcobaleno di momenti a volte felici e a volte tristi. La mia poesia rispetta uno stile libero ma realistico», così Gian Paolo Canavese commenta in un passo chiaro e preciso, benché breve, la sua silloge “Versi sparsi”. L’autore dà uno sguardo al sociale e alla condizione esistenziale dell’uomo, vedendo in questo un deterioramento graduale, ma irrefrenabile. Immagina un futuro in cui ogni essere umano sarà lacerato da una miseria sempre più nera e poi, in prima persona, scrive: «Io diventerò poeta e / sarò un vecchio libro scucito, / racconterò la mia meta ed il futuro / anche se incerto e ferito». E in verità l’animo del vero poeta si cela nell’autore perché, come afferma lui stesso, la poesia è il suo cielo, i versi la sua verità, le parole il centro dell’infinito. In Canavese la poesia è «questa strana convivenza della musica e della metafisica, del ragionamento e del sragionamento, del sogno e della veglia» (Montale).

Giuseppe Manitta