La poesia religiosa di Santino Spartà (Continuo a cercati, ed. Sei, Torino 1996 

Santino Spartà, personaggio assai noto per la poliedricità artistica che da anni pratica, ha voluto fare, con “Continuo a cercarti” una sintesi della sua pluriennale esternazione creativa. Teologo, giornalista, critico, pluridecorato per meriti culturali, rappresenta il punto apicale dello scibile umano. Attento osservatore delle cose del mondo, egli le vede con gli occhi disincantati, le puntualizza con meticolosità cronistica, ne esamina eventi, circostanze, sentimenti, speranze. Nella sua ampia tematica si rilevano sempre spunti interessanti che precisano il suo intimo pensiero; questo è un suo modo di interpretare la realtà, modo originale in cui l’immaginifico s’interseca con il reale, creando una piacevole estrinsecazione creativa. Nella prima parte della raccolta “Continuo a cercarti” c’è una costante spinta verso l’ignoto, un qualcosa che Spartà cerca insistentemente, un barlume in quell’ignoto che lo assilla. È una ricerca ricca di evocazioni affettive come nella poesia “Sul volto che è tuo”, in cui disquisisce sull’amore materno, oppure quando descrive l’idilliaco mondo agreste ne “La mia aia è senza grano”, ove si intravede una fanciullezza felice a contatto della natura. La sua ricerca è rivolta anche verso le cose più comuni come in “La primavera in esilio”, che gli offre lo spunto per una evocazione fascinosa di questa stagione, un acquerello iridescente, farcito di sfumature ammiccanti. Non mancano note meste, sempre presentate con ricca simbologia “a ricordo di una bambina affogata” che evidenzia la tragicità di una disgrazia. Spartà non tralascia la vacuità terrena come in “Sento di essere inutile”, dove esprime la sua delusione per l’estendersi della vanità, oggi di gran moda. Il timore dell’isolamento, dell’abbandono, viene focalizzato in “Voltati almeno” un appello disperato per non essere dimenticato. Questi scorci proseguono con allusioni, perifrasi, simbolismi, che molto dicono al lettore. Ciò che si evidenzia è un costante pensiero spirituale, un rispettoso rivolgersi all’Ente Superiore che per sommo rispetto egli chiama “Signore” oppure “Lui”, indizio di un deferente riguardo, ma anche di una fede profondamente radicata, che Spartà non si limita solo a professare; il pensiero del divino lo accompagna sempre come il “Leit motiv” della sua creazione poetica. Dove s’addentra nell’immaginario misterioso è nella seconda parte, “Se fossi arrivato”; la speranza di incontrare il Signore è in “Ti ritroverò senz’altro” o in “Forse in eterna agonia?”. Una aspirazione assai pregnante! “Nascondo un raggio” può simboleggiare la nostra stessa esistenza. In “Vorrei intervistare il mistero” c’è l’ansia di scoprire ciò che di misterioso c’è in noi. È un costante dialogo col Signore, di cui Spartà percepisce la presenza assidua, pur chiedendo una prova tangibile “Senza mostrarsi mai”. In “Soffio d’angeli” c’è un appello ad esseri superiori perché lo aiutino a trovare la pace, «non so perché tanta pace», oppure  in “È possibile”, si rammarica per la sfiorita bellezza. Poi il colloquio con Dio! Finalmente Spartà è a tu per tu con l’Onnipotente e gli presenta una serie di richieste per conservare l’umanità e la sua innocenza, per perorare la causa del Sud, il cibo, l’acqua, per il trionfo della verità ed un inno alla luna ispiratrice di sentimenti elevati. Ma l’incognita della ricerca diviene, gradevolmente, meno assillante e in “Quando aprirai la lettera” esplode con l’affermazione «che l’amore più grande / è amare senza essere amato», asserzione di fraternità, solidarietà, amore reciproco come in “Volersi bene”. Spartà comincia a comprendere: «mi hai aiutato» e subito «ti sono vicino». Il frutto della scoperta sta maturando, «forse è già una spiga». Ecco allora i simbolismi con l’acqua, le foglie, la porta non chiusa a chiave, che presuppone un nuovo incontro ed una serie di sensazioni che ribadiscono la verve ispirativa d’un poeta che ha in sé una sorgente inesauribile. In “Mi sono innamorato” ci sono le diverse sensazioni, gli stati d’animo di chi sente nel suo intimo lievitare un sentimento affettivo prepotente e Spartà esterna egregiamente questo stato d’animo con la pluralità concepitiva senza mai perdere di vista quella Divina Provvidenza alla quale deve tutto. La sintesi della sua onerosa opera creativa la troviamo nei versi conclusivi «Ti ringrazio Divina Provvidenza / per aver scritto di tuo pugno / che tu sei il TUTTO. / Così finalmente metterò punto / alla tua inquietudine».

                              Pacifico Topa