Dalla poesia alla prosa: il lungo percorso dello scrittore messinese Antonino Ucchino (Foglie al vento, Messina 2000; L’appuntamentu [tragedia siciliana in un atto], Messina 2000; opere edite dall’editore Intilla) 

Antonino Ucchino, scrittore messinese venuto alla ribalta negli ultimi anni, ha compiuto il suo corso di studi ed ha operato, come insegnante e direttore didattico, tra la provincia di Messina e quella di Reggio Calabria. Ha scritto poesie fin da giovane, ma solo ultimamente ha preso la decisione di pubblicarle, dopo aver lavorato intensamente al suo capolavoro: un romanzo di circa 550 pagine dal titolo “La puntata”, dove il tema dell’amore si intreccia con quelli della politica e della mafia, tra filosofia, religione e cultura. Si tratta di un grande affresco della società siciliana, catanese in particolare, evidenziata da un linguaggio sciolto, penetrante e avvincente. Voglio porre intanto l’attenzione sulle poesie giovanili di Antonino Ucchino dal titolo “Foglie al vento”. Si tratta di una silloge di 14 liriche che da una versificazione castigata e quasi classica giungono ad una versificazione più sciolta e colloquiale e ad una maturità espressiva e di penetrazione psicologica, come nell’ultima lirica, dal titolo appunto “Foglie al vento”, per altro composta qualche anno fa, nel 1999. In questa lirica si parte da un semplice paragone: l’uomo è come la foglia. I suoi pensieri volano come le sue parole e vanno alla ricerca di un appiglio, «di un posto, / dove posarsi, / e fermarsi / e morire». Il sentimento della morte, della sofferenza e del dolore percorre in effetti tutta la silloge, già a partire dalla prima lirica, dal titolo emblematico “Per la mia morte”, pubblicata su “Omnia” nel 1947. Un senso, direi patriottico, prevale invece in poesie come “Tu, soldato”, “Pianto per la patria”, “Ultimo canto di un soldato morente”. In esse, scaturite dai ricordi dell’ultima grande guerra, la labilità della vita umana porta a universali riflessioni, attraverso un linguaggio narrativo e descrittivo. «È qui raccolta immensa, tutta / l’umanità che riverente accoglie / d’un soldato morente l’ultimo respiro. / E ad essa, già consacrato, io stendo / le mani intrise di sangue, e dico: / ‘Pace, fratelli!… Pace!’». A questa poesia di tono che definirei epico, quasi precorritrice del romanzo di più ampio respiro, si aggiunge invece una fresca e calda passione verso la natura. Emblematiche in questo senso sono le liriche: “Uccelli”, “Un fiore”, “Crepuscolo”, “Vento nel deserto”.

“L’Appuntamentu” è invece una tragedia siciliana in un atto e dieci quadri, scritta nel dialetto siciliano. I protagonisti sono Mariuzza e Vicenzu. Si tratta di una storia d’amore impossibile, in quanto lui ha moglie e figli, e consiglia alla ragazza di fare l’amore di nascosto e basta. Ma la cosa non è così semplice. La donna, ingannata dall’uomo che l’aveva a lungo corteggiata e poi “disonorata”, non cede al ricatto e vuole che Vincenzo sia suo e che abbandoni moglie e figli, perché «a to vita tu pensi… e a mei non cunta, a mei, ch’era na vita di na santa» dice in un attimo di rabbia. Il contrasto, che assume spesso tono drammatico, evidenzia da una parte la profonda passionalità della donna, dall’altra il perbenismo maschile: quel che conta è l’apparenza e non la sostanza.

                              Angelo Manitta