La poesia ideale e nichilista tra classico e moderno del brasiliano Iacyr Anderson Freitas  (Mirante, ediçôes d’lira 1999, Brasile) 

Il volume di Iacyr Anderson, “Mirante”, cioè ‘Belvedere’, è un volumetto snello, composto da 32 sonetti, più uno conclusivo. Esso va controcorrente, schierandosi apertamente contro la massificazione del gusto. Il sapore delle liriche è squisitamente classico. La forma del sonetto è quella tradizionale. Rispetta in maniera perfetta la rima con la cadenza ABAB-CDCD-EFE-FEF, ma il contenuto è completamente moderno. I 32 quadri sono espressione di una visione attuale della vita e ricorrono spesso a termini metalinguistici e a immagini idealistiche. Si tratta di una concezione poetica molto elevata che commuove con le sue visioni immagi-nifiche e penetranti. Ogni poesia, profonda espressione delle concezioni dell’autore che ha piena coscienza di sé, non sminuisce il dialogo interiore. Si tratta quasi di una riflessione fatta tra sé e sé, mentre esprime sentimenti universali. La poesia di Iacyr Anderson non è una poesia di imitazione, come potrebbe far pensare la forma tradizionale, ma si tratta di una poesia in cui la mimesi viene superata dall’introspezione, forse anche perché alla base si trovano poeti europei come Rimbaud, Baudelaire, Mallarmé e Pessoa. Si tratta di una lirica che corre sulla scia di quella occidentale anche nella sua essenzialità, che è il pessimismo della vita e soprattutto la caducità e la fugacità della vita umana, quasi sul modello petrarchesco (non per nulla Petrarca viene citato nella poesia conclusiva) onde ne nasce quasi un “carpe diem”, un vivere alla giornata, sul modello del poeta latino Orazio. La poesia di Iacyr è una sintesi tra storia e affetti, tra vita e morte. Il suo pessimismo a volte è totale: «…esse agora em que nada mais existe», «…morte infiel que me acenda e encante», «Tudo esvanece. Tudo è um mercado / onde qualquer certeza está à venda / e onde até mesmo o nada è demarcado». Se il pessimismo è il filo conduttore delle sue liriche, viene dato adito anche alla speranza: «Agora urge amar a vida, e mais nada». Per lui, lettore delle esperienze umane, il nichilsmo diventa ambivalente. Il nulla è una possibilità che si estende quasi come metafora tra la vita e la morte. Si tratta di una teologia negativa, dove il niente e il nulla sono quasi sinonimo del tutto e dell’eterno. In una bellissima equazione infatti l’autore dice: «E a vida è a espera, a espera e mais nada»: la vita è attesa, attesa e niente più. La teoria della negazione fa nascere quindi un senso positivo.

Angelo Manitta