Il mare simbolo dell’infinito e della ricerca interiore in Giuseppe Risica (Mare dentro mare, Calabria editore, 1998) 

«Il tempo non disegna alcuna ruga sulla tua azzurra fronte; e tu ora ti muovi ancora come ti vide l’alba della creazione». Questa espressione tratta dall’opera di Byron “Childe Harold” benissimo di adatta ad introdurre la silloge di poesie di Giuseppe Risica, dal titolo appunto “Mare dentro mare” e illustrato da due simboliche, quanto ben adatte al tema, pitture di Lidia Muscolino, artista di Antillo, in provincia di Messina. Si tratta di una silloge a tema. Il mare è l’oggetto e il concetto predominante. Oggetto in quanto esso viene descritto nella sua complessità di elemento naturale e di spazio vitale di azione umane; concetto in quanto assurge a simbolo dell’interiorità e della meditazione dell’uomo, quasi esso fosse l’espressione di quel senso e desiderio di infinito che corre dentro l’uomo. Non per nulla una delle tante liriche viene dedicata ad Ulisse: immagine dell’uomo in continua ricerca di se stesso. «Cerco lusinghe di sirene / per nutrire il mio tempo / che sfugge come acqua / dalle dita serrate». Il mare è oggetto-soggetto misterioso e vivo. Per questo presenta perennemente il suo fascino «di colore, di bonacce, di burrasche, ribolle di pensieri, di stati d’animo, di immagini, di metafore, di analogie» scrive nella prefazione Felice Conti. Il mare è l’emblema del tempo che scorre e del tempo che viene quasi afferrato dal pescatore, che vive la sua quotidianità in esso e con esso, ma è anche punto di osservazione del poeta, il quale scandaglia il proprio essere, come se scandagliasse la profondità del mare. Il poeta va «oltre i confini del cuore, / tra frementi molecole / di cristallo immortale, / ingoiato dall’esaltante / asfissia di danze rituali» scrive Giuseppe Risica nella poesia che dà il titolo alla silloge. Ma d’altra parte la gente di mare «naviga la vita, / anche se non sanno oceano». Questo rapporto biunivoco viene intersecato dal tempo che «rimescola / ogni cosa, cambiando / i ruoli nel gioco delle parti». Il mare assume valore metaforico, come l’alba, il tramonto, i pescatori, la barca, le meduse. Queste, ad esempio, «il mare le confonde / nel suo affanno dopo l’uragano / e sono ombre inchiodate / dal sole, ricordi di vita / sulla spiaggia nemica». Il mare è un lungo percorso attraverso cui l’uomo si avventura. Il mare esprime un viaggio verso l’ignoto e l’infinito. Ma quale viaggio? Quello dell’anima e dei sentimenti, delle emozioni e delle impressioni. «Lì dove l’onda si torce senza pace / cullando i sassi con le fragili braccia, / non scorgo segni che diano le ali / ai miei pensieri e cerco il sonno / sepolto in molli alcove, baciato / dai rumori del silenzio». A tenere la rotta è la stella polare. Ma all’uomo non «è dato conoscere troppe risposte, così / - certe volte – le fiaccole divine tremano fallaci». Se il mare da un parte dà certezza dall’altra infonde mistero. A questa simbologia poetica conduce la poesia di Giuseppe Risica.

                              Angelo Manitta