Il mito di Aci e Galatea rivisitato da Filippo Pulvirenti in due splendidi volumi: Il vero Aci antico e Aci e Galatea (Acireale 1999; Acireale 2000) 

               Gli abitanti di una città spesso per renderla nobile fanno risalire la sua origine ad un’epoca mitica. Così da Aci, il pastorello innamorato di Galatea, ha preso nome, secondo la tradizione, un insieme di paesi, tra cui il più noto è appunto Acireale. Galatea, figlia di Nereo e di Doride, è una ninfa marina che si innamora del ciclope Polifemo e fa di tutto per suscitare la sua attenzione. Ma quando il ciclope cede alle lusinghe della bella ninfa non viene più corrisposto perché intanto, quasi a rompergli le uova nel paniere, sopraggiunge Aci, un ragazzo bello, delicato e dai modi gentili, figlio di Fauno e di una ninfa del Simeto. Polifemo quindi inutilmente manifesta il suo amore a Galatea col canto e col suono del flauto, addolcendo il carattere e aggraziando il corpo, perché per la ninfa è diventato, rispetto ad Aci, dagli ispidi peli, dal carattere violento, dalla corporatura gigantesca. E quando Polifemo coglie in flagrante l’amore dei due, vinto dalla gelosia, non può che vendicarsi lanciando degli enormi massi contro il ragazzo che, ucciso, ottiene in cambio dagli dei, per mezzo delle insistenti preghiere dell’amata Galatea, di essere trasformato in fiume e così potersi eternamente unire a lei. Questa sinteticamente è la trama del mito, così come ci viene narrato negli “Idilli” da Teocrito (Siracusa 310 a.C. - 260 a. C.) e nelle “Metamorfosi” da Ovidio (Sulmona 43 a.C. - 17/18 d.C.).

Il mito, che vuole spiegare la violenta forza dell’Etna (Polifemo), che si scontra con la bianca spuma del mare (Galatea) e copre anche i corsi d’acqua (Aci è un fiume), è oggetto di due splendidi volumi dello storico e pittore Pulvirenti Filippo di Aci S. Filippo, frazione del Comune di Acicatena(CT). Nel primo volume, “Il vero Aci Antico”, l’autore tenta di dare una sua collocazione geografica alla classica città di Aci, nei pressi della quale esistevano (oggi se ne notano ancora i ruderi) alcune tra le terme più note della Sicilia romana. L’autore nelle 150 pagine evidenzia che del territorio Acese (molto vasto, in effetti, in quanto comprende diversi comuni del catanese e ben nove centri abitativi col nome di Aci), quello che avrebbe potuto ospitare l’Aci classica (tenendo conto della topografia e dei reperti archeologici) è il territorio in cui si trova la frazione di Aci S. Filippo, sulla facciata della cui chiesa ancora oggi si legge “Totius Acis mater et caput” (madre a capo di tutto il territorio acese). La ricerca del Pulvirenti  è dettagliata e puntuale, certo segno di un grande amore per la propria terra

L’altro volume invece, “Aci e Galatea: i luoghi, gli amori, le metamorfosi di un fonte”, tratta esplicitamente il mito classico. Pulvirenti rivisita i luoghi in cui esso si è svolto, identificando il bosco, le colline, le valli, il fiume, gli ambienti, che coincidono con la contrada Reitana, nei pressi di Aci S. Filippo. (In effetti in una mia recente ricerca sul medesimo mito ho tentato di identificare il fiume Aci con l’Alcantara, che scorre ai confini tra la provincia di Catania e Messina e che conserva tutte le caratteristiche dell’Aci antico, anche secondo la testimonianza di Silio Italico il quale afferma che il fiume si trovasse ai confini dell’Etna). Ma la cosa più interessante del testo di Filippo Pulvirenti è l’analisi dei due personaggi, Aci e Galatea, attraverso la letteratura, partendo da Omero, Euripide, Mosco,  Strabone, Teocrito, Virgilio, Ovidio, Claudiano, Luciano per giungere ai moderni Cervantes, Prati, Meli, Marino, Gongora, Petrarca, Pulci, Metastasio. Il libro, snello e avvincente nella lettura, è frutto di una ricerca dettagliata quasi a dimostrazione di come ancora oggi il mito presenta una sua bellezza e un suo fascino.

                              Angelo Manitta