La vita tra ricordo e oblio in Ètica confirmada di Santiago Montobbio (Devenir, Madrid 1990) 

Santiago Montobbio, poeta ancora giovane, è nato nel 1966, già da diversi anni è apparso sulla scena letteraria spagnola con una poesia nuova e originale. Egli ha pubblicato le sue prime liriche in “Revista de Occidente”, nel 1988, mentre l’anno successivo pubblica la sua prima raccolta di poesie dal titolo “Hospital de inocentes”. “Ètica confirmada” corre sulla stessa scia: una poesia difficile da classificare nel panorama culturale e poetico spagnolo. L’autore, laureato in filologia e diritto, divide la silloge in cinque parti: ma unico è il filo conduttore: la memoria e la dimenticanza, quali elementi essenziali della vita e motore di una penetrazione psicologica e intimista. «Guardar memoria de lo que para otra persona / nunca fue recuerdo, creer haber hundido un rostro / y al volver de una mañana darse cuenta / de que sigue inundando nuestro adentro». Questo rapporto appare soprattutto nella lirica “Ètica confirmada” dove la dimenticanza è rapportata alla croce, al sangue, al sibilo. La seconda parte si apre con una epigrafe religiosa, tratta da S. Teresa di Gesù, quasi Dio fosse la spiegazione di ogni sofferenza umana. Ma è il tempo e il ricordo che entrano in rapporto tra di loro nella concomitanza delle azioni quotidiane. La natura è espressione dell’interiorità, quasi di una filosofia dello spirito che tende a «naufragare ogni giorno con l’esperienza del sapere». Il tempo per vivere concede anche il tempo per scrivere, quale valore universale di conservazione. La scrittura si presenta allora come perpetuazione del tempo. Eppure i poeti a volte non sono altro che costruttori di menzogne, ma sono menzogne che costruiscono gli ideali. Santiago Montobbio in una nota conclusiva dice che prima credeva che Poesia e Diritto fossero piene di menzogne, mentre poi scopre che la poesia non è altro che una categoria giuridica. La poesia di Santiago Montobbio è elevata, ma soprattutto poco indulge alla liricità, molto invece all’epicità e alla narrazione che, per ciò stesso, ne fanno una poesia che vale la pena leggere, soprattutto per i suoi risvolti descrittivi e intimistici.

Angelo Manitta