Narcisa Belluomini Celeghini: Un mare di sentimenti (Edizioni passaporto, Roma 2000)

 

Scriveva Leopardi nello “Zibaldone” che «quasi tutti i piaceri dell’immaginazione e del sentimento consistono in rimembranza» e proprio rimembranza e sentimento diventano principio di ogni parola nella silloge “Un mare di sentimenti” di Narcisa Belluomini Celeghini. Le poesie della Celeghini, «ispirate dal cuore», penetrano nel profondo dell’anima del lettore «riempendola di tenerezza, / di dolcezza». L’opera non è altro che un viaggio attraverso le strutture esistenziali dell’uomo in una condizione temporale che include passato e presente e proietta il profondo del sentimento umano nel futuro. La nostalgia del passato, quasi una rievocazione proustiana o foscoliana, ripercorre un viaggio nel tempo, che è fonte inesauribile della crisi esistenziale dell’uomo, ma soprattutto risanatore delle ferite dell’anima. Nel presente l’autrice esalta l’amore e l’amicizia perché, come afferma Franz Ehrenberg, «L’amicizia è sublime: in essa splende la forza dell’umanità. L’amore è bello: in esso s’illumina la pace dell’umanità», benché non si dimentichi del valore della famiglia che diventa «evidentemente il compimento di noi stessi: un compimento più grande di noi, che esiste prima di noi e sopravviverà a noi con quel che in noi c’è di meglio»(Lamartine). Il tempo diviene «l’essenza più misteriosa di cui possiamo avere qualche sensazione, e forse è la più conoscibile immagine di Dio». Ma il futuro, benché incerto, è segnato e l’autrice non fa altro che «angustiarsi senza poter far nulla per evitare ciò che deve essere» (Cicerone), perché lasceremo solamente «il caos / e oltre la soglia / viaggeremo / nel silenzio della colpa / nella speranza del perdono / nella realtà senza parole». L’autrice, riferendosi a Dio, vede nell’immagine dell’uomo un essere che è «incapace di rinunce, sacrifici, / valori umani, verità, virtù». «Senza te», afferma subito dopo, «sospira di tristezza / mentre la sua anima inaridisce». La Celeghini ha desiderio di cambiare vita e dice, in prima persona, che si guarda in torno e, trasportata dalla fantasia e dall’allegria, si tramuta in uccello e canta, ma poi «svanisco come una bollicina trasparente / in armonia col creato / e scompaio nel tempo e nello spazio / per tornare come cellula / a rivivere chiusa / nell’abbraccio del cerchio». Qui la poesia si tramuta in  purezza perché traduce in parole il linguaggio dell’anima, il sublime. La parola diventa poesia dell’essere e dell’apparire, manifestazione dei sentimenti e suono armonioso di libertà. Ma sotto il desiderio di libertà, e quindi di un mondo migliore, si cela quello della pace, pensiero che ci porta a ricordare un passo di Vincenzo Monti che dice: «O bella pace, / o dei mortali universal sospiro! /se l’uom ti conoscesse, e più geloso / fosse di te, riprenderìa suoi dritti / allor natura: vi sarìa nel mondo / una sola famiglia, arbitro amore / reggerebbe le cose, né coperta  / più di delitti si vedrìa la terra». Allora, come scrive nella prefazione Clementina Magliulo Podo, «il mondo poetico di Narcisa Belluomini Celeghini si basa esclusivamente su incorruttibili capisaldi, colonne portanti di una maestosa costruzione… Si ottiene così un insieme che ha il dono di toccare i più nascosti recessi dell’animo umano, riportando a quei valori che sembravano perduti, mentr’erano addormentati… per creare quei gradini che l’aiuteranno a raggiungere il traguardo ch’ella si pone e cioè il raggiungimento della comprensione di Dio».

                              Giuseppe Manitta