La poesia in Nino Nemo quale speranza e vita (Caboclo, Ed. ‘Il Salice’; Acqua di luna, Ed. ‘Il Salice’) 

Nino Nemo, poeta nato a Mottalciata, ha pubblicato svariati volumi di poesia (nove fino al 2000), mostrandosi sottile conoscitore dell’animo umano e attento osservatore della natura. Le opere che prendo in esame in questa mia breve riflessione sono “Caboclo” e “Acqua di luna”. I titoli sono ripresi entrambi dall’ultima poesia delle sillogi e certo assumono un valore simbolico e programmatico. Nel primo volume predomina quasi un tono favolistico. La narrazione e la parola, quale mythos, cioè racconto, prendono il sopravvento, aggiungendo una forte nota ironica: «Dio chiuderà un giorno / dei templi i portoni di bronzo / buttando fuori il clero, / col bastone, nel mondo vero / per toccar con mano / la realtà dei fedeli / lavoratori di ogni turno». L’ironia si nota anche in altre poesie, come in “Apollo” o “Cristoforo 92?”, dove si evidenziano concetti come il volo, il desiderio di andare oltre, il camminare, movimenti ed azioni che portano alla conquista, al desiderio intimo di migliorarsi, di scoprire il mondo e la vita. In “Volti di pietra” le pietre parlano. È proprio questo il potere della poesia: rendere vivi gli oggetti, come aveva intuito Pascoli parlando del suo ‘Fanciullino’: «Egli è quello che ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle; che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei». L’uomo, o il fanciullino che è in lui, scopre allora cose meravigliose, soprattutto sa dare ad ogni oggetto un significato metaforico e ideale. Questo processo si nota in Nino Nemo più volte, con un simbolismo velato. Per Nemo le nuvole sono segno di speranza, l’arcobaleno è il miraggio della felicità, gli occhi sono ali che elevano l’anima, la strada è la verità della vita… La poesia manifesta così la gioia del vivere. L’uomo esprime i propri ideali, ma evidenzia le delusioni. «Ho dato amicizia amore onestà sincerità fiducia fede disponibilità, ho trovato malizia indifferenza corruzione falsità delinquenza illusioni sfruttamento». Nino Nemo però ha fede in sé stesso. La poesia, quale filosofia dell’essere e dell’essenza, è speranza e vita. La poesia diventa armonia interiore ed eterno equilibrio con il creato. L’uomo, in perpetuo cammino, può ritrovarsi in una giungla, ma egli, «peggio d’un caboclo trascina / la sua monotona esistenza / ignorando il mondo oltre la foresta». Tutto questo si può verificare attraverso l’amore. Nella silloge “Acqua di luna”, infatti, l’amore assume una funzione salvifica. Esso è un rapporto a due, vitale e indispensabile per la sopravvivenza umana. In Plenilunio sul monte Bianco, si legge: «L’amore al chiar di luna / quassù vive proteso nel vuoto / e va il sogno nell’infinito / libero e felice / come solitaria meteora». L’amore è un continuo andare, è un andare oltre, aspirazione propria dell’uomo: «Andare, andare: / andare sulla strada / che conduce all’ignoto». Si tratta di un andare avanti nel tempo a passi lenti per non soffocare flebili vite nell’attesa di luce. Ma l’ombra dell’eterna pace non placa la sete di eternità. La pace e la quiete non provocano sfiducia nell’uomo: «È tanta acqua di luna la giustizia umana».

               Angelo Manitta