Poesia religiosa, intimistica e sociale nella poesia di Giuseppe Malerba (Canti e nenie a fil di voce, Alberto Andreozzi editore; Piccole cose e… altro, Cultura Duemila) 

«Puoi rinunciare a tutto, riparare in una segreta fortezza o anche sulla luna, coltivare arti svariate e sempre andare, come le stagioni, stremato dalla fame o dalla sete; mai nulla avrà il sapore di quell’irripetibile frutto che ha come patria il cuore, dove mette salde radici, comunemente detto ‘amore’». Proprio questi versi, certamente indicativi di una espressione di vita e artistica, sono posti ad epigrafe sulla copertina della silloge di poesie di Giuseppe Malerba “Canti e nenie a fil di voce”, i cui temi sono appunto l’amore, la natura, la sensibilità religiosa, gli aspetti sociali. «L’amore è lo spazio e il tempo resi sensibili al cuore» scrive Marcel Proust ne “La Prisionnière”. Il Malerba spesso si pone dei perché e dà loro una risposta palesemente cristiana. Molte liriche, infatti, si rifanno agli ideali cattolici. Se Cristo è il centro della Storia e il filo conduttore delle vicende umane, la poesia diventa centro di ispirazione, ma soprattutto mezzo di comunicazione di un proprio modo di sentire.

La Fede, per Malerba, è il punto chiave dell’esistenza umana e può salvare dagli sfrenati comportamenti autodistruttivi. «Solo accogliendo e seguendo Cristo possiamo redimerci dai molti egoismi, dalle infinite crudeltà e aberranti ingiustizie cui è sottoposto l’uomo» scrive Alberto Andreozzi nella breve, ma chiara e incisiva, presentazione al libro. In effetti la silloge si apre con una poesia dedicata al Messia. «È ancora, il Messia, nel cuore della gente?». La risposta è affermativa. La Provvidenza in Malerba coincide con Dio, così come in Manzoni, e rappresenta l’Essenza universale che si pone ad arbitro delle azioni umane. Se le prime poesie della silloge sono a sfondo religioso, in seguito l’ispirazione diventa lirica e simbolica. «Un rosso papavero spunta in una giungla d’asfalto. / Spicca, fiero di abbellire il paesaggio intorno». La poesia di Malerba è una poesia contemplativa, quasi mistica, che rasserena dopo la tempesta. E viene subito in mente un noto passo di Santa Teresa d’Avila: «In questa tempesta non c’è altro rimedio che aspettare la misericordia di Dio, il quale, all’improvviso, con una sola parola o con qualunque fortuito avvenimento, libera l’anima da ogni angoscia così rapidamente, che sembra non ci siamo mai state nubi in essa, talmente è piena di sole e del tutto consolata» (da “Il castello interiore”). A questo misticismo si accostano in Malerba i temi sociali. Uno dei più allarmanti è quello della droga che «ruba ogni capacità di essere… / riduce a niente la volontà di chi cerca l’immenso, non questa realtà. / È una chimera che si ritorce contro chi ne diventa succube».

La poesia è anche ideale, benché il poeta interpreti la realtà e la perpetui nel tempo. Il tempo, anche se dominato dalla figura di Cristo, è inesorabile, trascorre lentamente e in fretta. Solo l’amore salva l’uomo, solo la poesia gli permette di interpretare la vita e di calarsi nelle vicende quotidiane. Una festa infonde gioia e partecipazione. Un adulatore fa nascere repulsione. Il fiume è visto nel suo lento scorrere. La stagione appare nelle sue peculiari caratteristiche. Il fiore viene descritto in tutta la sua bellezza. E il mondo? «È una grandiosa bolgia che dà asilo ai più orribili sentimenti, dove tanti e troppi esseri corrono in preda all’orgasmo, levando un gran baccano. L’egoismo e bestiali altri istinti sovrastano la logica, già da tempo posta al bando».

Sulla stessa ottica emozionale e sentimentale corre l’altra silloge di Giuseppe Malerba “Piccole cose e… altro”, che parte anch’essa da una poesia religiosa. Natale e Pasqua si presentano quali eventi fondamentali della spiritualità cristiana. Qui la natura diventa centro descrittivo, pur emanando un senso religioso, quasi fosse un tutt’uno con lo spirito, e mostra spesso la precarietà della vita, attraverso le cui vie l’uomo si incammina alla ricerca di sogni e di felicità. La vita terrena non è solo sofferenza, ma anche gioia di vivere e di godere le “piccole cose”. L’attesa è la speranza del domani, è il tempo che avanza e scorre inesorabilmente, è anche sensibilità e sensualità, è aspirazione alla libertà, libertà interiore e fisica, libertà dello spirito e del corpo. L’attesa è la libertà di aspirare ad un orizzonte infinito, pur tra dubbi e incertezze. «Il giorno cercavo, ho incontrato la notte… La luce è vicina e non la si vuol vedere.». La poesia di Malerba scaturisce dall’animo, ma non vuole restare aerea ed astratta, vuole incidere anche nel tessuto sociale.

               Angelo Manitta