Erma giace
di Paolo Scaiella
Erma giace ne la città dei morti
l’effigie sculta, amico caro di giovinezza,
su pietra bronzea ed alabastro in quel di noi
che gli avi per ceri e per preghiere a l’are
incensate quante ai cari lor fecero dono.
               E tu ora freddo ten stai glaciale
abbandonando la pia turba infelice
che t’adorava perché gli affanni
lenissi de la grama vita. Ed i secolari
martirii del nostro suolo.
               Lì hai lasciato il gioco de la sfera
quando ne l’ore assolate d’agosto
meco venivi a liberar la mente
un poco. Ahi, un Amore senza alcòva
a quella ‘sonnolenza della primavera
della felicità infelice’ ti distrusse
e  ‘Bacco malato’ t’addolciva le membra
ne le rustiche case imbiancate!
               Il salvifico duol portasti teco
sino a lo spasmo per la tua gente
e la Musa benigna l’acqua ti porse
a getti onde soave come l’ultimo canto
del Cigno al mondo dir il tuo
lucano accento.