Substrato filosofico-psicologico in Uno specchio di Parole di Eugenio Morelli (Editoriale Grafica Anselmi, 2000) 

               Si tratta di una raccolta di ventidue racconti racchiusi in quarantadue pagine che nella loro brevità e semplicità di vocaboli nasconde invece una ricchezza di contenuti e cela un substrato filosofico-psicologico. Questi elementi pongono il lettore a riflettere sulle mille sfaccettature di una società spesso contraddittoria. Così l’autore, Eugenio Morelli, con la sua poliedrica esperienza di uomo di cultura, di studioso, nonché di medico, esamina l’Io delle persone che incontra in ogni momento della propria giornata come in “Baci di Lali”, dove il ragazzo portatore Down esprime il suo affetto nei confronti della sorella con il semplice gesto dei baci. Ma il talento letterario di Morelli si rispecchia soprattutto nella storia del signor “Nessuno”, ovvero l’uomo di tutti i giorni che lotta per rendersi libero da una società che cerca di far prevalere alcuni idoli scavalcando la libertà. E come Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo di Pirandello “Uno Nessuno Centomila”, l’uomo si attacca ad un carro, «ma io  - pensa il protagonista pirandelliano durante la sua crisi d’identità – non tiravo nessun carro, io; e non avevo perciò briglie né paraocchi; vedevo certamente più di loro; ma andare, non sapevo dove andare». Quindi sempre quella società che spesso porta l’uomo ad un precario autocontrollo, facendogli vedere un totale buio anche nelle giornate dove i raggi del sole risplendono nel cielo. «Quante volte nei miei scritti, pubblicati o meno, avevo tentato di dare un volto, una dignità a quei tanti cittadini anonimi che ogni giorno fanno sforzi non indifferenti per vivere nel decoro, per dare una speranza ai propri figli, per non cedere facilmente agli psicofarmaci ed alla stessa uniformante promiscuità, alla rassegnazione che la propria vita non vale niente se non come contribuenti, clienti, abbonati, utenti e così via». Questo è ciò che mette Morelli sulle labbra del suo personaggio in “Quando muore il signor Nessuno”. Non è altro che l’analisi della quotidianità che spinge l’uomo a considerarsi solo un oggetto tra numeri ed elenchi. Nella sequenza della storia ogni uomo si può identificare nel personaggio, «in quanto non è altro che l’uomo che può trovare posto in ognuno di noi» scrive nella sua prefazione Vincenzo Montefregola. Ma nello stesso tempo in quella ricerca di se stessi «diventa sempre più chiaro che la vita va intesa nel senso più ampio della parola, caratterizzata sia da vuoti che da contenuti…». L’introspezione spinge l’uomo a porre fiducia in ciò che non credeva, a trovare la forza nella preghiera e nella poesia, quale soluzione per la rimozione del “quid” esistenziale, ed infine trovare la speranza, così come avviene nel protagonista del racconto “Fiaba per adulti”, il quale ormai al limite della ragionevolezza è pronto a fare un gesto disperato. Ma, come per magia, le stelle e la luna assumono una luce innaturale fino a distoglierlo da quell’orribile atto e fargli scorgere negli sguardi delle sagome umane la volontà di aiuto.

                              Enza Conti