L'evoluzione del danno psichico in Cassazione
e le prospettive europee

Giovan Battista Petti*

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Gentilissime signore e gentili signori congressisti, il tema del convegno sul danno psichico merita la notizia di alcuni aggiornamenti nel frattempo verificatisi nell’ordinamento giuridico italiano, mentre altre riforme giuridiche si profilano, in tempi brevi, sul vastissimo e docile gregge dei danneggiati. Mi permetto di darne un rapido cenno, per poi avviare una riflessione giuridica, che tenga conto delle europee, che le riforme prossime venture, sfortunatamente ignorano.

Con il D. lgs. 23 febbraio 2000 n. 38, abbiamo una prima, sperimentale, definizione di danno biologico.
“Il danno biologico è la lesione dell’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale della persona”. “
Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di
produzione del reddito del danneggiato”
.
Con il decreto legge 17 marzo 2000 (sulla base del progetto comunicato dal rappresentante del Governo alla stampa) si introduce una miniriforma sul risarcimento dei danni di lieve entità alla persona, definendo, nel terzo comma dell’art. 3, il danno biologico come:
“La lesione dell’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico legale. Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione del reddito del danneggiato”.
Il danno lieve (sino al 9%) è liquidato automaticamente a punto, per un importo di L. 800.000 punto per postumi permanenti o lesioni sino al 5% di invalidità e per un importo di L. 1.500.000 a punto per le lesioni invalidanti dal 6 al 9%.
Le micropermanenti sono per legge definite come lesioni invalidanti dal 0,1 al 9%.
Il decreto, anticipando la grande riforma del danno biologico, affida al Ministro dell’industria e del commercio, di concerto con quello della Sanità (ma ignorando significativamente sia il ministro dei trasporti, che quello del lavoro, che quello di giustizia) il compito di stabilire con provvedimento amministrativo(impugnabile davanti al TAR del Lazio?) che determinerà la tabella punti per la invalidità permanente.
Questa norma è di una oscurità assoluta:il potere regolamentare dei ministri concertanti potrebbe attenere:
a. alla redazione di una tabella punto nazionale, limitata allo stabilire in valore punto di invalidità permanente, sostituendo le tabelle dei vari tribunali, ed assicurando l’uniformità sul territorio nazionale, ma non si dice, da parte della norma quadro, a quali criteri il ministro dovrà attenersi, se di automatismo puro o moderato, ed entro quali limiti potrà esercitarsi la cd. personalizzazione del danno;
b. alla redazione di una tabella medico legale a punto di invalidità permanente, uniformando le varie tabelle convenzionali o legali esistenti, e lasciando in vigore le vigenti tabelle dei tribunali.
La prima tesi sarà vigorosamente sostenuta dal Ministro del Commercio e dagli assicuratori; la seconda tesi dal Ministro della
Sanità.
Sempre stando alle dichiarazioni del portavoce del Governo, in sede di approvazione della legge finanziaria omnibus, il governo,
con un emendamento introdurrà nella legge “la nuova disciplina in tema di danno alla persona” già predisposta dal Governo
(con la firma dei ministri Diliberto, Amato, Bersani e Bassolino) con il disegno di legge n. 4093, presentato nel giugno 1999 al
Senato della Repubblica.
Con questo espediente il Governo introduce, in una legge finanziaria, una riforma importantissima, che modifica il codice civile, e che incide sul diritto inviolabile della persona, che è la salute, sottraendosi al dibattito parlamentare.
L’art. 2056 bis del codice civile, reca la nuova definizione di danno biologico.
“Danno biologico è la lesione dell’integrità psicofisica, suscettibile di accertamento medico legale, della persona.
Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di riproduzione di reddito del danneggiato.
In caso di morte del danneggiato, il danno biologico è risarcibile avuto riguardo al tempo trascorso dall’evento
dannoso”
.
L’art. 2056 ter disciplina il danno biologico subito, in caso di morte, dai congiunti prossimi del danneggiato, incluso il convivente di fatto.
L’art. 2059, nel nuovo testo, modifica la disciplina del danno morale svincolandola dal reato.
“In mancanza di specifici criteri previsti dalla legge, il danno morale è liquidato dal giudice, tenendo conto della gravità della lesione e di ogni altro elemento idoneo a provarne l’effettiva incidenza sul danneggiato”.
Norma altrettanto oscura, perché sembra riconoscere il solo danno morale conseguenziale al danno biologico. Ma essendo stato soppresso il vecchio testo dell’art. 2059 c.c., resta ferma la disciplina penalistica del danno morale soggettivo da reato, mentre è da escludere che la nuova sia una clausola generale del danno non patrimoniale, a meno che l’espressione gravità delle lesione non sia intesa, nel senso costituzionale corretto ed evolutivo, di lesione di un qualsiasi interesse meritevole di tutela (Cfr. cass. S.U. n. 500 del 1999).
E’ poi prevista una tabella punto indicativa nazionale, senza previsione di correttivi personalizzanti (con l’eccezione per i
soggetti di età superiore ai 70 anni) a parte l’età ed il grado di invalidità, ed è previsto il ridotto risarcimento del danno morale
conseguenziale, che non può superare il 50% del danno biologico.
In conclusione, il Governo, che rappresenta gli interessi della nazione e del popolo dei danneggiati, ha in previsione di stabilire che:
- il danneggiato in modo lieve ha diritto non ad un risarcimento totale, ma ad un risarcimento parziale, globale, automatico;
- il danneggiato non lieve, ha invece diritto ad un indennizzo automatico ispirato al sistema della livella (principio di eguaglianza nella disgrazia) e ad un indennizzo ridotto nel caso di danno morale, poiché il pretium doloris, specie se di ordine psichico o spirituale, vale molto meno del danno fisico, alla persona come res animata.
- La riforma del danno alla persona, secondo i criteri ispirati da quelle parti economiche fortissime che tutti conoscete, avviene dunque sostituendo al principio europeo di diritto comune del risarcimento integrale del danno, il diverso principio indennizzatorio e punitivo per il danno morale, forse perché è fortissima una tradizione religiosa secondo cui che più soffre in vita merita un premio dopo morto.
- In questo nuovo quadro, che senso a parlare della evoluzione del danno psichico nelle poche ed incerte decisioni della cassazione e, partendo da quel confusionario incipit che è l’arresto costituzionale del 1994?
- Il senso della riflessione è dunque necessariamente più profondo, perché occorre ricordare alcuni punti fermi che la S. Corte, nella sua funzione democratica di concorrere alla certezza del diritto, unitamente alla Corte Costituzionale, che garantisce la conformità delle leggi al diritto della Costituzione, ha posto in questi anni.
- Il primo punto fermo consiste nell’avere affermato il principio del neminem laedere come immanente nell’ordinamento giuridico, principio di rilevanza costituzionale quando la lesione attiene ai diritti umani inviolabili, tra i quali vi è la salute.
Aggiungo dopo la istituzione della Unione Europea, tale principio è immanente nella Costituzione europea, che recepisce la tutela di tutti i diritti umani, salute inclusa (art. 1 ottavo comma del trattato della Unione come riformato dal trattato di Amsterdam).
- Secondo punto fermo, affermato dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale è che il risarcimento del danno alla persona deve essere totale, non parziale, non indennizzatorio e per tutte le voci di danno patrimoniale e non patrimoniale.
- Noto che il legislatore (nella riforma INAIL e nella prossima INPS) e nel progetto di riforma del danno alla persona afferma la natura non patrimoniale, areddituale del danno. E tale riconoscimento è importantissimo perché evita le odiose discriminazioni reddituali.
- Se questi due punti saranno mantenuti fermi, nella mente dei giuristi e dei giudici, avremo due conseguenze interpretative:
- impugnazione per illegittimità costituzionale del decreto legge sulla riforma della micropermanente;
- interpretazione estensiva e correttiva della definizione di danno biologico, intendendola come sinonimo come sinonimo di danno alla salute. Se così non fosse, se prevalesse l'interpretazione statica e non quella dinamica ed esistenziale o interrelazionale di tale danno, dovremmo dire che altro è il bene salute, altro è il danno biologico, che è la sua riduzione
, sicché la sua riparazione non può che avvenire in modo parziale, tanto più parziale quanto chiamata a pagare sia un’assicurazione pubblica o privata.

Passo ora ed esporre tre definizioni, che ricavo, logicamente dalla mia esperienza di giurista e di magistrato:
- DANNO ALLA SALUTE: è per il combinato disposto degli artt. 2043 c.c., 2,3,32 della Costituzione, il danno ingiusto, consistente nella menomazione psicofisica della persona, determinante la compromissione delle attività in cui si esplica la personalità del soggetto (quali tutte le funzioni vitali, culturali,sessuali, ricreative, estetiche ed attinenti alla capacità lavorativa) per la sua realizzazione esistenziale.
Questa definizione è a carattere tecnico e ricognitivo, poiché tiene conto degli arresti costituzionali e di tutta la giurisprudenza della cassazione e del merito, che hanno costruito una categoria unica di danno alla salute, che nella prassi giudiziaria ha assunto la nota sintetica di danno biologico.
In questa definizione l’accertamento medico legale attiene alla lesione ed alle sue conseguenze, alla percentualizzazione della invalidità, non alla valutazione equitativa (secondo criteri personalizzanti), che spetta al giudice.
La tendenza della riforma, che contrasta con il prevalente indirizzo europeo, è invece quella di eliminare la discrezionalità del giudice, con la conseguenza di un automatismo da livella, che non rispetta le qualità e la dignità della singola persona.

DANNO PSICHICO è la menomazione, la lesione, della salute psichica della persona, medicalmente accertabile.

DANNO MORALE è la lesione della dignità umana, proveniente da reato, da lesione alla salute, e da qualsiasi altra lesione dei diritti della persona umana.

Non ho qui lo spazio necessario per dimostrare la storicità e la positività di queste tre definizioni; la dimostrazione occupa i
miei due tomi dedicati al danno biologico ed al danno patrimoniale e non patrimoniale della persona. Qui le rappresento come
proposte interpretative che mediano tra dottrina e giurisprudenza ed esperienza medico legale.

Resta da stabilire se, dopo il 1994, la Cassazione abbia seguito o non la proposta interpretativa della Corte Costituzionale (nella sentenza n. 372).
L’unico precedente noto riguarda gli inquinati di Seveso, che avevano chiesto il risarcimento del danno morale, per le sofferenze psichiche ed i patemi d’animo conseguenti a tale inquinamento atmosferico, senza però dedurre, in proprio, le circostanze personalizzanti, ma operando una sorta di presunzione collettiva di danno. La Cassazione ha dovuto rigettare il ricorso dei danneggiati confermando la decisione d’appello che riformava quella del Tribunale.
La Cassazione richiama la distinzione proposta dalla Consulta, tra danno morale come patema d’animo transeunte e danno psichico (come psicopatologia permanente, ma si tratta di un “obiter” peraltro superfluo.
Un ultimo arresto (Cass. 29.11.1999 n. 13440), mal massimato, contiene una contestazione alla proposta della Consulta, infatti si ammette che:” il danno biologico può sussistere non solo in presenza di una lesione di postumi permanenti, ma anche in presenza di lesioni che abbiano causato uno stress psicologico”.
Non condivido la contrapposizione fatta dalla Consulta nel 1994 tra danno morale (inteso materialisticamente, come pecunia doloris, come patema d’animo transeunte) e il danno psichico (che invece è esattamente definito).
La definizione del danno morale non coincide con quella europea costituzionale sopra riferita, anche se è stata affermata almeno in quattro arresti della cassazione non inseriti nel massimario ufficiale né riprodotti dalle riviste giuridiche, mna considerati in alcuni testi sul danno biologico e da molti giovani giudici del merito.

Per queste considerazioni osservo che la disputa per la definizione del danno psichico è naturalmente deputata alla scienza medica e che la equità del giudice resti perplessa a fronte di valutazioni, su tale danno, profondamente divergenti, specie sulla determinazione del nesso di causalità.
L’evoluzione giurisprudenziale è di ordine concettuale giuridico, rimettendo al medico legale, al medico psichiatra, l’onestà di un accertamento, come ausiliario imparziale, non condizionato da conflitti di interessi.
Noto ancora che le tabelle a punto, nel caso di danno fisico congiunto o collegato a danno psichico dovrebbero prevedere un correttivo, o che tale correttivo debba essere previsto dal consulente, nello stabilire il punto massimo. Resta però da stabilire se non si tratti per caso di due voci distinte di danno, da considerare separatamente.
Quello che conta, e qui mi rivolgo ai medici, prima dei giuristi, giudici ed avvocati, è che l’antropologia medico legale operi nel quadro dei principi costituzionali, nel quadro della libertà della scienza, nel quadro dell’honeste vivere.
Le conclusioni che traggo, per mio conto, sono allora le seguenti:
l’evoluzione della tutela del danno psichico, in cassazione, è consequenziale all’evoluzione della tutela del danno biologico; in questo senso la Cassazione ha assunto un ruolo trainante, che la conduce direttamente in Europa, nel rispetto della Costituzione dei diritti dell’uomo; le prospettive europee sono già state raggiunte dalla giurisprudenza italiana.
Ma cosa accade se la giurisprudenza sopravanza l’ottusità degli interessi economici?


*Consigliere di Cassazione


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