Strumenti neuropsicologici per il riconoscimento della simulazione in ambito medico legale

Dr. Angelo Bianchi* - Dr. Saverio Luzzi**

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L’esame neuropsicologico consiste nella misurazione del funzionamento cognito per mezzo di test standardizzati e tarati su popolazioni sufficientemente ampie e rappresentative di soggetti sia normali che patologici. Nel caso dei traumi cranici lievi, nelle sindromi da trauma cervicale, nelle encefalopatie tossiche, nella depressione dell’anziano come pure nelle fasi iniziali del deterioramento demenziale, l’esame neuropsicologico può costituire la sola evidenza diagnostica ottenibile. Come per ogni altro esame del comportamento, per esempio l’esame clinico dello stato mentale, la cooperazione e la motivazione del paziente ad offrire un profilo del proprio rendimento cognitivo effettivamente corrispondente alla realtà attuale sono essenziali per la validità dei risultati ottenuti. 
 Dal momento che in contesti medico legali spesso esistono incentivi materiali a mostrare prestazioni diverse da quelle ottimali, l’utilizzo di opportuni strumenti di controllo della validità dell’esame neuropsicologico è del tutto essenziale, specialmente ove non siano disponibili altre evidenze di danno cerebrale.
 In questo articolo verranno passati in rassegna i principali strumenti a disposizione del neuropsicologo forense per identificare i fenomeni di simulazione o di esagerazione del deficit cognitivo.


Conseguenza dei sintomi soggettivi 

Il neuropsicologo può innanzitutto verificare la congruenza dei sintomi riferiti dal paziente stesso e/o dai familiari con quelli effettivamente associati al quadro patologico per il quale l’esame e è stato richiesto. A questo scopo vengono frequentemente utilizzate, nella pratica clinica, apposite liste contenenti sia sintomi congruenti, allo scopo di sollecitare eventuali fenomeni di simulazione o esagerazione dei deficit.
 Questa metodologia è senz’altro utile nel caso di eventuale simulazione di deterioramento demenziale, mentre si rileva di solito scarsamente efficace nei casi di sindrome post-traumatica cranica o cervicale, dal momento che la gran parte dei sintomi postconcussionali sono aspecifici ed altamente frequenti anche nella popolazione generale, per cui ognuno può facilmente simularne la presenza. In una popolazione di soggetti che avevano subito lievi traumi somatici (non cranici né cervicali), per esempio, sono stati riportati nervosismo (93%), disturbi del sonno (92%), depressione (89%), mal di testa (88%), faticabilità (79%), problemi di concentrazione (78%), irritabilità (77%), impazienza (65%), umore instabile (61%), confusione (59%), problemi di memoria (53%), vertigini (44%), intorpidimento (39%), difficoltà nel ritrovamento delle parole (34%), (Lees-Haley & Brown, 1993).


Scale di invalidità del MMP1 – MMP2 

 Le più conosciute misure di invalidità in psicometria sono quelle contenute nel Minnesota Multiphasic Personality Inventory (e nella sua più recente versione MMP1-2). Dal momento che molte batterie neuropsicologiche comprendono questo inventario di personalità (probabilmente, insieme alle scale dell’inteligenza Wechsler, il test psicometrico più universalmente conosciuto ed utilizzato), le tre scale di invalidità in esso contenute dell’esame neuropsicologico in generale.

La scala L (Lie) misura la tendenza del paziente a fornire di se stesso un’immagine eccessivamente virtuosa od adattata.
La scala F (Frequency) comprende item che sono di solito scarsamente frequenti nella popolazione generale, per cui può suggerire la tendenza ad esagerare o simulare deficit o disadattamento.
La scala K, infine, misura l’atteggiamento difensivo nei confronti del test, e può essere a sua volta indicativa della tendenza ad esagerare o dissimulare i propri disturbi.

 Insieme ad altre scale che misurano la coerenza interna del test (scale TRIN e VRIN), le scale di invalidità del MMP1 trovano quindi utilissima applicazione in neuropsicologia forense, pur essendo state originariamente sviluppate per la rivelazione della simulazione in ambito psichiatrico.
 La fig. 1 mostra alcuni esempi di profili tipicamente riscontrabili in contesto medico legale.


Test facili

 In questa categoria rientrano vari test basati sull’assunto che un simulatore ingenuo tenderà a mostrare prestazioni scadenti anche in compiti molto facili, qualora questi vangano presentati come difficili.
 Nel caso del test “3x5” proposto originariamente da Rey (1964), per esempio, il paziente viene istruito a memorizzare i 15 item presenti, mentre in realtà a causa dell’estrema ridondanza il carico mnemonico è praticamente nullo, per cui i più gravi pazienti amnesici riportano prestazioni quasi perfette. 


Test di invalidità dei sintomi

 In un test a scelta forzata (per esempio decidere quale di due parole è già stata mostrata in precedenza) la probabilità di successo è almeno del 50%, corrispondente ad una scelta a caso. Se irisultati sono al di sotto di questa soglia, allora esiste una forte evidenza che il soggetto stia deliberatamente rispondendo in modo errato.
 I test di invalidità dei sintomi, il cui paradigma generale fu originariamente proposto da Pankratz, sono un potente strumento diagnostico per l’identificazione dei fenomeni di simulazione, specialmente se il numero di trials è sufficientemente esteso e se viene fornito al paziente un feedback informativo. In questo modo l’eventuale simulazione può essere ulteriormente incoraggiata.
 A seconda dei criteri di costruzione, di somministrazione e del numero di trals, i diversi test di invalidità dei sintomi
comunemente utilizzati hanno di solito punteggi discriminanti molto più elevati del 50%, in modo da permettere una agevole identificazione dei sospetti simulatori.
 I più utilizzati strumenti diagnostici appartenenti a questa categoria sono i seguenti:

Warrington Recognition Memory Test. Consiste di due distinti test di riconoscimento a scelta forzata, uno per le parole ed uno per i volti. Prestazioni al di sotto del 70-80%, a seconda dell’età e della scolarità, sono considerate indicative di probabile simulazione.
Hiscock Digit Memory Test. Utilizza un paradigma simile al precedente, ma ancor più rigoroso per quanto riguarda le procedure di somministrazione e le istruzioni verbali. Ne esiste anche una versione computerizzata. 
Amsterdam short term memory test. Si tratta di un test di riconoscimento a scelta multipla di parole appartenenti allo stesso campo semantico. E’ uno strumento particolarmente interessante perché tarato su popolazioni cliniche ben definite, dotato quindi di elevato potere discriminante.


Conclusioni 

 L’uso combinato e competente di questi diversi approcci neuropsicologici mai separabili dalla valutazione complessiva nel riquadro anamnestico, clinico e sintomatologico del paziente in esame, potrà rendere più obiettiva ed affidabile l’identificazione dei fenomeni di simulazione in ambito medico legale, compito delicato ma irrinunciabile.


Riferimenti bibliografici 



Warrington E. K. Recognition Memory Test. NFER – Nelson, Windsor, 1984

Rey A., L’examen clinique en psychologie. PUF, Paris, 1964.

Rogers R., Clinical aeessment of malingering and deception. Guilford, New York, 1988.

Lazak M. D., Neuropsychological assessment. Oxford University Press, Oxford, 1995.

Lees – Haley P. & Brown R. S., Neuropsychological complaint base rates of 170 personal injury
claimants. Archives of Clinical Neuropsychology, 8, 203-210, 1993. 

*Neuropsicologo
**Neurologo


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