La riabilitazione del macroleso:
il contributo dell'assicuratore RC

Dr. Adolfo Martinez

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1. Il danno da macroinvalidità: uno sviluppo preoccupante

Con il termine macroinvalidità o macropermanente il mondo assicurativo designa tutti quei casi di danno alla persona in cui si verifica una grave menomazione all’integrità psicofisica. Tale menomazione compromette gravemente lo svolgimento autonomo delle attività vitali che si traduce nella necessità di un’assistenza continuativa. L’impatto travolgente che questa perdita di autonomia ha, contemporaneamente, sulle diverse sfere della esistenza della persona - dall’efficienza sociale sino alla capacità di svolgere un’attività lavorativa - qualificano queste fattispecie come le ipotesi più gravi di danno alla persona.
Se consideriamo le tipologie traumatiche più devastanti, cioè quelle derivanti da lesioni che interessano gravemente il sistema nervoso centrale (lesione spinale e trauma cranioencefalico grave), occorre evidenziare alcuni sviluppi comuni ai cosiddetti paesi industrializzati. In primo luogo, si osserva una crescita sostenuta della frequenza dei casi che interessano garanzie assicurative di responsabilità civile, in particolare quelle relative ai rischi di circolazione di autoveicoli. I dati epidemiologici disponibili confermano come cause più frequenti di lesione spinale e trauma cranioencefalico grave l’incidente stradale (intorno al 50% dei casi) e l’infortunio sul lavoro (intorno al 20% dei casi). Per quanto riguarda i casi che hanno origine nella infortunistica stradale, l’incremento di frequenza corrisponde ad un calo progressivo della mortalità. I fattori spiegano questo sviluppo sono noti. Da una parte, un maggiore indice di sopravvivenza all’incidente, dovuto ad un migliore e più tempestivo pronto soccorso nonché ad una sempre più efficiente rianimazione. A volte, anche se può sembrare paradossale, un maggior grado di sicurezza delle vetture contribuisce a ridurre l’incidenza dell’esito mortale ma non evita il ferimento grave degli occupanti.
Contemporaneamente all’aumento della frequenza, si segnala una crescita del costo dei risarcimenti ad un ritmo
significativamente superiore a quello dell’aumento del costo della vita. Anche se con una diversa incidenza a seconda dei paesi, si possono individuare alcuni fattori generali che giustificano questa tendenza:

l’incremento delle spese di cura, in particolare nella fase acuta e post-acuta della malattia. Le stime indicano che i costi crescono ad un ritmo 2-3 volte superiore al costo medio della vita.
la lievitazione dei risarcimenti dovuti per danni non patrimoniali, cioè non direttamente riconducibili ad una perdita
economica presente o futura. Sebbene la prassi risarcitoria nei diversi paesi sia estremamente differente, si osserva una tendenza comune nei tribunali di merito a concedere risarcimenti sempre più consistenti per pregiudizi subiti dalla persona lesa e da i suoi prossimi congiunti, che colpiscano beni non strettamente patrimoniali. Voci di danno che compensano ad esempio il dolore, il turbamento psichico, l’impatto della disabilità sulla sfera relazionale dell’individuo o sul godimento della sua esistenza, proliferano nei diversi paesi, anche se sotto profili concettuali leggermente diversi. Questo fenomeno sembrerebbe essere il riflesso necessario di una crescente sensibilità sociale verso lo svantaggio che rappresenta la grave disabilità ed alla tragedia personale e familiare che scatena. Spesso la morte viene indicata come alternativa preferibile alle tipologie di disabilità più gravi - pensiamo agli stati vegetativi cronici. Questa visione della macroinvalidità non può che condizionare la propensione dei tribunali a considerare risarcimenti sempre più consistenti.
la crescita dell’aspettativa di vita della popolazione neurotraumatizzata, ad un ritmo superiore a quello della totalità della popolazione, dovuta al progresso delle terapie e alla crescente qualità dell’assistenza. Ciò comporta necessariamente un bisogno di assistenza continuativa per un periodo più lungo di tempo e quindi un incremento dell’ammontare complessivo delle spese di assistenza future. A questo punto occorre anche segnalare che le statistiche mostrano come una percentuale altissima (60% circa) della popolazione neurotraumatizzata abbia all’epoca del trauma un’età inferiore ai 30 anni.

Nel caso specifico dell’Italia, l’incremento dei risarcimenti per i casi di macroinvalidità presenta delle particolarità che occorre analizzare brevemente:

Per quanto riguarda il risarcimento dovuto a titolo di danno biologico, dalla pubblicazione delle prime tabelle del Tribunale di Milano all’inizio del 1995, adottate fino ad oggi, in modo più o meno evidente, da quasi 2/3 dei Tribunali italiani, assistiamo ad un forte incremento dei parametri valutativi per il cosiddetto danno biologico da incapacità permanente nei casi di macroinvalidità. Questa progressiva lievitazione potrebbe continuare malgrado un futuro intervento legislativo che tenga conto della recentissima proposta dell’ISVAP in materia di risarcimento dei danni alla persona. Detta proposta prevede l’elaborazione di una Tabella Indicativa Nazionale per il danno biologico che si fermerebbe ad una percentuale di incapacità permanente pari al 70% e sino ad una età di 70 anni. Oltre il 70%, la valutazione del valore al punto viene lasciata al prudente apprezzamento del giudice, sulla base dei valori indicati per il 70% di incapacità. Questa scelta è comunque indicativa della sempre più sentita convinzione che la macroinvalidità sia la tipologia più grave di danno alla persona.
In riferimento al danno morale, la diffusione del modello milanese sta generalizzando la prassi che aggancia il calcolo del risarcimento per danno morale a quello del danno biologico. Il danno morale viene calcolato nella misura di una percentuale del danno biologico che nei casi più gravi arriverebbe al 50%. Questo meccanismo, che comunque viene ripreso dalla suddetta proposta ISVAP, fa aumentare il valore del danno morale per punto di invalidità al crescere la percentuale della invalidità permanente biologica. Il risultato è ovvio: i livelli di risarcimento a titolo di danno morale da incapacità permanente crescono nella stessa misura di quelli a titolo di danno biologico.
Contemporaneamente, sebbene con un ritmo di sviluppo meno veloce, si nota la tendenza, specialmente nei tribunali del Nord, a concedere risarcimenti per le spese di assistenza futura sulla base di un calcolo sempre più prossimo a quello che è il valore di mercato di detta assistenza. Questi tribunali stanno abbandonando progressivamente la prassi di concedere una somma di carattere forfetario, sostanzialmente inferiore al prezzo di mercato di detta assistenza. Egualmente, si constata una maggiore propensione dei giudici a concedere risarcimenti per spese di adeguazione della abitazione, di acquisto di una vettura adatta e di ausili necessari al danneggiato. Lo sviluppo di queste voci di danno dipende tuttavia in massima parte dalle richieste della parte danneggiata che, ad oggi, non sempre tengono conto dei bisogni assistenziali reali del danneggiato nella formulazione della pretesa risarcitoria.
Infine, nei casi di particolare gravità, i tribunali si mostrano inoltre favorevoli a riconoscere risarcimenti per il danno non patrimoniale subito dai congiunti del macroleso sotto il profilo del cosiddetto “danno alla serenità familiare” oppure “danno da rimbalzo”. Questo sviluppo della giurisprudenza di merito è stata recentemente ribadita dalla Corte di Cassazione e viene ripresa nella proposta ISVAP sopracitata.

A questi sviluppi, si potrebbe aggiungere in futuro la rivalsa per spese di cura e riabilitazione sopportate dal Sistema Sanitario Nazionale che, per questi casi di estrema gravità, sono particolarmente consistenti. In questa ipotesi, gli assicuratori rischierebbero di sostenere spese di cura risultanti da degenze eccessivamente protratte per effetto di un cattivo coordinamento dei diversi interventi terapeutici oppure della inadeguatezza delle cure.
In conclusione, la situazione attuale in Italia è caratterizzata da una forte crescita dei risarcimenti per casi di macroinvalidità.
Questa forte lievitazione, aggravata da una per ora mancante uniformità dei criteri valutativi a livello nazionale, comporta una enorme volatilità dei risarcimenti concessi in via giudiziaria. Sembra ovvio che, di fronte ad una situazione del genere, gli assicuratori di responsabilità civile favoriscano sempre più spesso una composizione extragiudiziaria della vertenza, mirata ad evitare i rischi di un lungo nonché incerto contenzioso.


2. Scelta strategica di gestione del danno da macrolesione

Occorre purtroppo chiedersi se questa situazione certamente preoccupante non richieda agli assicuratori di responsabilità civile un approccio sostanzialmente diverso da quello adottato di solito. Sulla premessa che la responsabilità dell’assicurato sia impegnata, l’atteggiamento classico dell’assicuratore di responsabilità civile sarebbe quello di aspettare la stabilizzazione dei postumi residuali; questi, una volta misurati dal medico legale, servono da base per una liquidazione definitiva del danno attraverso il versamento di un capitale comprensivo delle diverse voci di danno. Questo atteggiamento piuttosto passivo lascerebbe al caso il processo di guarigione del neurotraumatizzato, ignorando l’impatto che la riabilitazione può avere sul grado di recupero del macroleso. A questo punto l’assicuratore si disinteressa all’iter riabilitativo del macroleso e considera soltanto a posteriori la valutazione del medico legale. Essa è per natura statica, puntuale, in quanto temporalmente circoscritta al momento della visita. 
Ci si chiede se un atteggiamento attivo dell’assicuratore RC, rispetto al processo riabilitativo del macroleso, non possa portare dei vantaggi alla gestione di questo tipo di danno. Un atteggiamento attivo equivale alla volontà effettiva dell’assicuratore di agire sul processo riabilitativo del neurotraumatizzato, provvedendo ad integrare eventuali carenze dei meccanismi e delle strutture assistenziali coinvolte . 
Il compito dell’assicuratore sarebbe, sostanzialmente, quello di porsi come garante di una riabilitazione medica e
socio-occupazionale, adatta alla natura della lesione subita e alle circostanze personali del soggetto macroleso, in modo così da ottimizzare il grado di recupero di autonomia personale, facilitare il reinserimento nel suo contesto sociale e permettere, se possibile, la ripresa di una attività lavorativa.
Questo tipo di atteggiamento rende più efficiente il meccanismo risarcitorio ed è sicuramente più conforme al principio della “restitutio in integrum”. Oltre ad avere un valore aggiunto di carattere sociale innegabile, questo comportamento porterebbe, di riflesso, ad un contenimento dei risarcimenti a carico dell’assicuratore che altrimenti salirebbero di continuo. Così facendo, l’assicuratore non si limita a risarcire le conseguenze pregiudizievoli della lesione, ma contribuisce a ridurle. Non persegue  soltanto il proprio interesse, ma anche quello del danneggiato, che recupera un maggior grado di autonomia personale.


3. Aree di intervento da parte dell’assicuratore

Ma come si materializzerebbe in concreto il contributo dell’assicuratore? Il principio generale è che egli promuova interventi mirati a sfruttare strutture e meccanismi già disponibili ed colmi eventuali lacune che possano ostacolare lo svolgimento di un processo riabilitativo adeguato. Vediamo le aree di intervento ipotizzabili.
In primo luogo procedendo per ordine temporale, si manifesta una fase prevalentemente clinica nell’iter riabilitativo: l’attività diagnostica e terapeutica che si svolge successivamente alla fase acuta della malattia dedicata al recupero psicofisico del macroleso e alla prevenzione di eventuali complicanze. L’interesse dell’assicuratore, in questa fase, deve essere quello di garantire il raggiungimento del maggior grado di recupero psicofisico del danneggiato, mediante l’applicazione tempestiva delle tecniche diagnostiche e terapeutiche più indicate. In casi in cui il danneggiato venga ricoverato inizialmente in un centro non specializzato, l’assicuratore deve procurare in tempo utile il trasferimento del leso presso un centro adatto. Eventuali difficoltà di accesso a strutture ad alta specializzazione possono essere superate attraverso apposite convenzioni. È anche ipotizzabile una situazione in cui il centro in cui venga ricoverato il leso, pur essendo specializzato nella tipologia traumatica, non disponga di una particolare attrezzatura oppure non possa provvedere con mezzi propri a un certo tipo di terapia necessaria in quel caso concreto. Questa situazione può essere superata attraverso un intervento puntuale dell’assicuratore che acquisti l’attrezzatura mancante oppure finanzi ad hoc l’intervento terapeutico mancante. 
Una seconda area di intervento riguarda quella che possiamo denominare “fase di reinserimento sociale”, successiva a quella prevalentemente medica. Questa fase è caratterizzata da interventi ordinati a reinserire il leso nel suo contesto sociale. Il reinserimento sociale avviene sulla base di interventi rieducativi verificatisi già nella fase clinica e ordinati al recupero delle competenze basiche necessarie sfruttando le risorse residue. Gli interventi rieducativi sulla persona lesa vengono, in una ipotesi ideale, accompagnati da altri interventi sull’ambiente in cui essa deve essere reinserita. Viene potenziata soprattutto l’autonomia personale del macroleso, con una conseguente riduzione della dipendenza da altre persone. Anche qui sono ipotizzabili carenze negli interventi rieducativi oppure nell’impiego degli ausili necessari. Queste carenze possono essere integrate attraverso investimenti puntuali.
Nei casi in cui il bisogno di assistenza domiciliare di carattere continuativo sia piuttosto elevato, la gestione ed il finanziamento della stessa è un problema ormai ignorato dagli assicuratori di responsabilità civile che si limitano a liquidare, ove richiesto, un importo forfetario a titolo di risarcimento delle cosiddette “spese di assistenza future”. Come precedentemente accennato, è doveroso valutare lo sviluppo di questa voce di danno nel futuro. A questo punto, bisogna riflettere sulla convenienza di
provvedere ad un’efficiente gestione dell’assistenza domiciliare organizzando correttamente i turni, selezionando il personale adatto e procurando il coinvolgimento attivo dei familiari nella prestazione dell’assistenza. Sarebbe anche prospettabile l’abbinamento di interventi di questo tipo con modalità risarcitorie alternative (una rendita vitalizia) che garantiscano un finanziamento efficiente delle spese future di assistenza.
Infine, in certi casi, è possibile che la persona macrolesa riesca a svolgere un’attività professionale dopo il trauma, se si operano gli interventi rieducativi necessari che sfruttino le capacità residue, le attitudini e le preferenze del soggetto. Occorre anche pensare ad una ristrutturazione del posto di lavoro a seconda della effettiva menomazione. In questi casi, il contributo attivo dell’assicuratore di responsabilità civile che promuove gli interventi necessari dove siano insufficienti può significare la ripresa di attività redditizia per una persona che magari in partenza veniva considerata incapace di svolgere qualsiasi attività professionale. 


4. Vantaggi per l’assicuratore di responsabilità civile

Questo atteggiamento attivo rispetto alla riabilitazione del neurotraumatizzato, porta all’assicuratore di responsabilità civile tre tipi di vantaggi rispetto alla situazione attuale. 
Tenendo conto della prassi risarcitoria italiana e delle tendenze osservate, si potrebbe verificare un contenimento del costo complessivo del risarcimento a carico dell’assicuratore, derivante da due meccanismi:

una riabilitazione efficiente, mirata a potenziare il recupero di autonomia personale ed un effettivo reinserimento sociale del macroleso, ridurrebbe significativamente il bisogno di assistenza futura e le spese future conseguenti. Considerando che questa voce di danno si presenta estremamente volatile in futuro, tutti gli interventi che possano ridurre il bisogno di assistenza del macroleso hanno una potenzialità di risparmio evidente. 
allo stesso modo, interventi di rieducazione e riqualificazione professionale, che permettano al macroleso lo svolgimento di una attività lavorativa, portano ad una riduzione del lucro cessante che altrimenti sarebbe oggetto di risarcimento.

Data la prassi medico legale attuale, un abbattimento significativo della percentuale di incapacità permanente, e quindi dei risarcimenti a titolo di danno biologico e morale è abbastanza improbabile, seppur in seguito ad un’ottima riabilitazione.
Tuttavia, una valorizzazione approfondita in sede di perizia medico legale dell’impatto positivo di una riabilitazione ben gestita deve portare ad un abbattimento della percentuale di incapacità permanente detta biologica. 
Oltre a questi effetti di contenimento dei costi del risarcimento, un atteggiamento attivo da parte dell’assicuratore rispetto alla riabilitazione del macroleso ha un ulteriore vantaggio operativo da considerare. L’assicuratore, approfittando di una più dettagliata informazione e di un rapporto più diretto con il danneggiato, ha un maggior controllo sullo sviluppo del caso, ed è in grado di valutarne le conseguenze economiche più accurata e tempestivamente.
Egli ne trarrebbe anche un vantaggio di immagine nei confronti del danneggiato e dei suoi familiari, nonché dei tribunali, delle associazioni di consumatori e della società in generale. Questo vantaggio, sebbene non facilmente quantificabile in termini monetari, non deve essere però sottovalutato, data l’estrema sensibilità sociale rispetto ai danni alla persona e la cattiva immagine che di solito hanno le compagnie di assicurazioni agli occhi dell’utente. 


5. Presupposti operativi 

Una volta stabilita l’utilità, bisogna considerare i presupposti operativi necessari perché un assicuratore di responsabilità possa agire in modo effettivo sull’iter riabilitativo di un danneggiato macroleso. 
La prima delle difficoltà da superare è quella di individuare tempestivamente l’esistenza del caso di macrolesione. È una realtà comune che l’assicuratore di responsabilità venga a conoscenza dell’esistenza di un danneggiato macroleso a distanza di mesi dal fatto. È chiaro che, in questi casi, un intervento nella fase iniziale del processo riabilitativo diventa in pratica difficoltoso o improponibile. In certi casi, la causa di questa tardiva conoscenza da parte dell’assicuratore si trova nella tardiva, inesatta oppure mancante denuncia del sinistro da parte dell’assicurato. Bisogna però considerare se, attraverso misure tempestive di accertamento, è possibile migliorare, almeno parzialmente, questa situazione. Il ricorso ad un medico-accertatore in tutti i casi con lesioni permette di evidenziare tempestivamente la gravità del caso, che altrimenti verrebbe scoperto tardivamente.
Contemporaneamente occorre sensibilizzare la organizzazione sinistri in periferia sulla necessità di riferire immediatamente tali casi alla direzione sinistri. A tal proposito, un monitoraggio centralizzato all’interno della stessa organizzazione garantisce una tempestiva conoscenza del caso da parte dei titolari del potere decisionale come base di ulteriori provvedimenti. 
Inoltre, è fondamentale un approccio diverso nel gestire i rapporti con il danneggiato e i suoi familiari, che spesso vedono l’assicuratore con diffidenza. Come superare questo ostacolo che può rendere impraticabile ogni tipo di intervento? Il problema è sicuramente da considerare in relazione alla modalità dell’intervento ed ai soggetti di cui l’assicuratore possa avvalersi per agire sul processo riabilitativo del neurotraumatizzato. Risulta ovvio che il ricorso a consulenti specializzati nella riabilitazione dei neurotraumatizzati diventa indispensabile, in quanto essi rappresentano l’interfaccia con le strutture riabilitative specializzate. Agendo attraverso specialisti della riabilitazione, l’assicuratore potrebbe vincere con maggior facilità la resistenza iniziale del macroleso e dei suoi familiari ad accettare un suo intervento sul processo riabilitativo. 


6. L’esperienza del Gruppo General & Cologne Re. in altri paesi

Il Gruppo General & Cologne Re, uno dei maggiori gruppi riassicurativi del mondo, sostiene già da anni la validità di un atteggiamento attivo da parte dell’assicuratore di responsabilità civile nel processo riabilitativo del grave neurotraumatizzato. Di conseguenza, all’interno del gruppo, sono state create strutture di consulenza in materia di riabilitazione: esse gestiscono, per conto delle compagnie d’assicurazioni, le diverse tipologie d’intervento che si possono verificare a seconda dei casi riferiti.
La più vecchia di queste strutture è nata negli Stati Uniti, presso la General Reinsurance Corporation, con il nome di
Rehabilitation Advisory Services. Gli specialisti che lavorano in questo servizio assistono le compagnie di assicurazioni nel gestire casi di gravi lesioni con un approccio mirato ad ottimizzare la riabilitazione del macroleso nei diversi aspetti già accennati. Il valore aggiunto di una struttura di questo tipo è quello di servire da collegamento tra l’assicuratore di responsabilità civile ed il mondo della riabilitazione di solito strano alle compagnie, permettendo una gestione specializzata senza l’aggiunta dei costi fissi che una struttura del genere comporta. Il caso reale che segue illustra il modus operandi dei Rehabilitation Advisory Services e conferma la validità della filosofia con cui è stato creato.
La danneggiata, una donna divorziata di 38 anni, subì un grave trauma cranico encefalico in conseguenza di un incidente stradale mentre si recava al lavoro. Il caso fu riferito dalla compagnia del responsabile civile ai servizi di riabilitazione della GRC dopo 90 giorni dal fatto. Il consulente specialista in riabilitazione evidenziò uno stato di coma, di fronte al quale il medico curante, sulla base di una prognosi con poche aspettative di miglioramento, aveva consigliato il trasferimento della danneggiata in un centro a lunga degenza. 
Dopo aver valutato la situazione, il consulente considerò come alternativa più adatta il trasferimento presso una struttura di rianimazione specializzata nel trattamento di gravi lesioni cerebrali in un altro stato. Ottenuto il consenso dei familiari, la danneggiata fu trasferita in questo centro in cui uscì dallo stato di coma protratto. Successivamente la donna fu ammessa ad un programma di quattro mesi di riabilitazione post-acuta, in regime di degenza ospedaliera. In questa sede, i diversi interventi riabilitativi furono mirati a recuperare le competenze di base per lo svolgimento autonomo delle attività di vita più comuni. 
Dimessa dal centro di riabilitazione, gli interventi di fisioterapia e terapia occupazionale proseguirono in regime ambulatoriale, finché la danneggiata riuscì a deambulare e svolgere autonomamente le attività più fondamentali della vita. Attraverso lo State Department of Vocational Rehabiltation, la danneggiata ebbe accesso ad un posto di volontariato, passo - questo - intermedio verso la ripresa di attività lavorativa. Dopo due anni e mezzo dalla data del trauma, la danneggiata riuscì a svolgere un lavoro remunerato di 20 ore settimanali. Tutti questi interventi furono coordinati e seguiti dal servizio di riabilitazione della GRC. I costi di assistenza inizialmente ipotizzati si ridussero da Lit 126 milioni a Lit 8 milioni annui. 
Più recentemente, e con la stessa filosofia, è stata creata, in Germania, presso la Kölnische Rückversicherungs- Aktiengesellschaft, una seconda struttura di consulenza in materia di riabilitazione. Questo servizio di consulenza, denominato Rehabilitationsdienst, viene offerto a tutte le compagnie di assicurazioni tedesche e si articola su una rete di fiduciari di carattere multidisciplinare. Essa permette una gestione globale del caso, dalla riabilitazione medica prima, alla gestione della assistenza domiciliare ed il reinserimento professionale in seguito. Vediamo un esempio della prassi operativa di questo servizio e del valore aggiunto che ne risulta.
Nel novembre del 1995, in conseguenza di uno scontro frontale tra due vetture, la donna trasportata - un’impiegata di 22 anni presso una ditta di commercio all’ingrosso - subì gravi lesioni. Le fu diagnosticata la frattura della 5° e 6° vertebra del tratto cervicale con compromissione del midollo spinale. Da questa lesione ne risultò la paralisi totale di entrambi gli arti inferiori, incontinenza urinaria e fecale, atrofia totale dei muscoli flessori delle dita e parziale dei muscoli flessori del gomito e polso, di entrambi gli arti superiori. Dopo una degenza in una struttura ospedaliera di ca. 9 mesi, la danneggiata fu trasferita al domicilio paterno dove veniva curata da una società di assistenza domiciliare. I costi di detta assistenza raggiungevano un importo mensile di Lit 14 milioni ca. Una parte di questo importo veniva finanziato dall’ente sociale gestore dell’assicurazione di assistenza, obbligatoria in Germania, che a sua volta agiva in surrogazione nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile. L’importo rimanente veniva richiesto direttamente alla compagnia di RC che nell’aprile 1997 riferiva il caso al servizio di riabilitazione della Kölnische Rück. 
Gli specialisti di questo servizio visitarono la danneggiata, scoprendo carenze nella assistenza domiciliare prestata nonché nella riabilitazione motoria, a cui era stata sottoposta la giovane in fase di degenza ospedaliera. Ad aggravio di questa situazione, il domicilio paterno, sito in una zona rurale, non rispondeva ai bisogni della situazione motoria della danneggiata che si vedeva costretta a rimanere a letto nella propria camera. Dopo aver discusso in dettaglio con la famiglia i bisogni assistenziali della ragazza e le carenze evidenziate, i consulenti del servizio di riabilitazione provvidero a coordinare gli interventi necessari per migliorare la situazione: per quanto riguarda la riabilitazione motoria, la giovane fu trasferita in tempi brevi in una clinica specializzata per sottoporsi ad interventi di fisio- ed ergoterapia, mirati a sfruttare meglio le potenzialità residue degli arti superiori e quindi a migliorare il grado di autonomia personale della danneggiata.
In parallelo, l’assistenza domiciliare fu riorganizzata secondo le direttive dei consulenti del servizio di riabilitazione. In alternativa ai servizi scadenti della società di assistenza, si optò per l’assunzione diretta del personale che doveva prestare detta assistenza.
Una più efficiente organizzazione dei turni con il coinvolgimento attivo dei membri della famiglia , adesso remunerati
direttamente dall’ente sociale, permise una riduzione dei costi complessivi da ca. Lit 14 a Lit 6 milioni al mese. 
Fu considerato anche l’adeguamento dell’abitazione della danneggiata. Le caratteristiche architettoniche del domicilio familiare, insieme alle condizioni orografiche della zona, avrebbero consigliato uno spostamento del domicilio della danneggiata in un’abitazione adatta alle sue menomazioni e in vicinanza di prestatori di servizi riabilitativi. Nonostante questo, la convenienza di non allontanare la giovane dal suo ambiente socio-familiare di origine portò finalmente ad optare per una soluzione compromissoria: si cercò nella misura del possibile, di rimuovere le barriere architettoniche presenti nel domicilio paterno e facilitare ulteriormente la mobilità della giovane attraverso l’acquisto di un’autovettura adatta che le permettesse di realizzare trasferimenti in modo autonomo.
Sul piano del reinserimento sociale e lavorativo, i fiduciari del servizio di riabilitazione hanno infine provveduto all’intermediazione di un posto di lavoro per la danneggiata a tempo parziale presso un centro sociale. Questo intervento rappresenta un primo passo in un processo di reinserimento professionale non ancora concluso.
Nella fattispecie, l’intervento specialistico promosso dalla compagnia di assicurazione RC ha comportato una sostanziosa riduzione degli sborsi complessivi, in particolare sotto la voce “spese di assistenza”. Questo riscontro economico per la compagnia viene accompagnato da un reale miglioramento della situazione personale della danneggiata.
Questi due esempi, benché non totalmente rapportabili alla realtà italiana, attestano quanto sia conveniente per le compagnie di assicurazione del responsabile civile un atteggiamento attivo nei confronti dei problemi riabilitativi. Questi due casi invitano a prospettare, sul piano operativo, le modalità di intervento che, con la stessa filosofia e tenendo conto della specificità della realtà italiana, possono essere predisposte.


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