Come siamo nati

 

La storia contemporanea si caratterizza, tra le altre cose, per aver dato corso a due contrapposte generazioni di diritti: 1) i diritti universali (dell'uomo e del cittadino); 2) il comunitarismo diffuso.

Se l'universalismo lo ereditiamo dalle filosofie pubbliche e dalle rivoluzioni dei secoli XVIII e XIX, il comunitarismo esplode (o implode, a seconda della visuale di osservazione) negli ultimi decenni del XX secolo, con la caduta del "muro di Berlino" del 1989 e il concomitante dilagare dei localismi etnici.

È stato il proliferare dei localismi a far precipitare la crisi del sistema bipolare, oppure proprio il progressivo venir meno degli equilibri su cui si reggeva il bipolarismo ha incentivato la deflagrazione dei localismi etnici?

Difficile dirlo.

Molto più plausibilmente, i due fenomeni hanno "cooperato" tra di loro, intersecandosi e condizionandosi vicendevolmente.

I risultati di questa "cooperazione" sono inquietanti.

I localismi sono stati declinati come la messa in mora definitiva dei diritti universali.

Il sistema delle relazioni internazionali si va assettando intorno ad un baricentro imperiale che si ritiene l'erede unico e l'interprete legittimo della civiltà tout court.

I fenomeni di globalizzazione in atto non riconoscono alcun "diritto di cittadinanza" alle differenze culturali, finendo con l'esacerbare i localismi, a cui non rimane che la soluzione resistenziale della "canalizzazione etnica".

Si è disegnato, così, un esemplare circolo vizioso.

È possibile fuoriuscirne?

È possibile coniugare i diritti universali con i diritti delle differenze?

È possibile praticare un'idea di localismo come risorsa della democrazia di tutti e non solo della mia o dell'altro a me simile?

È possibile una pratica di localismo come fonte di arricchimento degli universi delle differenze?

È possibile che la crescita delle comunità locali avvenga nel solco dell'allargamento dei diritti e delle ricchezze della comunità nazionale e della comunità internazionale?

È possibile coniugare i princìpi di libertà, democrazia e solidarietà in reti di cooperazione locali, nazionali e internazionali?

Per tentare di fornire delle timide e insufficienti risposte a questi interrogativi, nella primavera del 1999, è nata la discussione che ha condotto alla costituzione di CeSICol (Centro Studi e Iniziative per le Comunità Locali).

Siamo consapevoli che il punto di partenza non può che essere quello locale. Altrettanto forte è in noi la consapevolezza che, soprattutto nell'epoca attuale, sia necessario aprire (non già chiudere) il Locale al Globale e il Globale al Locale.

Attraversando criticamente gli universi del globale, i microlocalismi possono arricchire la loro propria identità.

Localismi arricchiti possono sperare di pesare nella scala delle mutazioni globali, influenzandole per quel che è dato.

In un mondo sempre più incrudelito e reso indifferente di fronte alla sofferenza umana e alle ingiustizie sociali, occorre farsi agenti del raccordo critico tra Locale e Globale.

Intorno a questo "filo" si dipanano tutte le nostre "scommesse".

Con tutti coloro (istituzioni pubbliche, operatori sociali, soggetti collettivi e privati cittadini) che condividono questa prospettiva è nostra intenzione cooperare attivamente.

Approfondendo via via queste linee di discussione, nel gennaio 2000 CeSICoL, da gruppo di lavoro e discussione informale, si trasforma in organizzazione non lucrativa di utilità sociale (onlus), dotandosi della corrispondente struttura organizzativa e di un formale Statuto. 

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