Bollettino telematico mensile

 

 

 Anno II, n. 4, aprile 2000

 

 

 

L'AUTOCERTIFICAZIONE

In questi ultimi anni, si è molto discusso di semplificazione degli atti amministrativi e di autocertificazione che della semplificazione amministrativa è uno dei capisaldi, almeno sul piano strettamente teorico.

Si deve prendere atto che sulla materia il Parlamento è intervenuto a più riprese e in maniera qualificata. Sul piano pratico, purtroppo, le cose non stanno esattamente nei termini auspicati dal Legislatore.

Dobbiamo, difatti, ricordare che la prima legge sull'autocertificazione risale a ben 32 anni fa e a tutt'oggi incontra resistenze e difficoltà di applicazione. Si tratta della Legge n. 15 del 1968 che rendiamo disponibile nel nostro "Spazio Diritti".

Già questa legge disponeva che una serie di certificazioni potesse essere prodotta a mezzo di "dichiarazioni sostitutive". Le dichiarazioni sostitutive interessano, tra le altre, le seguenti certificazioni: nascita, residenza, cittadinanza, godimento diritti politici, stato di celibato, coniugato o vedovo, stato di famiglia, esistenza in vita, nascita del figlio (art. 2).

Inoltre, la legge disponeva la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà (art. 4).

 

 

 

LA TRASPARENZA DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

La legge sull'autocertificazione del 1968 è rimasta lettera morta per più di 20 anni. C'è voluto l'intervento diretto della Legge 241 del 1990, altrimenti nota come legge della "trasparenza degli atti amministrativi", per porre dei termini tassativi per l'applicazione della l. 15/68.

Reputiamo utile rendere disponibile la legge nello "Spazio Diritti", avendo essa segnato uno spartiacque nel rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini.

Esattamente all'art. 18, la 241/90 ha assegnato alle amministrazioni 6 mesi di tempo per l'adozione di tutte le misure organizzative atte a garantire l'applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e presentazione di documenti di cui alla l. 15/68.

Inoltre, il citato art. 18 dispone che, qualora l'interessato dichiari che fatti, stati e qualità abbiano trovato attestazione in documenti già in possesso della stessa amministrazione procedente o di altra pubblica amministrazione, il responsabile del procedimento provveda d'ufficio all'acquisizione dei documenti stessi o di copia di essi.

 

 

 

LE RESISTENZE DELLA BUROCRAZIA

Ma la 241/90 non è valsa a vincere le resistenze della burocrazia. Si è resa necessaria l'emanazione di due regolamenti di esecuzione:

1) il DPR 130/94: "Regolamento recante norme attuative della legge 4 gennaio 1968, n. 15, con particolare riferimento all'art. 3 e ad altre disposizioni in materia di dichiarazioni sostitutive";

2) il DPCM 281/94: "Regolamento di attuazione dell'art. 3 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, concernente la determinazione di fatti, stati e qualità per la prova dei quali è ammessa una dichiarazione del soggetto che tenga temporaneamente luogo della normale documentazione".

Rendiamo disponibili i due Regolamenti nello "Spazio Diritti", per una puntuale rilevazione delle norme attuative introdotte in materia.  

Ma neanche l'emanazione dei due Regolamenti di attuazione è valsa a vincere le resistenze della burocrazia. Tanto che sulla materia ha dovuto mettere mano anche una successiva e importante legge:

3) la L. 127/97: "Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" (altrimenti nota come "Bassanini-bis").

Nello "Spazio Diritti" rendiamo disponibili unicamente gli articoli della legge che interessano la materia dell'autocertificazione.

Come è stato fatto unanimemente osservare, la Bassanini-bis ha fatto molto di più che dare attuazione alle norme di autocertificazione esistenti. Essa ha ulteriormente allargato il campo di applicazione dell'autocertificazione.

In particolare, ricordiamo qui che l'articolo 3 della legge stabilisce che:

a) tutti i dati relativi a nome, cognome, nascita, cittadinanza, stato civile e residenza che risultano attestati in documenti di riconoscimento validi hanno lo stesso valore probatorio degli equivalenti certificati; dunque, i documenti di riconoscimento possono essere usati come sostitutivi a tutti gli effetti di detti certificati;

b) la mancata accettazione dei certificati sostitutivi da parte del funzionario comporta una grave violazione dei doveri di ufficio, con ripercussioni di carattere disciplinare.

 

 

 

A MARGINE

Una burocrazia a basso rendimento e scarsamente democratica

Che tutte le amministrazioni pubbliche siano esposte agli agenti patogeni della burocratizzazione è un fatto, ormai, scontato. Il "caso italiano", però, presenta alcuni tratti caratteristici che lo rendono particolarmente "inquietante".

Sul piano della legificazione formale, l'Italia, su molte ed essenziali questioni, si trova certamente all'avanguardia in fatto di diritti e diritto. Sul piano della realtà operativa, invece, il quadro muta radicalmente. Norme avanzate vengono sistematicamente disapplicate, oppure bellamente ignorate.

Il caso dell'autocertificazione è uno di questi: per ben 22 anni, una legge è stata totalmente ignorata. Gli sforzi successivi, profusi in tutto il decennio degli anni '90, per rendere applicabile la legge, non hanno conosciuto migliore fortuna.

Ancora oggi, la resistenza opposta dalla burocrazia all'applicazione delle norme sull'autocertificazione è notevole, nonostante l'opzione pro-autocertificazione operata, a più riprese, dal Parlamento e dal medesimo Esecutivo.

La circostanza fa emergere i deficit di base che limitano l'azione della burocrazia operante nella PA: (a) la cultura elitaria di cui è impregnata; (b) la razionalità chiusa di tipo gerarchico che ne condiziona efficienza e rendimento; (c) la resistenza all'innovazione tecnico-organizzativa e all'apertura democratica che rende complicato e oltremodo conflittuale il rapporto istituzioni/cittadini.

Non è, quindi, sorprendente confrontarsi e scontrarsi con una burocrazia assai lenta ed inefficiente che non prende adeguatamente a cuore le domande e le aspettative della cittadinanza, rivelando, così, un basso profilo partecipativo e democratico.

 

 

 

 

 

  

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