SIGNS a cura di Corrado Pirovine

Regia di Manoj Night Shyamalan. Con Mel Gibson, Joaquin Phoenix.

Dopo il grandissimo successo di critica e pubblico de "Il Sesto Senso" come era già accaduto per Unbreakable Shyamalan fatica a produrre una pellicola che sia altamente scorrevole e sorprendente. Per intenderci Unbreakable e Signs funzionano, intrigano a sufficienza ma non sembrano perfetti come il loro capostipite.

La storia di Signs prende in considerazione i misteriosi crop circles lasciati nei campi di grano da chissà quale entità superiore. Al centro di tutto c'è un pastore che ha perso la fede (Mel Gibson) e la sua famiglia, figli e fratello (Joaquin Phoenix) alle prese con uno dei cerchi, apparso nei campi della loro fattoria. Tra riflessioni molto religiose e altre meno sull'esistenzialismo e sulla fede, nella isolata villetta dei protagonisti si succedono eventi molto strani, accompagnati dai filmati mostrati dai mass-media che non potranno fare altro che far precipitare la situazione.

Come al solito impeccabile dal punto di vista tecnico, Signs si avvale di un lancio produttivo piuttosto consistente avendo alle spalle gente del calibro di Kathleen Kennedy e Frank Marshall. La regia di Shyamalan è come al solito essenziale e visivamente accattivante. Egli tiene per mano lo spettatore e lo porta ad immedesimarsi con i protagonisti, lasciando che talvolta siano gli stessi spettatori ad immaginarsi cosa stia succedendo durante la pellicola; sono di sicuro impatto emotivo infatti le scene in cui egli preferisce non mostrare, spegnere le luci e lasciare che il buio si diffonda per la sala accompagnato da rumori e fruscii. Come sempre inoltre è maestro del colpo a sorpresa sfruttando moltissimo gli effetti sonori (come già accadeva ne  Il Sesto Senso) per introdurre scene improvvise accompagnate dalla non sempre eccelsa musica del comunque grande James Newton Howard. Però se da un lato il giovane regista indiano è una sicurezza in fatto di regia, stavolta debole sembra la sua sceneggiatura, specialmente all'inizio del film; niente da obiettare sugli elementi di "set up" collegati in maniera efficace durante lo scorrere della pellicola ma lo script sembra soltanto finalizzato ad introdurre ciò che accadrà nel secondo tempo; è come se il film sia in letargo per più di un'ora per poi decollare verso il finale. Sorprende in positivo invece la perfezione quasi maniacale di Tak Fushimoto direttore di un'ottima fotografia, calda e fredda all'occorrenza eppure sempre limpida. C'è da dire qualcosa anche sul cast; forse il più brillante è Joaquin Phoenix, già apprezzato Commodo ne Il Gladiatore, abile a dipingere un personaggio semi-ritardato con qualche barlume di acuta lucidità. Mel Gibson appare sottotono ma forse è ciò che il regista vuole dal momento che lo stesso Bruce Willis nei precedenti film era sembrato leggermente fuori dalla parte anche se comunque bravo. Negativa invece la performance del fratello di Macauley Caulkin, Rory.

In definitiva Signs è pienamente un film alla Shyamalan, con tutte le caratteristiche dei suoi predecessori. E' un film che intriga, che spaventa, che colpisce ma che non convince fino in fondo e che delude leggermente le aspettative in quanto non riesce a comunicare granché a colui che è l'essenza del cinema stesso: lo spettatore.