ABOUT
SCHMIDT - A PROPOSITO DI SCHMIDT - a cura di Corrado Pirovine
Regia di Alexander Payne. Con Jack Nicholson, Kathy Bates,
Hope Davis, Dermot Mulroney.
Fantastico Jack. Solito grande, grandissimo divo. Non si può che iniziare così
parlando di un film che si regge per ben due ore sull' interpretazione di uno
dei più grandi attori di ogni epoca. Mister undici nominations (e tre premi
oscar) trascina un personaggio complessissimo lungo squarci di vita vera, pura,
realmente triste, diretto dal bravo ed ordinato Alexander Payne (Election).
Il personaggio di Nicholson, Warren Schmidt apre con l'ultimo minuto prima della
pensione, un passo che di fatto chiude un corposo capitolo della vita di ognuno
di noi. Lo seguiamo durante i soliti festeggiamenti conditi dai consueti
discorsi ipocriti, lo vediamo adagiarsi davanti al televisore ignorando la sua
petulante moglie, trascinarsi in impermeabile qua e là scoprendo quanto ci si
può sentire inutili da un giorno all'altro. Una "non vita", fino a
quando sua moglie non scompare fulminata da un male improvviso. E' ora che
Warren Schmidt prende ancora di più coscienza che la sua vita è diretta
tristemente verso la morte: prima o dopo, che importanza ha? Bisogna solo tirare
avanti a campare. Ma in questo frangente entra in scena sua figlia (Hope Davis),
promessa sposa di un mentecatto (Dermot Mulroney) odiato dal protagonista del
film. Il fatto di avere anche un solo misero scopo (impedire il matrimonio) gli
conferisce quella spinta necessaria ad intraprendere un lungo viaggio con il
camper acquistato insieme alla mogie attraverso un'America folkloristica e molto
semplice verso Denver, città dove la coppia risiede. L'impatto con la diversa
estrazione culturale dei futuri consuoceri è deprimente e a Warren non resta
che consolarsi con il piccolo Ndugu, bambino della Tanzania adottato a distanza
che in una commovente scena finale saprà far sgorgare lacrime ad un uomo che da
tanto, troppo tempo, aveva smesso di provare intense emozioni.
Girato con una regia fatta di inquadrature statiche molto particolari (dal
basso, dall'alto, primissimi piani) About Schmidt non sarebbe potuto
esistere senza il grande Jack. La prova fornita da Nicholson gli permette come
minimo la sua dodicesima nomination, in attesa di una possibile quanto probabile
vittoria finale. Abbandonati i panni di personaggi nevrotici ed esaltati, Jack
indossa quelli di un placido pensionato, stanco della monotonia che
inevitabilmente lo circonda all'età di sessantasei anni. Il ritratto di Warren
è perfetto, senza alcuna sbavatura, realizzato con una semplicità e con una
praticità disamanti. Ingrassato e con un riporto d'altri tempi, l'attore
coinvolge lo spettatore con tutti i piccoli movimenti della sua grottesca
maschera, inarcando sopracciglia, tirando la pelle in espressioni dalle
sfumature sempre nuove ed emettendo sbuffi che al momento giusto inquadrano
perfettamente un preciso stato d'animo. I suoi stanchi e trascinati movimenti in
pigiama, nell'impermeabile o in vestaglia sono così identificativi del ruolo
che egli interpreta che l'unico modo per commentarli è vedere il film stesso.
Un film che si distingue anche per l'elegante fotografia che ritrae paesaggi
americani del tutto sconosciuti allo spettatore medio il quale avrà avuto la
fortuna di ammirarli forse nel bellissimo The Straight Story (Una
Storia Vera).
L'unica apparente nota stonata che probabilmente risulterà fondamentale per il
pubblico più impaziente è l'inevitabile farraginosità della scorrevolezza
della trama. In breve, il film è lento, ma non poteva essere altrimenti visti i
temi toccati e gli argomenti trattati. Resta evidente ed impressa nella memoria
l'interpretazione primaria della quale è stato detto tutto e che vale da sola
il prezzo del biglietto.