Stigmata a cura di Corrado Pirovine
Regia di Rupert Wainwright. Con Gabriel Byrne, Patricia Arquette, Jonathan Pryce, Nia Long.
Pellicola di chiara impostazione teologica, "Stigmata"
non precipita nel meschino girone dei film che non dicono nulla o
che peggio scadono nel demenziale (vedere "End of days").
Una ragazza, Frankie Paige, non credente, riceve le stimmate. Il
suo caso arriva naturalmente fino in Vaticano dove il cardinale
Houseman (Jonathan Pryce) offre l'incarico di indagare ad un
prete ex-scienziato, padre Kiernan (Gabriel Byrne). Ciò che
viene a galla è così rilevante che potrebbe cambiare la
dottrina ecclesiastica e pertanto la Chiesa decide di insabbiare
il tutto. Accanto alla sventurata rimane il solo padre Kiernan
che approfondirà le sue straordinarie scoperte...
Certo, con la tematica scelta era alto il rischio di non
convincere il pubblico ma Wainwright e soci sono riusciti in ciò
che si prefiggevano, ovvero aprire un dibattito; infatti, lo
spettatore viene obbligato a pensare ad un diverso modo di vedere
la Chiesa. Su questo punto non è necessario insistere in questa
sede perchè è il fulcro attorno al quale ruota il senso della
pellicola e pertanto spetta al pubblico prendere posizione.
Magari qualche sforzo in più poteva essere fatto a livello
emozionale: il film infatti, pur godendo di una regia
particolarissima (visioni ossessive, primi piani, montaggio
frenetico) fatica ad avvicinare lo spettatore al dramma di
Frankie che rimane confinato nelle immagini. Nonostante le
tematiche forti, che ne hanno messo in dubbio la visione durante
tutto il Giubileo, "Stigmata" non coinvolge dunque fino
in fondo, non rende partecipi: certo si lascia vedere volentieri
per l' intensità ed il misticismo delle sue scene rese potenti
con l' uso di una colonna sonora basata sulla musica rock e con
una particolare fotografia firmata Jeffrey L.Kimball: essa
consiste nel mostrare Roma ed il Vaticano con colori caldi mentre
l' uso dei colori freddi è riservato alle scene ambientate in
America; per le visioni è riservata una tecnica del tutto
particolare: si accentuano i colori bianco e nero scolorendo gli
altri tranne il rosso del sangue che diventa così protagonista.
Altro elemento favorevole è la solida sceneggiatura, scritta da
un saggista esperto di stimmate, Tom Lazarus, che non esita a
scomodare addirittura San Francesco e Padre Pio.
In definitiva si tratta di un film che non esalta particolarmente
ma che non delude e che ha il pregio di lasciare allo spettatore
una nuova e diversa concezione di Chiesa cristiana sulla quale
egli sarà libero di essere concorde o meno.