THE PASSION OF THE CHRIST - LA PASSIONE DI CRISTO  a cura di Corrado Pirovine

Regia di Mel Gibson. Con Jim Caviezel, Maia Morgenstein, Rosalinda Celentano, Monica Bellucci, Mattia Sbragia, Hristo Jivkov, Sergio Rubini.

Ci siamo, il film più atteso del momento sbarca anche in Italia, dopo aver scandalizzato gli animi più sensibili di tutto il mondo, dai cristiani più ferventi e credenti agli ebrei più o meno adirati per un presunto antisemitismo della pellicola.

Come è evidente dal titolo, il film prende le mosse dal tradimento di Giuda e dalla cattura del Cristo (Caviezel) avvenuta nel giardino degli ulivi, con la simultanea apparizione di Satana (Celentano) e narra la completa fase della Passione fino alla morte sulla Croce, passando per il processo con Ponzio Pilato e per la terrible Via Crucis.

Piaccia o non piaccia, questo è un film che lascerà il segno, al pari del Gesù di Zeffirelli e di quello di Pasolini. L'interpretazione che Mel Gibson ne dà è quella di un Cristo estremamente sofferente soprattutto dal punto di vista fisico. Inutile addentrarsi in interpretazioni religiose perché la questione sul lungometraggio è tutt'ora aperta e probabilmente stenterà a chiudersi: c'è chi dice che sia antisemita e chi dice che sia estremamente reale (pare che il Santo Padre abbia usato le parole "è andata proprio così..." dopo la visione in anteprima) ma una cosa è certa: è un film estremamente violento e crudo. Questo è un dato di fatto, così come è innegabile che il popolo ebraico rappresentato dal sacerdote Caifa e dai suoi fedeli abbia giocato un fattore determinante per la condanna di Gesù obbligando Pilato a "lavarsene le mani".

E' preferibile comunque giudicare quest'opera soltanto da un punto di vista tecnico e da quel punto di vista può essere considerata piuttosto buona: il fatto che sia interamente recitata in aramaico e latino antico le conferisce un tono di realtà che altrimenti non avrebbe avuto: certo, la recitazione in due lingue morte e sepolte ha fatto sì che alcune frasi abbiano perso di spontaneità ma tutto sommato l'idea è stata buona. Sullo sfondo di una scenografia molto "vera" (Matera per gli esterni e Cinecittà per gli interni) gli attori si muovono con disinvoltura: Caviezel è un Gesù estremamente credibile mentre la Morgenstein dipinge una Madonna molto commovente. Per quanto riguarda le figure secondarie, la Bellucci, per fortuna piange soltanto e apre poche volte la bocca e dunque non nuoce, Mattia Sbragia fornisce una prova ottima con un Caifa assolutamente odioso e crudele mentre è decisamente inquietante la Celentano nel ruolo del demonio: infine, da segnalare nei panni di Erode la buona comparsata di Luca De Dominicis, in passato compagno di uscite serali di chi vi scrive e affettuosamente detto dagli amici "Er Deca".

Restano negli occhi comunque le terribili scene della fustigazione per le quali la regia è apparsa piuttosto forzata, come se si fosse volontariamente indugiato sulle carni lacerate e strappate del Figlio di Dio. La crudezza delle immagini, la disturbante forza del sangue sono ciò su cui Mel Gibson ha puntato di più, ed è anche ciò che gli viene criticato maggiormente: i primi piani sul chiodo che trafigge i polsi (le mani, nel film) gli schizzi di sangue, le botte alla persona, le spine conficcate nel cuoio capelluto... tutto viene esaminato con molta, per alcuni troppa attenzione. Ma chi può dire che non sia andata veramente così?

Non resta che vederlo per farsene un'opinione e non, come hanno fatto alcuni, rifiutarne la visione per dei banali preconcetti. Non che sia migliore di altri film sulla figura di Cristo ma senza dubbio, dal momento che esamina una parte della religiosità cristiana non può essere giudicato senza essere visionato.