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Non
so se un settimanale che si autodefinisce di informazione debba
necessariamente essere al di sopra delle parti: personalmente credo di sì
perché una corretta informazione presuppone un confronto di idee e di
opinioni. Non so se un organo diocesano debba comunque dare voce a tutte
le sollecitazioni che provengono dal mondo cattolico: anche in questo caso
ritengo di sì perché altrimenti avrebbe fallito completamente il proprio
obiettivo.
Quello
che so di certo è che la “nostra” Gazzetta di Foligno, organo
diocesano di informazione politica religiosa e culturale, già da tempo
non dovrebbe definirsi tale perché palesemente di parte e, come tale,
rappresentante e portavoce di un solo tipo di esperienza politica
proveniente dal mondo cattolico.
Non
bisogna andare molto all’indietro per rendersene conto: basta sfogliare
le pagine del numero 16 del 23.4.2000 nelle quali, con toni che trasudano
trionfalistica soddisfazione, viene riportato un commento ai risultati
elettorali centrato su tutti i temi della campagna elettorale del centro
destra (“Dopo la caduta del
muro di Berlino i comunisti non ebbero il coraggio di mettersi da parte
per un po’ di tempo e ricominciare da capo…… Fu fatto solo un
piccolo restauro per nascondere le crepe: ai piedi di una quercia fu
mimetizzata la falce e il martello”, “L’ordine pubblico è a pezzi,
gli immigrati vagano come sbandati e aumenta la delinquenza”, il centro
sinistra definito come “classe politica, quasi un’ammucchiata, tenuta
insieme da quella colla adatta per la poltrona”, “il Ds, dominatore
del centro sinistra, prima o poi doveva essere punito, perché aveva poche
idee ma confuse”) non rinunciando a “simpatici” riferimenti
personali ai leader della coalizione avversa (“D’Alema s’è
rifugiato piagnucolando tra le braccia di papà Ciampi”, “Quel
furbetto di Cossutta, sempre
a galla come il turacciolo”, “…tutte le truppe “mastellate”
dovranno riprendere il tratturo della transumanza”) con un compiacimento
particolare, per maggiore chiarezza, per la sconfitta dei candidati del
PPI e soprattutto del “povero Martinazzoli” definito, prendendo a
prestito un commento di Montanelli, “un uomo che ha il dono di
trasformare in cerimonie funebri anche quelle nuziali”.
Complimenti
davvero per lo spessore del commento politico!!! E questo sarebbe il
“nostro” settimanale di informazione ecc. ecc.? Viene davvero voglia
di credere che l’editore di riferimento non sia la diocesi, ma
Berlusconi, il quale peraltro, visto il potere mediatico di cui dispone,
di testimonial come la Gazzetta di Foligno non sa proprio che farsene.
A
meno che questa sia la posizione ufficiale della Chiesa, di quella parte
della Chiesa arroccata nei palazzi vaticani e che sta sempre più perdendo
il contatto con la società civile, per la quale saremo tra qualche tempo
costretti a chiedere nuovi e più dolorosi “mea culpa”.
E
allora, caro don Germano, perché stupirsi se altri “saccheggiano” lo
slogan di don Milani (che comunque non mi sembra fosse particolarmente in
auge tra le autorità ecclesiastiche del suo tempo)?
Quello splendido “I care” (che preferisco
tradurre con “mi prendo cura” anziché con “mi preoccupo”) che
racchiude in sé tutto quello slancio di solidarietà che si sta via via
affievolendo in un mondo in cui conta sempre più l’avere che
l’essere.
Ebbene, caro don Germano, vorrei che come
collettività ci si prendesse cura dell’immigrato costretto dalla
povertà a lasciare le proprie radici (definito da tutti utile alla nostra
causa perché altrimenti i lavori umili da noi chi li fa? Alla faccia
della dignità…) e sono invece preoccupato per le tendenze razziste
sempre meno striscianti e sempre più radicalmente presenti nella cultura
europea di oggi; vorrei che come collettività ci si prendesse cura delle
infanzie rubate, dei lavoratori sfruttati, delle solitudini disperate e
sono invece preoccupato del ritrarsi dei valori cristiani di fronte
all’incedere sicuro e arrogante della cultura menefreghista ed egoista
basata esclusivamente sul potere economico.
Mi rifiuto di credere che la Chiesa voglia
tirare la volata a questa destra, ma se questa è la verità vorrei che
fosse detta chiaramente.
Massimo Giacomucci. |
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