Cebete - Lezioni di Filosofia

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M. Heidegger

Martin Heidegger

Sommario

1. La vita

2. Opere

3. La sua filosofia

4. Il tempo

5. La storia

Martin Heidegger

(1889 - 1976)

1. Vita

Nato nel 1889. Muore nel 1976.

2. Opere

La dottrina del giudizio nello psicologismo (1914)

La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (1914)

Il concetto del tempo nella scienza storica (1916)

Essere e tempo (1927)

Kant e il problema della metafisica (1929)

L’essenza del fondamento (1929)

Che cos’è la metafisica (1929)

L’autoaffermazione dell’università tedesca  (1933)

Hölderlin e l’essenza della poesia (1937)

La dottrina platonica della verità (1942)

L’essenza della verità (1943)

Lettera sull’umanesimo (1947)

Holzwege (1950)

Che cosa significa pensare (1954)

Conferenze e saggi (1954)

Introduzione alla metafisica (1956)

Che cos’è questo – La filosofia? (1954)

Sulla questione dell’essere (1954)

Identità e differenza (1957)

Il principio del fondamento (1957)

La rassegnazione (1959)

Verso il linguaggio (1959)

Nietzsche (1961)

Il problema della cosa (1962)

U.D. 3

Unità didattica n. 3
Cfr. ...

La sua filosofiaTorna all'inizio

Lo scopo dichiarato della filosofia di Heidegger è quello di costituire un'ontologia che partendo da quella vaga comprensione dell'essere che permetta almeno di intendere e di porre la domanda intorno all'essere, giunga ad una determinazione piena e completa del senso dell'essere.

Ciò che si domanda... l'essere; ciò che si trova... il senso dell'essere; chi è interrogato... l'ente per eccellenza con il primato ontologico (Dasein).

La comprensione dell'essere è quindi una possibilità dell'esistenza, cioè dell'essere dell'esserci. Anzi, proprio l'essere dell'esserci è possibilità. Quindi scelta del singolo.

L'esistenza del singolo è l'esistentivo o ontico. La penetrazione teoretica dell'esistenza e delle sue possibilità (cioè la ricerca delle strutture fondamentali dell'uomo) è comprensione esistenziale o ontologico.

Metodo della ricerca è la fenomenologia: puntare direttamente alle cose. Il fenomeno non nasconde né rivela è l'aprirsi stesso della cosa in sé. Il logos ricerca la verità, ossia lo svelamento, far vedere le cose così come si manifestano. Per questo la filosofia è "ontologia universale e fenomenologica".

Ebbene quale è la struttura dell'esistenza?

L'esistenza è essenzialmente trascendenza, ossia oltrepassamento: questa è la sua soggettività. Il termine verso cui si trascende è il mondo (essere nel mondo). Dove il mondo è la struttura relazionale che caratterizza l'esistenza umana come trascendenza. Essere nel mondo, trascendere verso il mondo significa farne il progetto di possibili atteggiamenti e azioni. Questa è libertà. Ma una volta che tale libertà si progetta in un mondo (ossia nel suo attuarsi) già si limita assoggettandosi al mondo in cui viene ad essere gettata.

Libertà: progettare un mondo da cui poi dipendere e di cui prendersi cura (degli utensili). Il prendersi cura costituisce l'essere dell'essere nel mondo.

Le cose nel mondo sono in quanto utilizzabili. Utilizzabilità vuol dire essere alla mano, a portata di mano: questo è il senso dello spazio (che non è una forma soggettiva bensì la struttura oggettiva del dislocarsi degli utilizzabili più o meno nella vicinanza).

Ora l'esserci è possibilità e comprensione di tale possibilità. Ancora, l'interpretazione è la comprensione di qualcosa come qualcosa sullo sfondo di un progetto. Infine l'interpretazione genera il giudizio. Questa è scienza. Un oggetto diventa utilizzabile quando è tematizzato dalla scienza.

Oltre alle cose nel mondo capita anche che ci siano gli altri. Di questi non ci si prende cura, ma si ha cura (l'aver cura è la struttura fondamentale di tutti i possibili rapporti tra uomini). Ora il rapporto con gli altri può essere un essere insieme inautentico (in cui ci si prende cura delle cose degli altri) o un coesistere autentico (in cui li si aiuta ad essere liberi e a prendersi le cure loro).

L'esistenza come possibilità è inscindibile dall'esistenza come comprensione. Ora uno può comprendersi a partire da sé (autentica), dal mondo (inautentica), dagli altri (anonima, tutti e nessuno, si dice... si fa...). Nell'esistenza anonima il linguaggio, lo svelamento dell'essere, si fa chiacchiera, vuota e quindi curiosità ma non rivolta all'essenziale quindi equivoco.

Ebbene sì, anche l'esistenza anonima è un poter essere dell'uomo. Poter essere che ha alla base la deiezione, cioè la caduta al livello del mondo, dall'essere al fatto.

Proprio la fattualità o effettualità è l'esser gettato nel mondo che colpisce non tanto la comprensione sempre progettante in avanti, quanto la situazione emotiva (Befindlichkeit) per cui l'uomo si sente abbandonato, sente che c'è e che c'è fra altri. Occhio anche qui nulla di soggettivo, ma modo d'essere originario dell'esistenza.

In una parola Sorge. Prendersi cura delle cose e avere cura degli altri, essere gettato nel mondo e progettare in avanti. L'esistenza è un pendolo tra il possibile e il fatto (per cui il mio progettare e rimandato in dietro dal mio essere fatto), questa è la struttura circolare della Sorge.

Ora, tutto ciò che ha a che fare con il mondo, con il fatto è inautentico. Persino la normatività morale, non essendo questa pensabile fuori dalla quotidianità del rapporto con il mondo.

Ogni progettare o trascendere (l'essenza dell'esistenza) rigetta l'uomo nel mondo facendolo cozzare con il semplice fatto che egli c'è ed è al livello di tutti gli altri. Ogni possibilità è pertanto indifferente. L'esistenza stessa non può che essere inautentica, "una nullità essenziale". Tutto quello che l'esserci può progettare è un progettare nullo, o un nulla in quanto progettato. L'esserci è nullo già in quanto progettante.

C'è una sola possibilità non inautentica e non nulla: la morte (allegria!).

La morte è la più propria e incondizionata e insormontabile e certa possibilità. Solo assumendo su di sé la morte come unica propria possibilità autentica l'uomo ritrova il suo essere autentico.

L'esistenza anonima è fuga di fronte alla morte. La coscienza (la voce della coscienza che esce dall'anonimato) fa sentire all'uomo il suo debito verso la sua vera natura e lo spinge verso una decisione anticipatrice che progetti la sua esistenza come un essere per la morte, l'unico autentico.

La morte non va realizzata (suicidio) e nemmeno attesa (di realizzarla) perché è autentica possibilità e come tale va compresa. Vivere per la morte significa comprendere l'impossibilità dell'esistenza in quanto tale. La morte è la possibilità dell'impossibilità dell'esistenza (dove possibilità sta per comprensione).

Ogni comprensione è però accompagnata da una situazione emotiva, tonalità affettiva... qui è l'angoscia. È l'angoscia che pone l'uomo di fornite al nulla (la possibilità dell'impossibilità), quel nulla che è presente anche nell'esistenza anonima, dove però opera mediante negazioni, limitazioni... ma che più di tutto pone l'uomo di fronte alla sua autentica finitudine, all'impossibilità possibile, al superamento dell'essere nella sua totalità. Il nulla è un salto sull'essere, che va dal nulla al nulla.

L'esistenza autentica è quella che comprende chiaramente e realizza emotivamente la radicale nullità dell'esistenza. L'esistenza è trascendere, anticipare e progettare, che però si rivela impossibile, un nulla nullificante. Non rimane che progettare e anticipare questo nulla.

U.D. 4

Unità didattica n. 3
Cfr. ...

Il tempoTorna all'inizio

Tra le tre estasi, fondamentale è il futuro. Ma presente, passato e futuro si implicano a vicenda, ognuno implica un fuori di se per cui la temporalità viene a essere l'originario fuori di se in se stesso e per se stesso e viene designata come ek-statikón.

Il futuro inautentico è il luogo dell'attenzione impegnativa. Il futuro autentico è la decisione anticipatrice.

Il passato inautentico è paura di chi è rimasto inchiodato al mondo. L'angoscia invece fa precipitare il mondo nell'insignificanza ed è il passato autentico

Il presente inautentico è la routine della presentazione dell'ora. Cui si contrappone l'istante kierkegaardiano, ossia l'irrompere dell'eterno nel tempo, la nullificazione dell'ora. Esso è il ritorno al suo più proprio, quindi ripetizione del più autentico passato.

Il tempo in quanto scientifico, la databilità è quindi ovviamente inautentica.

L'essere è tempo. il tempo è il senso dell'essere.

U.D. 5

Unità didattica n. 3
Cfr. ...

La storiaTorna all'inizio

La banalità quotidiana non ha storia. L'esistenza autentica si riassume nell'attimo tacito e passionale dell'angoscia e in quest'attimo l'uomo è assolutamente solo di fronte all'unica certezza insorpassabile del suo destino: la morte.

Ora però l'angoscia non uccide l'uomo, al contrario gli dà modo di vivere rimanendo fedele al più proprio nella situazione in cui viene a trovarsi.

Ecco la libertà dell'uomo: fare di necessità virtù. Il destino in cui consiste la storicità dell'uomo è precisamente questo ereditare le proprie possibilità, volere quello che è già stato, ripetere la situazione a cui si è legati. Questa ripetizione è il destino. E questo destino è la storia.

Alla fine l'esserci l’interrogato sul senso dell'essere non ha risposto. ha risposto nulla. La conclusione dell'analitica esistenziale è il nichilismo.

Critica della metafisica: è fisica (l'atto puro di Aristotele, lo spirito assoluto di Hegel), e Platone ha capovolto essere e verità: prima c'era l'essere e la verità era il suo dispiegamento ora c'è l'idea che è uno sguardo sull'ente, e la verità è la giustezza di tale sguardo. Nietzsche: la verità è una specie di errore.

L'essere non può essere svelato, ma solo svelarsi. L'uomo non può che porsi nelle condizioni di subire una tale iniziativa. L'essere si svela ma mai del tutto, quindi l'uomo erra sempre. Gli erramenti dell'ente costituiscono la storia che come già diceva Hegel è l'ordine necessario della rivelazione dell'essere.


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Ultimo aggiornamento: giovedì 20 marzo 2003


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