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Internet
& Cultura
(ovvero
comunicazione & connessione)
Un
discorso su Internet e cultura,
a me pare possa
svilupparsi intorno all'approfondimento della relazione di due termini, l'uno con
un'antica tradizione filosofica e l'altro salito
alla ribalta grazie alle moderne tecnologie informatiche.
I termini sono: comunicazione e connessione.
Come
ogni relazione, anche questa può risultare illuminante ma allo stesso
tempo può
creare confusione. Il tutto sta nel modo in cui s'intende il nesso
congiuntivo "e".
Si
tratta di identificazione? di trapasso-progresso? di rivalità-tensione?
si tratta, infine, di due termini omogenei e paritetici o si pongono su piani
diversi? A queste domande intendo rispondere brevemente con le
osservazioni che seguono.
Qualche
semplice riflessione. Il lavoro di sciogliere questioni complesse in
elementi semplici, lo lascio agli addetti. Io posso in questa sede solo cogliere
degli elementi semplici e... complicarli: è questo il mio lavoro.
Anche se si tratta del modo odierno di
essere-in-comunicazione,
la connessione
non è ipso facto comunicazione.
Al
contrario è il veicolo, un veicolo (della comunicazione, appunto). Pertanto, instaurare un contesto di
rivalità mi pare in questo caso del tutto fuori luogo, come pure fuori luogo è
identificarli senza residuo. Ma questo va dimostrato.
Essere-in-connessione non vuol dire essere-in-comunicazione, ma mettere-in-comunicazione
(tanto due computers quanto due sinapsi).
Ora, la peculiarità della connessione è il tempo-reale. Mi
riferisco, ad esempio, alla posta elettronica (la fatidica e-mail). Con
essa si viene ad abbattere la distanza
temporale originata dalla lontananza spaziale. Di conseguenza tra la scrittura e
la lettura non c'è più soluzione di continuità. Ossia viene a mancare
quello spazio - fatto di attesa, ansia, incertezza (Ah! le Poste!) - che
separando i due eventi (scrittura e lettura) pone già da subito la
lettera nel novero degli oggetti da conservare come un ricordo.
Sempre la lontananza spazio-temporale costringe il lettore all'opera di
interpretazione del messaggio che, letto oggi, è stato scritto in un
altro luogo e in un altro tempo (il famoso messaggio nella bottiglia è
emblematico), quindi presenta altri canoni, altre leggi, altre parole.
Cosa avrà voluto dire? Parole, intere frasi imparate a memoria, passi
letti e riletti: mia carissima amata, Ti scrivo dal fronte in un
momento di relativa tranquillità... Struggente, no?
Non sono un patito della polvere, anche se apprezzo moltissimo i libri
antichi. Ritengo pertanto che il tempo-reale sia una vera conquista... ma
allo stesso tempo sono cosciente del rischio di considerare il tempo-reale
un surrogato della comunicazione.
Gli errori (o orrori!) ortografici che infestano le e-mail sono un segno
della poca cura che il tempo-reale consente allo scrivente. Un lettera,
invece, prima di essere spedita viene letta e riletta, scritta e
riscritta, e magari mai spedita.
La comunicazione è un'altra cosa. Essa si realizza in rari casi,
in cui due esistenze, due persone, si incontrano e si intendono.
S'incontrano e s'intendono (non è una ripetizione dovuta a un taglia e
incolla sbagliato!). Si incontrano, cioè uniscono i loro cammini
congiungendo i loro linguaggi, e si adoperano affinché i due linguaggi
si possano intendere: possano essere compresi e non fra-intesi. Si tratta
di un difficile impegno, che a volte nemmeno tra un uomo e una donna che si
conoscono da anni si riesce a realizzare. La comunicazione è la
comunione di intenti non solo la trasmissione di impulsi.
Sappiamo bene che le nostre parole giunte al destinatario possono sortire
esiti differenti: possono essere travisate, non essere ascoltate per
distrazione, essere intese ma solo in parte...
Questo comporta
un avvicinamento della e-mail alle parole di una normale telefonata
(l'informalità ad esempio, regna sovrana!). La posta elettronica si pone
infatti come termine medio tra lo scritto e la parola. Mi limito soltanto
ad accennare alla questione della difficile permanenza di ciò che, pur
scritto, è scritto in bit. Scripta manent, è vero, ma gli e-scripta?
Forse volant al pari delle verba... o forse no...
Comunque, non ci disperdiamo. La connessione (visiva, uditiva) non è condizione sufficiente a
che ci sia comunicazione. È condizione necessaria, questo sì, ma non
sufficiente. Questo
comporta il rischio di una ipertrofia del presente che, si badi, è un presente senza
presenza. Passato
e futuro, attesa e ricordo vengono proiettati, nella connessione, in un'altra dimensione e
vengono fagocitati in un grande presente onnivoro dove tutto c'è, è
disponibile. In Internet tutto è presente (l'unica attesa è quella della connessione dovuta al modem
lento o a traffico telefonico, ma questo è un inconveniente).
Ora, dall'assoluta
disponibilità deriva l'essere-per-tutti. Le informazioni web sono tali
in quanto sono disponibili a tutti, la cultura in Internet è alla portata di
tutti. Si tratta di un notevole passo avanti e allo stesso tempo di un
evento che costringe la cultura stessa a ripensarsi. Ad affinarsi. Quando
sarà finito l'effetto sorpresa, e il vortice della routine prenderà anche
quelle che oggi sono le ultimissime novità tecnologiche, sarà
inevitabile un ricalibrarsi del contenuto di Internet.
Tutto può essere
condiviso on-line. Ma, al di là della novità, solo ciò che garantisce
uno standard qualitativo continuerà a sopravvivere. Il contenuto
acquisterà sempre maggiore rilevanza, e la cultura alla portata di tutti
sortirà un duplice benefico effetto:
1) un raffinamento contenutistico anche di quei siti che riguardano
argomenti non necessariamente fini culturalmente...
2) una maggiore disponibilità (democratica) di oggetti di qualità (quella qualità che
dura nel tempo) alla portata di ogni navigatore.
Ancora
qualche riflessione. Dal punto di vista dello scrittore, questa volta. Internet
costringe a pensare in modo diverso: iper-linguaggio. Un linguaggio la
cui regola di connessione interna è palese, svela al volgo culturale le modalità
del pensare stesso... anche se (come risvolto negativo) fa venir meno l'enigmatica magia dello scrivere. Anzi il
linguaggio si riduce quasi a struttura: l'iper-linguaggio
di Internet è un modello di pensiero ergonomico.
La
chat è chiacchiera... la comunicazione è fatica del pensiero...
In Internet è necessario che si veda la differenza. È il
soggetto umano che fa della Chat una cultura.
Concludendo queste poche riflessioni e ripensando la disequazione iniziale
(comunicazione & connessione) ecco che mi viene in mente lo slogan di questo dito:
I am, I think, I link. Rimando alla prossima volta
un approfondimento di questi tre livelli esistenziali.
Claudio
Fiorillo
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