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il Romanticismo

Sommario

1. Caratteri generali

2. Filosofia tedesca tra Illuminismo e Romanticismo

3. Dal Kantismo all'Idealismo

il Romanticismo

U.D. 1 Caratteri generali Torna all'inizio

La ricerca dell'assoluto e dell'infinito. Il Romanticismo non è un movimento unitario, è solo una mentalità che sarebbe impossibile definire. Vi sono caratteri simili (la polemica contro l’intellettualismo) e opposti (sentimento o no). Forma mentis comune a tutti è la ricerca di una via per l’assoluto.

Sentimento e arte. I romantici cercano altre vie d’accesso alla realtà e all’infinito, e altre maniere di realizzazione esistenziale. Prerogativa di molti letterati romantici (Schlegel, Novalis, Hölderlin) è l’esaltazione del sentimento: «Un Dio è l’uomo quando sogna, un mendicante quando pensa» (Iperione, I, 1).

Il sentimento e l’arte sono gli strumenti privilegiati di conoscenza, organi d’infinito, modelli dio ogni realtà ed esperienza, libera creatività... sono anche un modo per ergersi sopra la caoticità e dolorosità del mondo. “Al di sopra di ogni caos attinge all’eternità” (Wackenroder).

Religione. Anche la religione riesce a cogliere il tutto nelle parti, l’assoluto nel relativo, l’Unità nella molteplicità; essa è la via d’accesso privilegiata al reale, un sapere immediato. Proprio l’estetismo di Hölderlin e Novalis fa sentire a uomini come Schlegel la necessità di una fede. Ma c’è chi (Hegel) contesta all’estetismo e alla fede la nebulosità che impedisce di fare un discorso fondato sull’infinito: i difetti dell’illuminismo sono nell’intelletto di Kant, ma ormai siamo alla ragione!

L’infinito. L’infinito è il centro del Romanticismo, poi come si configura, e quali siano i suoi rapporti col finito... dipende. Possiamo così avere il panteismo (del primo Fichte, primo Schelling, primo Schlegel, Hölderlin, Hegel...) che è filosofia dell’identità, immanente in cui il finito è la realizzazione dell’infinito (può poi avere connotazioni naturalistiche, Schelling e Goethe, o idealiste); possiamo avere anche il trascendentismo o il teismo (secondo Schlegel) di chi si converte alla fede.

Vita, ironia ed evasione. La vita è dunque inquietudine, aspirazione struggente (Sensucht) verso l’infinito, sforzo (Streben) faustiano dell’io fichtiano impegnato nell’infinito superamento del finito: è di più sehnsucht è desiderio di desiderare secondo il sempre più e oltre. Ma è anche, la vita, ironia di chi non prende poi tanto sul serio il finito e il titanismo di chi si ribella al finito pur sapendo di non poter vincere (prometeismo di Goethe e Shelley). Di qui l’evasione nel tempo e nello spazio, verso l’armonia perduta dell’Ellade, del Medioevo, dell’esoterico, ma soprattutto nello spazio senza limiti dell’immaginazione.

Il romantico è un viandante ma non il cosmopolita dell’Illuminismo, al contrario è l’errante che ha perduto la «immediatezza felice» (Novalis, Schiller) e cerca di recuperarla (magari nella naive Dichtung, poesia ingenua). Siamo quindi nel dürftige zeit (tempo della privazione, Hölderlin), la storia è un regresso, ma forse anche un progresso verso il recupero.

Lo spirito, l’amore. Caratteristica del Romanticismo è anche lo spirito che coincide con l’uomo e che è l’attività infinita, inesauribile; e il soggetto senza di cui nessun oggetto sarebbe. Ma mentre l’idealismo di Fichte è etico, quello dei poeti non accetta più alcun limite, è un idealismo magico.
In questo contesto individualismo e antiindividualismo si alternano: dall’estremo individualismo di Novalis all’estremo statalismo di filosofi come Fichte e Hegel.
Altro argomento forte è l’amore globale e unificante, pieno di simboli (assoluto, uno-tutto, finito-infinito, Dio).

Storicismo e politica. Infine si parla pure di storicismo anti-illuministico: mentre nel Settecento la storia era fatta dall’uomo, ora lo è dalla Provvidenza o dallo Spirito (trascendente o immanente, comunque extraumano). Di qui la costante positività dell’omnia in bomun, dell’itinerarium mentis ad Deum.
Mentre l’Illuminismo si presenta come una forza critica, il R. è giustificazio-tradizionalista.
Dal punto di vista politico il Settecento era caratterizzato dal popolo, ora, l’Ottocento, è la nazione, il culto dell’autorità (prima tutti volevano vivere insieme, ora devono!).
Non dimentichiamo che il Romanticismo ha un io variopinto
, c’è anche una rivoluzione (Sturm und Drang), c’è la Restaurazione e il patriottismo...

Natura, pessimismo e ottimismo. E dal punto di vista della natura? Ecco un grande sentimento:, la natura è il tutto a cui tornare (Hölderlin, Goethe). Essa è organicistica, energetico-vitale, finalistica, spiritualistica, dialettica: solo il tutto vive (Franz Baader)! Ecco la riscoperta dell’anima del mondo.
I romantici sono melanconici, pessimisti, hanno una voluptas dolendi, ma al tempo stesso sono portati a scoprire il positivo oltre il negativo: “Alles is gut” (Hölderlin). Il massimo dell’ottimismo è il panlogismo  di Hegel.

Esponenti in letteratura.
In Inghilterra
: Wordsworth, Coleridge, Shelley, Byron, Keats, Scott, Austen, Green, Carlyle...
In Francia: Madame de Staël, René de Chateaubriand, Nodier, Victor Hugo, Lamartine, de Vigny, de Musset, Stendhal, Balzac, Sand, Cousin, Biran...
In Germania: Hamann (1730-1788), Herder (1744-1803), Jacobi (1743-1819), Schiller (1759-1805), Goethe (1749-1832), von Humboldt (1767-1835), Hölderlin (1770-1843), Schlegel (1772-1829), Novalis (1772-1801), Schleiermacher (1768-1834)...

U.D. 2

Unità didattica n. 2
Cfr. ...

 

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Hamann (1730 – 1788). Metacritica del purismo della ragione, postumo 1788. Contrappone la fede alla ragione (è mistico) come farà poi Kierkegaard. Kant distrugge la fede, il suo contemporaneo Hamann dice che essa costituisce l’uomo nella sua totalità. Come Hume la conoscenza è credenza, ma non (come Hume) empirismo, bensì fede mistica nella rivelazione immediata della natura e di Dio. Io mi trovo di fronte al mio Dio, è una cosa singola (sviluppi panteistici alla Bruno, Shaftesbury).

Herder (1744 – 1803). Metacritica alla critica della ragion pura (1799) e Idee per una filosofia della storia dell’umanità (1784-91). Critica il dualismo di Kant e torna all’unità dello spirito e della natura di Spinoza. Di qui la storia umana come progressivo sviluppo verso la realizzazione dell’umanità. La natura è un tutto vivente che ha prodotto l’uomo come suo miglior colpo. Mondo della natura e della storia sono in unità: la legge della storia, la progressiva organizzazione dell’umanità, è la legge della natura stessa. Sviluppi panteistici.

Friedrich Heinrich Jacobi (1743 - 1819). Nato a Düsseldorf il 25.01.1843, muore a Monaco il 10.03.1819. È autore particolarmente interessante. Le sue opere principali sono:

1777 Romanzi filosofici: Epistolario di Allwill e Woldermar

1785 Lettere sulla dottrina di Spinoza a Mosè Mendelssohn

1787 David Hume, über den Glauben

1799 Lettere a Fichte

1802 Trattato sull'impresa del criticismo di portare la ragione all'intelletto

1807 Le società scientifiche, il loro spirito e il loro scopo

1811 Le cose divine e la loro rivelazione

1815 Introduzione alla raccolta delle opere filosofiche

L'uomo ha la ragione come strumento. Questa consta di due rappresentazioni: l'incondizionato (Dio) di cui si ha una certezza immediata, e il condizionato (l'uomo stesso) la cui certezza è minore. Lo scopo di J. è difendere la validità della fede come sentimento dell'incondizionato (Dio) di contro al condizionato (uomo). Certezza della fede! Più certo l'incondizionato che il condizionato. Questa è fede che non si fonda su dimostrazioni. Si tratta di una filosofia della fede rigorosamente teista (Dio e natura sono divisi). La fede è quindi il sentimento dell’incondizionato di cui abbiamo più certezza che di noi stessi. Non è la ragione che ha l’uomo ma l’uomo che ha la ragione che però non è in grado di dimostrare Dio. Contro il panteismo ateo di Lessing e Spinoza, Cartesio e Leibniz: solo la fede ci rende certi della nostra esistenza, la fede è rivelazione.

Cartesio ha tentato di dimostrare Dio Creatore ma è pervenuto solo alla totalità del Deus sive Natura di Spinoza, così Leibniz, così Lessing. Tutti En kei Pan. Ogni razionalismo è panteistico e sostanzialmente ateo (in quanto identificazione di Dio e mondo, incondizionato e condizionato).

Contro l'ateismo e il razionalismo solo la fede. «Noi tutti siamo nati nella fede e nella fede dobbiamo restare» (Lett. Su Spinoza, tr. it. 123). «Noi affermiamo con assoluta convinzione che realmente le cose sono presenti fuori di noi. Io domando: su che cosa si fonda questa convinzione? In realtà su null'altro che su di una rivelazione che possiamo chiamare senz'altro veramente miracolosa» (Hume, in Werke II, 165).

Un'esistenza che si rivela presuppone un'esistenza che rivela, la fede sensibile è necessariamente fede in Dio, religione, naturale, non arbitraria, scritta nei cuori di tutti.

Negazione di ogni dimostrazione razionale di Dio che è solo oggetto di fede (come per Kant).

Ma Kant parla di una fede razionale ossia problematica, nei limiti, mentre Jacobi vede nella fede un effettivo rapporto dell'uomo con il mondo soprasensibile (percezione originaria).

Abbagnano: «La filosofia della fede costituisce un primo tentativo di sfuggire ai limiti che Kant aveva segnati alle possibilità umane».

Lo stesso Kant interviene con Che cosa significa orientarsi nel pensare (1786) per riaffermare che la fede non può che fondarsi su di un postulato della ragione pratica.

In conclusione la fede non è fideismo. È un sapere immediato «comandato dalla natura» (come per Hume alla base del belief c'era la «forza naturale») che può essere rivolto alle cose sensibili o alle cose divine, soprasensibili (la ragione).

Schiller (1759 – 1805). Lettere sull’educazione estetica (1783-5) e Sulla poesia ingenua e sentimentale (1795-6). Affronta il problema etico ed estetico: l’uomo morale (armonia di ragione e istinto) e quello in cui si realizza l’anima bella. L’uomo è fisico con i suoi bisogni e morale con la sua libertà; in più la ragione è unità e la natura è varietà: l’uomo è in tensione tra la legge della realtà (esterno) e quella della formalità (interno). L’istinto sensibile è la vita; quello formale è razionale. Ma ce ne è un terzo: l’istinto del gioco che sintetizza nella forma vivente. È il bello che conduce la materia alla forma e la forma alla materia, e così i bisogni alla libertà e la libertà ai bisogni. Lo stato estetico è la pura problematicità della libertà, il punto zero dell’uomo fisico e dell’uomo morale, l’unità e la possibilità di entrambi. In esso l’uomo si separa dal mondo che è così oggetto, ma in quanto bello è insieme suo stato e suo atto. Sulla poesia ingenua e sentimentale vede questa come riconquista di una perfezione perduta (naive Dichtung).

Goethe (1749 – 1832). La natura è l’abito vivente della divinità. Non si può giungere a Dio – Infinito – Assoluto se non per la natura. «Chi vuole l’essere supremo vuole tutto», «L’esistenza è Dio stesso». La natura è il fenomeno originale, non, come Kant, soggettivo. La vita è armonia di tutti gli opposti: l’arte e la natura si distinguono solo per gradi, il fine è lo stesso (più o meno consapevolmente).

Humboldt (1767 – 1835). Lo scopo dell’uomo è nell’uomo stesso, la sua formazione progressiva secondo l’ideale stesso di umanità: lo spirito dell’umanità. Pertanto la storia è lo sforzo dell’idea di conquistare l’esistenza, nell’individuo come nella nazione (ma lo stato serve solo a proteggere la sicurezza dell’uomo), in ogni evento. L’idea (di umanità) è caratterizzata dal linguaggio (non c’è nulla nell’uomo che non si trasformi nel linguaggio). Il linguaggio è la totalità, ogni sua parte è tale se nel tutto.

Hölderlin (1770 – 1843). Iperione è un giovane greco che vive in sogno l’infinita bellezza e perfezione della Grecia antica, che si incarna nella fanciulla Diotima. Ma egli lascia tutto per combattere e tradurre in realtà il suo ideale. Incontra sconfitta e delusione. Essere uno con il tutto, essere infinito. Solo la bellezza dell’arte può rivelare l’infinito. È la bellezza che mette in rapporto l’uomo con l’uno infinito. Come Minerva la filosofia nasce dal capo di Giove e a esso ritende. Anelito dell’infinito, esaltazione del dolore, poesia.

Schlegel (1772 – 1829). La poesia romantica è infinita, universale e progressiva. Essa assorbe in sé tutti gli oggetti della cultura. È libera ed essenzialmente religiosa (perché ogni relazione uomo-infinito è religiosa). Infatti un’artista può essere tale solo se ha una sua religione, un suo rapporto all’infinito. Il romantico nella poesia rappresenta una materia sentimentale in forma fantastica. Proprio le forme fantastica dell’espressione del sentimento implica l’indistinzione tra apparenza e verità, tra serio e scherzoso, in una parola: l’ironia.

Novalis (1772 – 1801). Discorsi sulla religione (1799), Monologhi e lettere confidenziali (1800), Critica della dottrina morale (1803), La fede cristiana (1821), poi postumi: Storia della filosofia, Dialettica, Etica, Estetica, Dottrina dello stato, Dottrina dell’educazione. Nulla è impossibile all’io. L’uomo coincide con la volontà divina. Questa è fede. Il mondo è un indice enciclopedico e sistematico del nostro spirito. Il mondo è quindi vivificato da me. Ecco l’idealismo magico dell’uomo che si dilata sino all’infinito. La matematica è l’espressione della potenza d’infinito dell’uomo. È vita divina. È religione. Ma la vera scuola del genio è l’arte. La poesia è una matematica senza limiti. La filosofia è la teoria della poesia, mostra ciò che essa è, e come essa sia uno e tutto.

Schleiermacher (1768 – 1834). Il moralismo critico tutto kantiano lo trattenne dall’accesso al soprasensibile, ma Jacobi e Fichte lo indirizzarono verso l’infinito. Rifiuta il razionalismo di Fichte ma non il suo infinito: anzi lo usa per la sua filosofia della religione autonoma dalla morale e dalla filosofia stessa. La filosofia e la morale vedono solo l’uomo. La religione vede l’infinito. Esso è il sentimento dell’infinito. Spinoza è il più alto religioso: la religione è infinita come lo è il sentimento. Ogni religione accenna oltre, cioè a qualcosa di incomprensibile ed inesprimibile. Quest’infinità della religione spiega la diversità delle religioni. Per quanto oscura possa sembrare l’intuizione del singolo è pur sempre l’intuizione dell’infinito, è un elemento dell’universalità della religione.

U.D. 3

Unità didattica n. 3
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Dal Kantismo all'IdealismoTorna all'inizio

Il problema del Kantismo è il dualismo fenomeno–noumeno. Come è possibile che la cosa in sé sia causa del fenomeno?

Reinhold (1758 – 1823). Lettere sulla filosofia di Kant (1786-8) e Nuova teoria della facoltà rappresentativa umana (1789). Cerca di ridurre ad unità il dualismo: la conoscenza è data da soggetto + oggetto, ossia forma + materia; entrambi servono, quindi anche la cosa in sé è un elemento essenziale della ricerca filosofica. Come tale la cosa in sé non può essere inconoscibile, deve essere un puro concetto.

Schulze (1761 – 1833). Rimprovera a Kant di non essere rimasto fedele allo spirito dell’empirismo, e di aver usato lo stesso ragionamento ontologico che rifiuta agli scolastici (a riguardo dell’universalità e necessità del pensiero di pensare la cosa in sé).

Maimon (1753 – 1800). La cosa in sé è impossibile, è radice di –a, un non concetto, un nulla. Il passo verso l’idealismo è fatto: riducendo a zero la cosa in sé, Maimon afferma l’intuizione intellettuale in quanto l’oggetto della intuizione sensibile è prodotto dal pensiero stesso.

Beck (1761 – 1840). Compendio esplicativo degli scritti del prof. Kant (1793-6), L’unico punto di vista possibile dal quale la filosofia critica può essere giudicata (1796), Abbozzo di filosofia critica (1796), Commentario alla metafisica dei costumi (1798). L’oggetto è la rappresentazione, prodotta dall’io con un atto di sintesi, e questa rappresentazione è la connessione originaria del molteplice, ossia l’oggetto. È l’io penso che produce l’oggetto (attraverso le categorie) e poi lo riconosce come oggetto di rappresentazione.

L’idealismo. L’idealismo infrange i limiti conoscitivi posti da Kant e inaugura la nuova metafisica dell’infinito che nasce dalla doppia esigenza di annullare il noumeno e di conquistare lo spazio lasciato da questo. È questo l’idealismo assoluto dei romantici, perché c’è pure quello gnoseologico che può essere problematico (Cartesio) o dogmatico (Berkeley) o trascendentale (Kant). Fichte e Schelling chiamano il loro idealismo soggettivo, assoluto ma anche trascendentale perché pone l’io penso come principio fondamentale della conoscenza. Soggettivo perché con Spinoza riduce tutto ad una unica sostanza. Assoluto perché è un principio (l’io, lo spirito) unico, tutto, fuori di esso non c’è nulla.

L’idealismo nasce quando Fichte sposta Kant dal piano gnoseologico al piano metafisico, abolendo lo «spettro» della cosa in sé, come qualcosa di estraneo all’io. L’io finito di Kant diventa infinito creatore: tutto è spirito.

L’attività umana è libertà creatrice.

Lo Spirito crea la realtà nel senso che l’uomo è la ragion d’essere dell’universo. La natura non è più nemmeno la materia, ma è solo il momento dialettico necessario della vita dello Spirito.

Quale è il mistero dell’universo? Che alzando il velo di Maia si vede… l’io! La realtà vanamente cercata fuori dell’io è scoperta dall’idealista nell’io. L’uomo è Dio (un Dio trascendente è una ciarla scolastica, un positivo senza negativo…).

L’idealismo è quindi panteismo spiritualistico non naturalismo (Dio è natura) né trascendentalismo (ebraismo o cristianesimo). L’idealismo è monismo dialettico contro ogni dualismo, metafisico o gnoseologico. La differenza tra i vari idealisti sta nel modo di intendere il rapporto finito – infinito.

Concludendo con un passo di Novalis da “I discepoli di Sais”: «Accadde ad uno di alzare il velo della dea Sais. Ma cosa vide? Egli vide – meraviglia delle meraviglie – se stesso».

Ultimo aggiornamento: sabato 22 marzo 2003


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