LETTERA DI p.MARIO Fugazza DEL 14 GEN 2001

NAMALU PARJSH

 P. O. Box 3872 KAMPALA
UGANDA - 14 Gennaio 2001

 

 

A tutti gli animatori dei gruppi Ram (con o senza gruppi)                                                                
Ai gruppi giovanili (Comboni, OrmeGiovani di San Severo,

A tutti igruppi Ram vecchi e nuovi                                                                                     
Boboto-Bondeko di Santo Stefano a Foggia)

A tutti gli amici

 

Carissimi,

mi sono buttato a capofitto nello studio della lingua; perciò sto spendendo molto tempo nell’imparare, nell’esercitarmi e memorizzare parole così complicate che le imparo la sera e al mattini già sono scomparse; cerco di fare pratica, stare con la gente, conoscere e provare a parlare anche se faccio ridere. Non è facile. Fino a qualche settimana fa predicavo, facevo catechesi, confessavo e ci provavo gusto; ora, e non so fino a quando, mi trovo in mezzo a gente a cui vorrei parlare, chiedere, condividere la Parola di Dio, esercitare il mio ministero Sacerdotale, e invece devo aspettare, fare silenzio e studiare. Ma è un buon esercizio di umiltà, di attesa paziente. Ho provato a comunicare in inglese, ma a parte alcuni studenti che hanno studiato o alcune parole che la gente conosce, per il resto è incomprensione assoluta. Non riesco neppure a dire che non so parlare; ma alla fine se ne rendono conto e rimane un senso di frustrazione e di urgenza.

Carissimi amici, per questo motivo vi scrivo un po’ in ritardo e vi sto scrivendo in maniera generale. Spesso vi penso e il desiderio di scrivervi personalmente si trasforma in un senso di colpa perché mi trovo incapace di farlo in breve tempo. E so che da quando ho salutato tutti voi sono già passati diversi mesi. Pensavo che dove mi trovo ora potevo usare la Posta Elettronica, ma mi sbagliavo; così anche questo mezzo è fuori discussione. Allora, questa sera mi sono messo seduto su un muricciolo, occhi fissi all’orizzonte, con il sole che tramontava e vi ho pensato tutti, affidandovi al Signore nella preghiera.

Voglio ringraziarvi per avermi lasciato venire, per avermi incoraggiato a partire e per avermi accompagnato in tanti modi. Vi sento qui con me, amici e compagni di viaggio e di avventura. Voglio ringraziarvi per questi anni vissuti insieme. Io non so che cosa voi abbiate ricavato dalla mia presenza; io sicuramente, in questi anni con voi, sono cresciuto (e non solo di età e in peso) nello spirito di missione; cresciuto nella voglia di fare le cose con radicalità e profondità. Il missionario che vedo qui con me oggi, è il missionario che voi, durante questi anni, con le condivisioni, le catechesi, le Messe celebrate, , con i colloqui e le attività fatte insieme, avete formato. Sento forte la voglia e la determinazione di vivere tutto ciò che abbiamo condiviso insieme. Il missionario che vedo oggi in me, lo vedo molto diverso da quello della prima esperienza di missione; nel mio modo di imparare la lingua, di stare e rapportarmi con la gente, nel guardare e osservare la gente e il loro stile di vita. Sarà anche il frutto dell’età; ormai comincio a fare i capelli bianchi; ma è anche frutto del cammino vissuto con voi tutti.

I miei occhi guardano con simpatia e profondità; continuano ad essere distratti; ma sono più coscienti del servizio che devono compiere al mio cuore e anche a voi; sono qui per prestare i miei occhi a voi e vedere anche a nome vostro. Le mie orecchie sono già abbastanza impegnate nel ceruare di capire la lingua e purtroppo ci vuole tempo e abitudine. Il mio naso cerca di cogliere gli odori della missione, anche se alle volte sono odori di sudore, di vestiti vecchi e poveri, anche l’odòre di un morto che ho seppellito subito qualche giorno dopo essere arrivato. Voglio accogliere e vivere questa missione anche con il naso. Con le mani cerco di comunicare dei segni di accoglienza e di tenerezza. Ho scoperto che qui, quando il sacerdote dice: “il Signore sia con voi”, alza le mani e la gente risponde anche loro alzando le mani. Io avevo visto fare questo gesto da un missionario giovane che lavorava in questi posto, che poi è stato ucciso, e anche io avevo adottato questo gesto. Perciò, sono risalito all’origine di questo gesto che mi piaceva e che ho sempre espresso anche in mezzo a voi (non so se velo ricordate). E infine ho ai piedi un buon paio di scarpe da tennis con cui ho cominciato a camminare, giocare a pallone e scalare le montagne intorno. E le scarpe si sono già tinte di colore rosso, il colore della terra africana.

Io non so se la mia vocazione è quella di essere missionario qui (per dire che non si è mai completamente sicuri e ci vuole una buona dose di fiducia in Colui che sa...); però guardandomi mi vedo contento di dove mi trovo. Vedo il futuro della mia vita pieno di attese e vedo che ho quello che mi serve per affrontare con fiducia le sfide della vita.

Sento che sto imparando a cogliere e gustare il buono della vita e trovare unità nel mio essere.

La mia vocazione? Essere semplice, vivere con gente semplice, cercare insieme a gente semplice il pozzo dell’acqua viva che ci può rinfrescare tutti. Trovare la pace dentro se stessi; trovare il luogo giusto in cui sedersi e guardare con occhi nuovi, privi di ansietà e pieni di fiducia, il tramonto di un altro giorno e sentirsi al posto giusto: sono in pace con me stesso e con il mondo; non provo rancore e voglio bene a tutti; mi sento libero e sereno.

Guardo la gente, la vedo povera, stracciata, malmessa, ma sorretta da una dignità viva e forte. E mi chiedo: ma cosa porto, che cosa auguro a loro? Benessere, opportunità, gioia (ce ne hanno più di noi), cose materiali, capacità di rapporti profondi, rispetto? Sono loro che devono diventare ricchi e agiati come me,o io che devo diventare povero come loro? Credo che sia la seconda strada. Ho già fatto il primo viaggio, fino qui; ma quello più difficile è quello di diventare missionario povero e radicale a loro livello. E questo viaggio ancora non lo faccio. C’era un padre (ora si trova in Sudan) che stava per un mese in giro a piedi, di villaggio in villaggio tra la gente, per parlare e dialogare con loro. Le scarpe ce le ho; la lingua tra poco; il coraggio .... Vediamo e preghiamo. Per ora vi saluto e vi faccio gli auguri per un buon cammino Ram. In gamba!!!

 

Con tanto affetto

 

 

 

PS. Avevo finito questa lettera, la stavo spedendo, quando mi hanno rubato la borsa con lettere, agende, indirizzi, e altre cose. Il processo di impoverimento pare che sia iniziato. Per favore, scrivetemi e mandatemi i vostri indirizzi così mi posso tenere In contatto con voi personalmente. Mandatemi se potete i fogli degli indirizzi dei campi. Niente paura; il Signore mi tiene sempre non una ma due mani sulla testa. Ho perso gli indirizzi ma non ho perso gli amici. Di nuovo vi saluto. EJOK! Tutto bene.

 

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