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Quando si costringe alla clandestinità…

 

Mi chiamo  Gianluca Chiariello, sono un ragazzo 24 enne, volontario presso alcuni centri d’accoglienza e case famiglia della provincia di Foggia che ospitano ragazzi minori in prevalenza albanesi .

Questi  ragazzi, come tutti i ragazzi extracomunitari che si accingono a  diventare maggiorenni,  vivono il dramma di dover presto essere cacciati via dall’Italia con  regolare decreto di espulsione (foglio di via),  per gli effetti di una legge del febbraio scorso.

 A causa di questa legge il giorno del loro diciottesimo compleanno,  i neomaggiorenni si devono presentare agli uffici della questura con almeno un contratto di lavoro e la prova di poter disporre di una sistemazione stabile, altrimenti inevitabilmente e senza distinzioni o eccezioni ricevono il foglio di via.

 

Invece precedentemente alla suddetta legge un ragazzo che compiva la maggiore età e che usciva dagli stessi centri otteneva un permesso di soggiorno temporaneo che avrebbe potuto rinnovare solo se fosse riuscito a trovar lavoro e una casa.

Dunque prima aveva almeno una possibilità di dimostrare la sua buona volontà e il suo impegno. Ora tale possibilità gli viene negata!

 Ma come può un ragazzo appena uscito da un centro di accoglienza, dove ha l’obbligo di rimanere fino alla maggiore età, trovarsi in mano 2  contratti, quello di casa e quello di lavoro, quando la loro condizioni di minori posti in affidamento ai responsabili dei vari centri non permette loro di trovare un lavoro e di conseguenza neanche di affittare un alloggio? 

 

Inoltre per dimostrare che si abbia un lavoro o anche  soltanto una proposta di lavoro c’è bisogno di un libretto di lavoro (un’iscrizione all’ufficio di collocamento) che le aziende chiedono rigorosamente. Ma all’ufficio di collocamento non rilasciano libretti di lavoro a chi è sprovvisto di permesso di soggiorno. Allora ecco un tipico esempio  del cane che si morde la coda. Un circolo vizioso di leggi e di burocrazia dal quale è impossibile uscirne.

 

Insomma, lo Stato accoglie questi ragazzi dall’età di 15-16 anni, sistemandoli  nei centri di accoglienza con una spesa di circa 30.000 £ a ragazzo per giorno,  mette loro  a disposizione tutti gli strumenti formativi (corsi di lingue in italiano , scuole di formazione professionali presso le stesse scuole pubbliche) per poi metterli alla porta in modo, di principio, ingiusto una volta giunta la maggiore età.Che senso a tutto questo?!

 Oltre a queste risorse economiche che lo Stato impiega, c’è da considerare l’enorme impegno  del popolo dei volontari, che s’impegnano fino all’inverosimile dando  un contributo ineguagliabile; tante persone che dedicano  parte del loro tempo a manifestare  con gesti concreti  una solidarietà verso questi ragazzi meno fortunati perché credono in un loro inserimento civile nella società.

 Ci sono molti ragazzi, che passati dai nostri centri e raggiunta la maggiore età ( prima dell’entrata in vigore della suddetta legge) hanno trovato impiego lavorativo presso le industrie del nord, le quali come tutti sappiamo sono in crisi per la mancanza di manodopera specie quella metalmeccanica. I ragazzi neomaggiorenni che ora rischiano l’espulsione, grazie anche ai loro  amici già inseriti come operai nelle fabbriche  , hanno ricevuto proposte lavorative che vorrebbero ma non possono accettare perché sprovvisti del famigerato permesso di soggiorno.

 Personalmente mi sento molto impotente di fronte al dramma che questi ragazzi  stanno vivendo. Temo proprio che i loro sacrifici di vivere lontani da casa, di aver “stazionato” per due a volte anche tre anni in strutture di accoglienza,  rispettando tutte le regole e norme a loro imposte non sia servito assolutamente a nulla!! Molti hanno dichiarato apertamente che l’unica alternativa ad una nuova vita di stenti nella loro patria sia vivere in clandestinità!

 Io ed altri stiamo lavorando moltissimo per sradicare  dall’opinione pubblica i tanti luoghi comuni sugli extracomunitarie e sugli albanesi in particolare. Purtroppo  la cronaca dei mass media è sempre quasi nera, quando ci si riferisce a loro . Nessuno racconta  la vita di quei molti  che conducono una vita civile, dignitosa  e nel pieno rispetto delle regole. Noi, per esempio, conosciamo molti giovani albanesi per i quali possiamo dare una   testimonianza positiva sulla loro vita  nella  nostra comunità.

 Non vi chiedo un atto di umanità, non sarebbe  questa la sede giusta, ma vi chiedo soltanto di dare voce a chi non ha voce, di spiegare per amor di verità fino  in fondo  le storie di questi ragazzi che non tutti sembrano conoscere .

 

Grazie per l’attenzione dedicatami.

 

                                                                     Gianluca Chiariello ( lucachiary@tiscalinet.it )

                

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