Comitato per la Difesa dei Referendum Elettorali e del Collegio Uninominale

Boselli (ed altri) e il referendum elettorale

Enrico Boselli, nell'intervista pubblicata sul Messaggero di oggi, afferma che alcuni esponenti del Comitato referendario starebbero cercando di intimidire la Corte costituzionale, affinché essa decida non secondo le norme, ma secondo politica.

Boselli sembra lasciar intendere l'esistenza di un'arma giuridica segreta contro il referendum. Ci piacerebbe confrontare i nostri argomenti con quelli di Boselli e degli altri propugnatori dell'inammissibilità del quesito, ma, purtroppo, non si può confutare ciò che non è dato conoscere.

Ma veniamo al merito. Il quesito referendario elettorale è stato disegnato per aderire alla giurisprudenza consolidata della Consulta. E, finora, contro di esso non è stato sollevato alcun argomento giuridico consistente.

Il referendum abolisce, una volta per tutte, i trucchi elettorali vigenti (scorpori, liste bloccate), precludendo quelli ipotizzati (premi di maggioranza o doppi turni truccati). In base alla normativa di risulta, il 25 % dei seggi sarebbe assegnato ai candidati migliori sconfitti nei collegi uninominali.

Il referendum sulle leggi elettorali è infatti ammissibile soltanto quando ne risulti un sistema elettorale perfettamente efficiente : ecco perché non si può abolire incondizionatamente il recupero proporzionale di lista senza provvedere altrimenti all'elezione di quel 25% di deputati. Conformemente alla giurisprudenza della Corte costituzionale, inoltre, il sistema di recupero dei migliori dei non eletti nel maggioritario sarebbe conseguenza dell'espansione fisiologica di una norma già presente nella legge elettorale per la Camera.

Per effetto del referendum, gli elettori avrebbero finalmente l'ultima parola sulla elezione di tutti i deputati, poiché il recupero avverrebbe unicamente in base alla quantità di voti ottenuti dai singoli candidati e non in virtù del mero inserimento in una lista di intoccabili (proporzionale o pseudo-maggioritaria). Peraltro, il cd. maggioritario di lista, già adottato per l'elezione dei consigli regionali, non ha dato prova di grande efficacia nella prevenzione dei ribaltoni.

Il referendum, infine, riportando la competizione elettorale nei collegi uninominali, renderebbe la scelta del Parlamento molto più semplice, riducendo le opzioni di riforma elettorale a due : sistema elettorale uninominale anglosassone a turno unico o a doppio turno francese.

Boselli denuncia "il chiaro tentativo dei Ds di cambiare le leggi elettorali a loro vantaggio". Al tempo del referendum sul Senato, c'era chi lo riteneva strumento di perpetuazione del prepotere della Dc. E qualcuno accusò perfino il referendum sulla preferenza unica di essere incostituzionale perché avrebbe colpito gli analfabeti ! L'inconsistenza di tali argomenti si dimostra da sé.

Come ha riconosciuto lo stesso Franceschini, il sistema post-referendario produrrebbe chiari esiti bipartitici (e non semplicemente bipolari). E non è difficile crederlo: se nel '96 si fosse votato con il sistema di risulta, la percentuale di voti necessaria ai " recuperati " per entrare in Parlamento sarebbe oscillata tra il 34 e il 49 per cento!

Ciò che invece spaventa trasversalmente un po' tutti, è la semplice circostanza per cui, se ci si avvia verso il bipartitismo, i partiti non possono restare gli stessi. Ma, soprattutto, devono cambiare i metodi, senza nemmeno il bisogno di norme "antiribaltone" dall'efficacia tutt'altro che scontata. Chi infatti volesse tentare, in barba agli impegni elettorali, improvvide trasmigrazioni, dovrebbe fare i co nti con la selettiva prova del recupero dei migliori sconfitti, e, dunque, convincere gli elettori di meritare ancora i loro voti.

Milano, li 3 gennaio 1999

Emilio Colombo
Marco Nardinocchi

 

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