Comitato per la Difesa dei Referendum Elettorali e del Collegio Uninominale

Requiem per il proporzionale
Progetto referendario per difendere il sistema elettorale
uninominale maggioritario e sgominare la congiura di Casa Letta

1. Introduzione
2. Dal Referendum Segni alla legge Mattarella
3. I quesiti per l'abolizione incondizionata del recupero del 25%
4. La legge Rebuffa
5. Il quesito elettorale opportunista per la Camera dei Deputati
6. Il quesito elettorale opportunista per il Senato della Repubblica
7. Mondatura della legge Tatarella per sabotare gli accordi di casa Letta

1. Introduzione

La vittoria del referendum Segni del 1993 -che, con il collegio uninominale, ha avvicinato gli elettori agli eletti- rischia di essere vanificata dall'estremo tentativo di restaurazione della partitocrazia, che sarà realizzato attraverso bizantinismi (già sperimentati con la legge Mattarella prima, e con la Tatarella poi), il cui scopo è fuor di dubbio stemperare la responsabilità politica degli eletti nei confronti degli elettori (con liste proporzionali, collegamenti surrettizi, premi di maggioranza conferiti a liste di intoccabili).

E infatti, si sta ormai delineando con estrema precisione la controriforma elettorale che ci attende: il Tatarellum a doppio turno, che certo non potrà convivere con i collegi uninominali. Nel primo turno, voteremo con il sistema proporzionale per le liste di partito; tra il primo e il secondo turno, ci saranno i collegamenti ulteriori, per consentire alle liste piú anodine di ricattare le liste maggiori, e fino all'ultimo voto; nel secondo turno, ci sarà il premio di maggioranza per la coalizione che piú abilmente avrà condotto la campagna acquisti.

Il progetto referendario elettorale del Comitato per la difesa dei referendum elettorali e del collegio uninominale si propone di:

1) abolire le liste e la scheda proporzionali nel sistema elettorale per la Camera dei Deputati;

2) lasciare immutato il meccanismo (uninominale-maggioritario) di elezione del 75% dei deputati e dei senatori;

3) IMPORTANTE: eleggere il restante 25% di deputati e senatori recuperando i migliori dei candidati sconfitti nei collegi uninominali, a livello di singole circoscrizioni;

4) sabotare il la legge Tatarella -base ideologica dell'assalto degli inciucisti al collegio uninominale-, per scongiurarne la trasposizione nei sistemi elettorali di Camera e Senato.

I vantaggi dei nostri quesiti opportunisti su Camera e Senato (cosí denominati per distinguerli da quelli incondizionati), che dimostreremo essere possibili e in accordo con l'attuale e consolidata giurisprudenza costituzionale, sono presto detti:

1) il sistema risultante è MAGGIORITARIO e UNINOMINALE, nonché, costringendo all'aggregazione i poli, necessariamente anche bi-tripartitico. E la ragione è semplice: diversamente da quanto disposto dalla vigente legge elettorale per il Senato, qui il residuo 25 per cento di seggi sarebbe attribuito non a "gruppi" di candidati, ma singolarmente ai cd. "migliori perdenti" nei collegi uninominali della circoscrizione, per meriti propri e non di lista, ogni non eletto concorrendo in quanto tale all'attribuzione dei seggi vacanti. Conseguentemente, il terzo, o quarto, o quinto, o sesto, etc. candidato in ogni collegio, non avrebbe alcuna speranza di essere recuperato: la competizione, per ragioni meramente aritmetiche, sarebbe naturalmente circoscritta ai secondi arrivati in un terzo dei collegi uninominali della circoscrizione (essendo di 3 a 1 il rapporto tra i collegi uninominali e i seggi da attribuire con il metodo residuale);

2) consentirebbero alla Corte costituzionale una decisione non equivoca (quale che essa sia), poiché sono chiari, univoci e omogenei, e la normativa di risulta sarebbe, in entrambi i casi, immediatamente applicabile. Infatti, la Consulta dovrà o ammettere i quesiti opportunisti, dando quindi seguito alla propria giurisprudenza consolidata, o rigettarli, dovendo però definitivamente vietare, sic et simpliciter, lo svolgimento di qualsivoglia referendum elettorale.

Cosí, ad esempio, secondo il sistema elettorale derivante dai referendum: in Abruzzo, che ha 14 deputati, di cui 11 eletti col maggioritario e 3 col proporzionale, passerebbero i vincenti degli 11 collegi piú i 3 candidati che abbiano perso con la percentuale di voti piú alta; in Toscana, che ha 19 senatori, di cui 14 eletti con il maggioritario e 5 col recupero dei resti, passerebbero i vincenti nei 14 collegi, piú i 5 candidati che abbiano perso con la percentuale di voti piú alta nei 14 collegi uninominali.

Va rilevato che il referendum non comporterebbe neanche la rinuncia al doppio turno su base uninominale; anzi, renderebbe la scelta del Parlamento molto piú semplice, riducendo le opzioni a due: sistema elettorale uninominale anglosassone (di fatto suffragato dal risultato del referendum) o sistema elettorale uninominale a doppio turno francese.

Va inoltre detto che, se anche per ipotesi la Corte ammettesse tutti i referendum elettorali, non si creerebbero conflitti tra i quesiti, essendo i quesiti opportunisti dei sottoinsiemi di quelli per l'abolizione incondizionata del 25 per cento di quota proporzionale (effetto matrioska): si potrebbe, pertanto, votare su tutti e quattro.

Il sabotaggio del Tatarellum, invece, non potendo conseguire risultati apprezzabili sulla via del collegio uninominale, dovrà semplicemente servire come monito esemplare al legislatore inciucista. Non si può peraltro far a meno di rilevare che il Tatarellum rappresenta l'imo della cultura e della tecnica giuridica. È quindi anche per ragioni estetiche che se ne propone la mondatura.

Non sappiamo ancora se e che cosa la Commissione bicamerale per le riforme partorirà: forse sarà innalzato il numero di firme necessarie per richiedere il referendum, o forse la materia elettorale sarà sottratta (legalmente) a referendum. Di certo, il referendum approvativo del lavoro della Commissione bicamerale difficilmente si svolgerà prima della primavera del 1998, e quindi, con grande probabilità, sarà votato insieme con il nostro: un'occasione piú unica che rara.

Milano, li 14 febbraio 1997

Emilio Colombo
Marco Nardinocchi

 


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2. Dal Referendum Segni alla legge Mattarella

2.1. La Corte costituzionale (sent. n. 32/1993), ammettendo il secondo quesito referendario cd. Segni sulla legge elettorale per il Senato (la precedente analoga richiesta era stata dichiarata inammissibile con Sent. n. 47 del 1991), ha confermato che "Sono assoggettabili a referendum popolare anche le leggi elettorali relative ad organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, alla duplice condizione che i quesiti siano omogenei e riconducibili ad una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell'eventualità di inerzia legislativa, la costante operatività dell'organo. Quando siano rispettate tali condizioni, è di per sé irrilevante il modo di formulazione del quesito, che può anche includere singole parole o singole frasi della legge prive di autonomo significato normativo, se l'uso di questa tecnica è imposto dall'esigenza di "chiarezza, univocità e omogeneità del quesito" e di "una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative", sí da consentire agli elettori l'espressione di un voto consapevole (sent. n. 47 del 1991)."

2.2. Il secondo referendum elettorale cd. Segni mirava, abolendo il quorum del 65 per cento dei voti espressi, richiesto per l'elezione del senatore nel collegio uninominale, ad invertire le due distinte fasi in cui era organizzato il procedimento di assegnazione dei seggi: la fase uninominale-maggioritaria e la fase plurinominale-proporzionale. La prima, da ipotesi residuale veniva trasformata in regola generale; la seconda diveniva, conseguentemente, norma di chiusura.

La legge elettorale per il Senato operava infatti, prima del referendum Segni, nel modo seguente:
a) fase uninominale-maggioritaria (art. 17, comma 2, legge 6 febbraio 1948, n. 29): per essere eletto, il candidato nel collegio uninominale doveva ottenere almeno il 65 per cento dei voti validamente espressi. Il mancato raggiungimento di tale quorum nella maggior quantità di collegi possibile era divenuta condizione necessaria per il funzionamento della legge, imponendo il passaggio alla:
b) fase plurinominale-proporzionale (art. 19, comma 2, legge 6 febbraio 1948, n. 29): i voti raccolti dai candidati uninominali in ogni collegio nel quale non fosse avvenuta l'elezione del senatore con il 65% dei voti validi, concorrevano a formare, con i voti dei candidati collegati allo stesso gruppo regionale e presentatisi nei collegi in cui parimenti non fosse avvenuta l'elezione, il quoziente elettorale regionale di gruppo. Sulla base di tale quoziente, i seggi ancora da attribuire (di solito, tutti) erano quindi distribuiti, con metodo proporzionale, tra i vari gruppi di candidati; e, all'interno dei vari gruppi, si procedeva all'elezione dei senatori secondo la graduatoria decrescente dei quozienti individuali dei singoli candidati (ovvero, in base alla percentuale conseguita da ogni candidato nel proprio collegio di presentazione).

Il passaggio alla seconda fase era indispensabile per consentire l'elezione di tutti i senatori, in quanto, mentre il numero dei membri elettivi del Senato fu nel 1963 costituzionalmente fissato in 315, il numero dei collegi (238) non era stato praticamente piú rivisto dopo la distribuzione avvenuta nel 1948. Infatti, se in tutti i collegi uninominali fosse stato eletto un candidato con il 65 per cento dei voti, non sarebbero rimasti piú voti per calcolare i quozienti elettorali regionali di gruppo, con la conseguente impossibilità di assegnare i 77 seggi residui.

2.3. Il referendum Segni, abbattendo il quorum del 65 per cento dei voti alla semplice maggioranza relativa, ha conseguentemente dovuto abolire anche la norma che rendeva inutilizzabili -ai fini del calcolo del quoziente elettorale regionale di gruppo- i voti dei candidati presentatisi nei collegi dove fosse avvenuta l'elezione maggioritaria, ormai non piú eventuale e estremamente improbabile, ma certa.

2.4. È noto come, in seguito, il Parlamento abbia deciso di modificare la legge elettorale per il Senato, principalmente per ridistribuire equamente i collegi tra le Regioni (senza incidere sostanzialmente sulla struttura della legge derivante dal referendum vittorioso), e quella per la Camera dei Deputati, approvando la legge 4 agosto 1993, n. 277 (cd. Mattarellum).

 


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3. I quesiti per l'abolizione incondizionata del recupero del 25%

3.1. Sfortunatamente, i quesiti per l'abolizione totale e incondizionata della quota proporzionale del 25 per cento, per due volte promossi dalla lista Pannella, e testé rigettati -e per la seconda volta- dalla Consulta (Sentt. n. 5/1995 e n. 26/1997), pur presentando una "evidente finalità intrinseca abrogativa", non si conciliavano con "la suprema esigenza di salvaguardia della costante operatività dell'organo [costituzionale]", che implica che esso non possa "essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione" [Sent. n. 29/1987].

3.2. Invero, "Per quanto riguarda in particolare il Parlamento, va ribadita l'assoluta indefettibilità di un sistema elettorale permanentemente efficiente (tale da non ammettere neppure ambiguità o incertezze normative: cfr. Sent. n. 47/1991), in guisa che, in qualsiasi momento della vita dello Stato, sia garantita la possibilità di rinnovamento delle Camere [...]. L'esigenza fondamentale di funzionamento dell'ordinamento democratico rappresentativo non tollera soluzioni di continuità nell'operatività del sistema elettorale del Parlamento: una richiesta di referendum che esponga l'ordinamento a un tale rischio non potrebbe, pertanto, che essere dichiarata inammissibile" [cit. Sent. 5/1995].

 


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4. La legge Rebuffa

4.1. La legge Rebuffa dovrebbe (o avrebbe dovuto) conferire rango di legge ordinaria alla teoria della cd. ultrattività delle leggi elettorali. Teoria che, fondandosi sul principio di continuità delle leggi elettorali, differirebbe la cessazione dell'efficacia della precedente normativa elettorale al momento in cui la nuova normativa fosse completa e, quindi, operativa.

4.2. Quando la Corte costituzionale dovrà decidere sull'ammissibilità dei due quesiti incondizionati e dei due quesiti opportunisti, si avranno due casi:
a) la legge Rebuffa non ci sarà (perché non approvata o, come sostiene Leopoldo Elia -le cui opinioni convergono spesso con quelle della maggioranza dei giudici costituzionali-, perché dichiarata incostituzionale nel corso del giudizio di ammissibilità dei referendum elettorali);
b) la legge Rebuffa sarà in vigore (ipotesi oramai poco piú che scolastica).

Nel primo caso, il rischio di bocciatura dei quesiti incondizionati sarebbe maggiore, ma i nostri quesiti opportunisti passerebbero comunque. Nella seconda ipotesi, invece, passerebbero sí tutti e quattro i quesiti, ma, mentre i due vecchi referendum sarebbero di fatto consultivi -in quanto, non essendo autoapplicativi, sarebbero sospesi fino al benevolo intervento integrativo del Parlamento (non si sa quanto sollecito)-, i due referendum opportunisti diverrebbero comunque operanti da subito, causando l'inevitabile smottamento politico, di cui s'è detto.

4.3. E quindi, diciamocelo, la legge Rebuffa, nonostante le piú che lodevoli intenzioni che l'ispirano, è viziata da incostituzionalità in quanto e nella misura in cui degraderebbe il referendum elettorale (con effetti non autoapplicativi), in fatto e in diritto, a referendum consultivo, l'efficacia del referendum essendo sospesa sine die.

4.4. Pertanto, se l'obiettivo comune è di permettere agli elettori di censurare l'inquinamento proporzionalistico presente nelle due leggi elettorali, i nostri due quesiti opportunisti sarebbero parimenti efficaci sotto il profilo politico, ma con la non trascurabile differenza di esserlo anche sotto il profilo giuridico.

 


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5. Il quesito elettorale opportunista per la Camera dei Deputati

1. Attuale funzionamento della legge elettorale per la Camera dei deputati

1.1. La vigente legge elettorale per la Camera dispone:
1) l'elezione del 75 per cento dei deputati in 475 collegi uninominali e la distribuzione del restante 25 per cento di seggi tra le liste proporzionali, previo scomputo di una quota variabile dei voti ottenuti nei collegi uninominali dai candidati eletti e ad esse collegati. Qualora una lista, esauriti i propri candidati, abbia diritto ad altri seggi, sono recuperati i candidati uninominali ad essa collegati, nell'ambito della circoscrizione, e risultati non eletti nel rispettivo collegio, secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali (art. 77, comma 1, numero 3) e 4)). La cifra individuale corrisponde alla percentuale di voti conseguita dal candidato nel collegio uninominale;
2) il divieto di candidature indipendenti, dovendo i candidati uninominali essere collegati, a pena di nullità della candidatura, con una lista proporzionale.

1.2. Sull'asserita obbligatorietà del collegamento - In effetti, secondo la lettera del Testo Unico n. 361/57 e l'interpretazione costante e uniforme data dagli Uffici elettorali circoscrizionali e dall'Ufficio centrale nazionale, il collegamento deve sussistere solo al momento della presentazione delle candidature, scindendosi da quel momento i destini delle candidature uninominali da quelli delle liste collegate. Il decreto legislativo di coordinamento 20 dicembre 1993, n. 534 (a firma anche del prof. Leopoldo Elia), infatti, ha omesso di includere, tra le competenze dell'Ufficio elettorale circoscrizionale, l'accertamento della sussistenza di un attuale ed effettivo collegamento dei candidati uninominali con liste validamente presentate nella circoscrizione. In altre parole, se la lista proporzionale è ricusata, il candidato uninominale collegato solo ad essa non ne segue le sorti.

 

2. IL NUOVO QUESITO ELETTORALE PER LA CAMERA DEI DEPUTATI

2.1. Condizioni di ammissibilità costituzionale dei referendum elettorali - La Corte costituzionale (sent. n. 32/1993), ammettendo il secondo referendum cd. Segni sulla legge elettorale per il Senato (la precedente analoga richiesta di referendum era stata dichiarata inammissibile con Sent. n. 47 del 1991), ha confermato che "Sono assoggettabili a referendum popolare anche le leggi elettorali relative ad organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, alla duplice condizione che i quesiti siano omogenei e riconducibili ad una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell'eventualità di inerzia legislativa, la costante operatività dell'organo. Quando siano rispettate tali condizioni, è di per sé irrilevante il modo di formulazione del quesito, che può anche includere singole parole o singole frasi della legge prive di autonomo significato normativo, se l'uso di questa tecnica è imposto dall'esigenza di "chiarezza, univocità e omogeneità del quesito" e di "una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative", sí da consentire agli elettori l'espressione di un voto consapevole (sent. n. 47 del 1991)."

L'operazione referendaria è resa possibile e chiara dall'univocità e dall'omogeneità del quesito che, abolendo le liste proporzionali e la relativa scheda, copre il conseguente vuoto legislativo appoggiandosi sulla previsione di cui all'art. 77 (recupero dei candidati uninominali non eletti nella quota maggioritaria per coprire i seggi conquistati in eccedenza dalla lista proporzionale ad essi collegata), rendendo quindi il principio del recupero dei migliori dei non eletti nel maggioritario norma generale per la copertura del residuo 25 per cento di seggi. Non operando piú il vincolo di collegamento -preordinato al funzionamento del cd. scorporo nel sistema proporzionale-, risulterebbero quindi eletti i migliori perdenti, collegio per collegio (artt. 1, comma 4, 77, comma 1, numeri 3) e 4), 84, comma 1).

2.3. Effetti e razionalità intrinseca del quesito - "Il quesito referendario deve "incorporare l'evidenza del fine intrinseco all'atto abrogativo", cioè la puntuale ratio che lo ispira (sent. N. 29 del 1987), nel senso che dalle norme proposte per l'abrogazione sia dato trarre con evidenza "una matrice razionalmente unitaria" (sentt. Nn. 16 del 1978; 25 del 1981), "un criterio ispiratore fondamentalmente comune" o "un comune principio, la cui eliminazione o permanenza viene fatta dipendere dalla risposta del corpo elettorale" (sentt. n. 22, 26, 28 del 1981; 63, 64, 65 del 1990)" [cit. sent. 47/1991].

Il fine intrinseco del nostro referendum è chiaramente incorporato nel quesito: il voto che il corpo elettorale è chiamato a esprimere è inequivocabilmente diretto all'abolizione (o al mantenimento) del meccanismo di recupero proporzionale e di tutti gli istituti ad esso preordinati (collegamento, scorporo e scheda).

2.4. Sulla matrice razionalmente unitaria del quesito - La matrice razionalmente unitaria del quesito è altrettanto chiara: la quota proporzionale, non potendo essere abolita incondizionatamente, sarebbe sostituita con un sistema di recupero fondato sui risultati conseguiti dai singoli candidati non eletti nei collegi uninominali della circoscrizione.

2.5. Sul requisito di "alternatività" del quesito referendario - Il nuovo referendum elettorale, proponendo agli elettori l'instaurazione di un nuovo sistema di elezione del 25 per cento dei deputati, in sostituzione del vigente sistema proporzionale con scorporo, presenta dunque anche il requisito di "alternatività -condizione di chiarezza del quesito- tra la disciplina vigente, di cui si chiede l'abrogazione, e quella che ne residuerebbe." [cfr. Sent. n. 40/1997 (Istruzione pubblica) - Cons. in diritto - 2.].

Esaminando il quesito sull'Istruzione pubblica [sent. n. 40/1997], la Corte osservò invero che il quesito non si proponeva "un intento meramente eliminativo ma, attraverso una abrogazione parziale, mira[va] di per sé all'instaurazione di un sistema diverso, in sostituzione di quello attualmente vigente. Ma, quale sia tale sistema resta obiettivamente e insuperabilmente incerto, mancando l'alternatività [...]".

2.6. Sulla presunta manipolatività del quesito - Non sarà inutile sottolineare come il nuovo quesito referendario non sia manipolativo nel senso considerato come inammissibile dalla giurisprudenza costituzionale.

Come la Corte ha avuto modo di ribadire nella sent. n. 36/1997 [RAI-TV], infatti, "il proprium del referendum abrogativo" è produrre "un effetto di ablazione puro e semplice"; l'eventuale effetto cd. manipolativo del quesito deve dunque derivare "dalla fisiologica espansione delle norme residue, o dai consueti criteri di autointegrazione dell'ordinamento".

Il quesito rigettato con la sent. n. 36/1997 (pubblicità Rai), invero, mirava alla "sostituzione della norma abroganda con altra assolutamente diversa, non derivante direttamente dall'estensione di preesistenti norme o dal ricorso a forme autointegrative, ma costruita attraverso la saldatura di frammenti lessicali eterogenei": profilo che poneva in luce "il carattere propositivo del quesito stesso".

Una proposta referendaria è dunque propositiva, e quindi inammissibile, quando abbia un effetto costitutivo di nuove norme. Nel caso del referendum sulla RAI-TV, tale effetto costitutivo si sarebbe realizzato "attraverso l'ipotizzata saldatura tra due elementi lessicali appartenenti a due norme completamente diverse".

In conclusione, la consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di referendum elettorali concilia i due principi della non manipolatività e dell'autoapplicatività consentendo il ricorso anche ad abrogazioni parziali, che producano l'espansione del campo di applicazione delle norme residue. In questo caso, gli effetti espansivi di norme preesistenti devono discendere in modo naturale, come conseguenza necessitata, dalla richiesta abrogativa, e non essere prodotti unendo artificiosamente parti di norme differenti.

2.7. Sulle abrogazioni sussidiarie e sulla teoria del sottoinsieme - La corte costituzionale (sentt. 5/1995 e 26/1997) ha dichiarato che il quesito referendario per l'abolizione incondizionata della quota proporzionale presentava tutti i requisiti richiesti, respingendolo perché non consentiva l'elezione di un quarto dei membri della Camera. Il quesito elettorale opportunista, consentendo per contro l'elezione del restante quarto di deputati, dovrebbe avvalersi (in quanto sottoinsieme di quello respinto con le due citate sentenze) del giudizio di "chiarezza, univocità e omogeneità" espresso dalla Corte costituzionale sul quesito incondizionato. Invero, la sentenza n. 5/1995 dichiara: Non vi è dubbio che il quesito in esame debba ritenersi dotato delle necessarie qualità della chiarezza, univocità e omogeneità. L'insieme delle norme (nonché delle frasi o parole prive di significato normativo autonomo) di cui si chiede l'abrogazione risulta chiaramente rispondente a una matrice razionalmente unitaria, ispirato, cioè, da un principio comune, la cui permanenza o eliminazione viene rimessa al voto del corpo elettorale. Attraverso una attenta opera di "ritaglio" del testo normativo si intende, infatti, scorporare dalla legge in esame tutto il complesso delle disposizioni che disciplinano (o che comunque richiamano) il sistema di attribuzione di un quarto dei seggi con il metodo proporzionale, con la finalità, anch'essa intrinseca all'atto abrogativo proposto, e che costituisce un epilogo evidente della abrogazione, di ottenere un sistema totalmente maggioritario uninominale. Ne deriva, in conclusione, che il quesito referendario risulta indubbiamente fornito dei requisiti idonei ad assicurare agli elettori l'espressione di un voto consapevole.

2.8. Garanzia di indefettibilità del sistema elettorale post-referendario - "Qualora si tratti dell'abrogazione di una legge elettorale relativa alla composizione ed al funzionamento di un organo costituzionale o di rilevanza costituzionale, [deve potersi trarre dal quesito] una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative, anch'essa indispensabile perché la proposta di cancellazione non esponga un tale organo "all'eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento" [sent. n. 29 del 1987]" (sent. 47/1991).

La lesione all'esigenza di indefettibilità del sistema elettorale è l'unico rilievo mosso dalla Consulta ai quesiti per l'abolizione incondizionata del meccanismo proporzionale d'attribuzione del 25 per cento dei seggi, i quesiti rendendo necessario un successivo intervento legislativo per la creazione dei collegi mancanti. Come abbiamo già spiegato dianzi, e dimostreremo in seguito, il nostro quesito non incorre in tale inconveniente, predisponendo un sistema per la copertura di tutti i seggi.

Come è già stato spiegato dianzi, il nuovo quesito referendario non incorre in tale inconveniente, predisponendo un sistema efficiente e coerente (anche sotto il profilo della "sequenza temporale delle operazioni relative all'assegnazione dei seggi" [cfr. sent. n. 47/1991]) per la copertura di tutti i seggi.

2.9. Il meccanismo di attribuzione del 25 per cento dei seggi dopo il referendum - Il meccanismo d'attribuzione dei seggi conseguente al referendum sarebbe incentrato sul combinato disposto dei modificati articoli 1, comma 4, 77, comma 1, numeri 3) e 4), e 84 del DPR n. 361/1957:

Art 1. - 1. [...]
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico.
3. In ogni circoscrizione, il settantacinque per cento del totale dei seggi è attribuito nell'ambito di altrettanti collegi uninominali, nei quali risulta eletto il candidato che ha riportato il maggior numero di voti.
4. In ogni circoscrizione, il venticinque per cento del totale dei seggi è attribuito a norma degli articoli 77 e 84.
Art. 77. - 1. L'Ufficio elettorale circoscrizionale [...]:
1) proclama eletto in ciascun collegio uninominale, in conformità ai risultati accertati, il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi;
3) determina, ai fini di cui all'articolo 84, la cifra individuale di ogni candidato presentatosi in uno dei collegi uninominali della circoscrizione e non proclamato eletto ai sensi del numero 1) del presente comma. Tale cifra viene determinata moltiplicando per cento il numero dei voti validi ottenuti e dividendo il prodotto per il numero complessivo dei votanti nel collegio uninominale;
4) determina la graduatoria dei candidati nei collegi uninominali non proclamati eletti, disponendoli nell'ordine delle rispettive cifre individuali. A parità di cifre individuali prevale il più anziano di età.
Art. 84. - 1. Il presidente dell'ufficio centrale circoscrizionale proclama eletti, sino a concorrenza del numero dei seggi e seguendo l'ordine delle rispettive cifre individuali, i candidati della graduatoria di cui all'articolo 77, comma 1, numero 4, che non risultino già proclamati eletti.
2. [...]

Nota: Nell'articolo 84 l'espressione "il numero dei seggi" è inequivocabilmente riferibile al 25% dei seggi che, ai sensi dell'art. 1, comma 4, "è attribuito a norma degli articoli 77 e 84".

2.10. Surrogazione dei deputati in seguito al referendum - Anche per la sostituzione dei deputati, il sistema normativo risultante dopo l'abrogazione referendaria funzionerebbe in modo inequivocabilmente efficiente:
1) nel caso di deputati eletti con il sistema di recupero (ex artt. 77 e 84 T.U.), subentrerebbe il primo dei non eletti nella graduatoria di cui all'art. 77, poiché il comma 4 dell'art. 86 rinvia chiaramente alle procedure di cui all'art. 84;
2) nel caso di deputati eletti direttamente nei collegi uninominali, si continuerebbe a ricorrere ad elezioni suppletive, ex art. 86, commi 1-3, T.U.

 


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6. Il quesito elettorale opportunista per il Senato della Repubblica

1. Attuale funzionamento della legge - Il 75 per cento circa dei senatori è eletto in 232 collegi uninominali. Per l'attribuzione del 25 per cento di seggi, eccedenti i collegi uninominali costituiti, l'Ufficio elettorale regionale procede al calcolo delle cifre elettorali regionali di gruppo, date dalla somma dei voti conseguiti dai candidati del gruppo non risultati eletti nel collegio di presentazione. Sulla base di tali cifre elettorali, l'Ufficio distribuisce i seggi residui tra i gruppi, all'interno dei quali prevalgono i candidati con le piú alte cifre individuali. La cifra individuale rappresenta la percentuale di voti conseguita dal candidato nel proprio collegio.

2. Funzionamento della legge dopo il referendum - Come per la Camera, il meccanismo d'elezione del 75% dei senatori resterebbe immutato; il restante 25 per cento di senatori, sarebbe eletto recuperando i migliori candidati sconfitti nei collegi uninominali (o meglio, i primi dei non eletti in un terzo dei collegi), a livello di singole circoscrizioni regionali.

Il quesito è semplice, breve, omogeneo, univoco e chiaro. La proliferazione di candidature occasionali di gruppo potrebbe continuare, anche se in misura limitata, non essendo stata intaccata la norma sulla presentazione delle candidature (che favorisce smisuratamente i gruppi in questa fase): si è infatti preferito aderire il piú possibile alla teoria del quesito incondizionato.

Anche il sistema per la sostituzione dei senatori eletti ex art. 17 del D. Lgs. n. 533/1993 sarebbe altrettanto chiaro ed univoco, poiché l'articolo 19, sesto comma, disporrebbe la proclamazione del candidato con la piú alta cifra individuale, secondo le disposizioni dell'articolo 17.

I senatori eletti nei collegi uninominali e cessati per qualunque causa dal mandato, sarebbero invece sostituiti mediante elezioni suppletive nel collegio, ex art. 19, commi 1-4, del D. Lgs. n. 533/1993.

3. Gli articoli-chiave della legge dopo il referendum:
Art. 1. - 2. [...] Per l'assegnazione degli ulteriori seggi spettanti, ciascuna regione è costituita in unica circoscrizione elettorale.
Art. 2. - 1. [...] Gli ulteriori seggi sono attribuiti in circoscrizioni regionali tra i candidati concorrenti nei collegi uninominali.
Art. 17. - 1. Per l'assegnazione dei seggi spettanti a ciascuna regione non assegnati nei collegi uninominali, l'ufficio elettorale regionale [...] procede [...] alla determinazione della cifra individuale dei singoli candidati non risultati eletti ai sensi dell'articolo 15.
2. La cifra individuale dei singoli candidati viene determinata moltiplicando per cento il numero dei voti validi ottenuti da ciascun candidato, non risultato eletto ai sensi dell'articolo 15, e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio.
4. L'ufficio elettorale regionale proclama quindi eletti, in corrispondenza ai seggi, i candidati che abbiano ottenuto la piú alta cifra individuale.
Art. 19. - 6. Quando, per qualsiasi causa, resti vacante il seggio di senatore attribuito nelle circoscrizioni regionali, l'ufficio elettorale regionale proclama eletto il candidato con la più alta cifra individuale.

Va rilevato che il nostro quesito opportunista non inciderebbe neppure sulla diversa distribuzione dei collegi nella regione Trentino-Alto Adige dove, a fronte di 7 seggi assegnati, sono costituiti non 5 ma 6 collegi (legge 30 dicembre 1991, n. 422, fatta salva dall'art.1, quarto comma, del Testo Unico per l'elezione del Senato della Repubblica).

 


Indice del Requiem

 

7. Mondatura del Tatarellum

1. Premessa - Per colpire il Tatarellum, si è rivelato necessario elaborare due quesiti a matrioska, poiché il quesito maggiore potrebbe presentare problemi di ammissibilità costituzionale. Fortunatamente, però, anche il quesito minore, certamente ammissibile secondo la giurisprudenza costituzionale consolidata, consegue l'apprezzabile risultato di costringere i vari poli a presentare una lista unica per l'elezione dei consigli regionali. I due quesiti, infatti, hanno in comune l'abolizione delle norme che consentono apparentamenti multipli, ovvero la possibilità per ciascuna lista regionale (destinataria del premio di maggioranza) di essere accompagnata da piú d'una lista proporzionale (per l'esattezza da piú di un gruppo di liste provinciali).

L'azione abrogativa risulta problematica solo rispetto alle surrogazioni dei consiglieri cessati dalle funzioni, ma solo perché la legge, prevedendo in modo espresso solo il caso di collegamento di piú liste proporzionali alla lista regionale, lascia dedurre dall'interpretazione sistematica della legge il meccanismo della surrogazione nel caso in cui la lista regionale maggioritaria sia collegata a una sola lista proporzionale. Il quesito da noi proposto si basa sulla tesi dell'interpretazione sistematica. È stato tuttavia previsto anche il caso in cui il legislatore abbia ritenuto che fosse inconcepibile che una sola lista proporzionale si collegasse alla lista regionale maggioritaria. Per dirimere il dubbio, si possono consultare i giuristi d'area, e anche il Ministero dell'Interno.

2. L'attuale funzionamento della legge Tatarella - Il sistema elettorale dei consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario (legge 17 febbraio 1968, n. 108, cosí come modificata dalla legge 23 febbraio 1995, n.43), prevede il ricorso ad un sistema misto:

"I quattro quinti dei consiglieri [...] sono eletti sulla base di liste provinciali concorrenti [...]" (art.1, comma 2, l. 43/95) ed "un quinto dei consiglieri [...] è eletto con sistema maggioritario, sulla base di liste regionali concorrenti [...]" (art.1, terzo comma, l. 43/95).

Ogni lista regionale deve essere collegata, con apposita dichiarazione, ad almeno un gruppo di liste provinciali, e viceversa, a pena di nullità, come si evince dalla lettura congiunta dei comma 3 e 8 dell'art. 1 della citata legge.

Al comma 9 è poi disposto che "piú liste provinciali possono collegarsi alla medesima lista regionale [...]".

Il voto viene espresso su un'unica scheda sia per le liste provinciali sia per quelle regionali. È inoltre consentita l'espressione di un voto dissociato, ovvero è possibile indicare anche una lista regionale non collegata alla lista provinciale prescelta.

L'art. 3, modificando l'art. 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, prevede poi un meccanismo di premio di maggioranza, tale che la maggioranza assoluta dei consiglieri spetterà, in ogni caso, a quella coalizione collegata alla lista regionale che abbia ottenuto la maggioranza relativa dei voti validi.

3.1. Il quesito minore - Il quesito minore si limita ad abolire la possibilità che la medesima lista regionale possa essere collegata a piú di un gruppo di liste provinciali. Rimarrebbe quindi in piedi il cosiddetto voto dissociato, ovvero l'indicazione di una lista provinciale non collegata alla lista regionale prescelta.

2. Il quesito maggiore - Il quesito maggiore abolirebbe anche il voto dissociato, consentendo di esprimere solo il voto per la lista provinciale, il quale si trasferirebbe in tal modo automaticamente anche alla lista regionale collegata. Il sistema risultante sarebbe simile a quello vigente per i comuni con meno di 15000 abitanti, in cui col voto di lista si esprime automaticamente anche il voto per il candidato sindaco. Qui, in luogo del sindaco, verrebbe indicata la lista maggioritaria collegata. Il sistema diventerebbe, pertanto, maggioritario a turno unico, sebbene -purtroppo- con voto di lista anziché attraverso collegi uninominali.

Il quesito modificherebbe inoltre l'art. 7 della legge 43/95, al fine di uniformare la normativa dello sbarramento al nuovo testo della legge. Le attuali disposizioni prevedono, infatti, che non possano concorrere alla ripartizione dei seggi i gruppi di liste provinciali che non abbiano raggiunto il 3 per cento dei voti a livello regionale, a meno che non siano collegate a liste regionali che abbiano superato il 5 per cento dei voti validi. È chiaro che, abolendo la possibilità di collegamenti multipli, le due diverse soglie non avrebbero piú senso, poiché la percentuale ottenuta da ciascun gruppo di liste provinciali, corrisponderebbe, necessariamente, anche a quella conseguita dalla rispettiva lista regionale.

Dopo l'abrogazione referendaria gli artt. 2 e 7 della l. 43/95 risulterebbero pertanto cosí formulati:
Art. 2. - La votazione per l'elezione dei consigli regionali avviene su un'unica scheda. La scheda reca, entro un apposito rettangolo, il contrassegno di ciascuna lista provinciale, affiancato, sulla medesima linea, da una riga riservata all'eventuale indicazione di preferenza. Alla destra di tale rettangolo è riportato il nome e cognome del capolista della lista regionale collegata. Il primo rettangolo nonché il nome e cognome del capolista della lista regionale sono contenuti entro un secondo piú ampio rettangolo. La collocazione progressiva dei rettangoli piú ampi nella scheda è definita mediante sorteggio. L'elettore esprime il suo voto per una delle liste provinciali tracciando un segno nel relativo rettangolo, e può esprimere un voto di preferenza scrivendo il cognome, ovvero il nome e il cognome di uno dei candidati compresi nella lista stessa. Il voto si intende validamente espresso anche a favore della lista regionale collegata.
Art. 7. - Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi le liste provinciali il cui gruppo abbia ottenuto, nell'intera regione, meno del 3 per cento dei voti validi.

4. Univocità, omogeneità e chiarezza dei quesiti - Il quesito maggiore tende ad abolire sia la possibilità di collegamento di piú gruppi di liste provinciali con la stessa lista regionale, sia la possibilità dell'elettore di votare per una lista provinciale e per una lista regionale ad essa non collegata, sia, infine, i due diversi quorum previsti dall'art. 7.

Poiché la Corte potrebbe ritenere il quesito eterogeneo e ambiguo, potendo coartare la scelta dell'elettore che volesse mantenere (o abrogare) una cosa e non l'altra, è stato elaborato il quesito minimo, il quale sarebbe ad evidenza univoco, omogeneo e chiaro, in quanto esclusivamente volto ad abolire la possibilità di apparentamenti multipli alla medesima lista regionale.

Invero i prescritti requisiti di univocità, omogeneità e chiarezza sono da intendersi non solo come attributi di cui il quesito dovrebbe essere provvisto, ma anche, se non principalmente, come caratteristiche di cui la normativa residua dovrebbe essere dotata.

Ed è indubbio che, anche col quesito maggiore, la legislazione residua rispetterebbe alla lettera detti canoni: l'abolizione del voto dissociato dovrebbe essere interpretata come abrogazione sussidiaria a quella principale, il collegamento multiplo di gruppi di liste provinciali alla medesima lista regionale non avendo altro scopo che quello di favorire la frammentazione partitica.

Per di piú, se, come la Corte ha piú volte sostenuto, sono da ritenersi ammissibili referendum elettorali di tipo manipolativo (e invero solo quelli), si può legittimamente interpretare il fine unico del quesito proposto come quello di rendere il sistema elettorale regionale compiutamente maggioritario (seppur non organizzato in collegi uninominali).

Certamente sussidiaria, a rigor di logica, dovrebbe poi essere considerata l'abolizione parziale dell'art. 7, divenendo illogica la previsione di due differenti quorum, uno per le liste regionali e uno per quelle provinciali.

La decisione circa la scelta del quesito da presentare, tenendo presente che sono stati concepiti l'uno come sottoinsieme dell'altro, deve necessariamente essere preceduta da un'attenta valutazione dei costi e dei benefici, nonché dei rischi, che si intendono assumere.

5. Immediata applicabilità della normativa residua - Anche per le Regioni la Corte Costituzionale potrebbe muovere l'obiezione della immediata applicabilità della normativa di risulta. In ogni caso tale obiezione non colpirebbe i quesiti in oggetto. Il sistema attualmente in vigore, infatti, prevede due ipotesi egualmente possibili ed altrettanto funzionanti. La prima, è che un solo gruppo di liste provinciali sia collegato ad una lista regionale, e la seconda, che piú gruppi di liste provinciali siano collegati alla medesima lista regionale. I nostri quesiti opportunisti mirano ad abrogare la seconda possibilità, lasciando in piedi la prima; la legge, quindi, rimarrebbe funzionante in modo perfettamente efficiente.

6. Nota tecnica sul meccanismo di surrogazione dei consiglieri regionali - Il meccanismo di surrogazione è attualmente disciplinato dall'art 15, comma 15, e dall'art. 16, comma 3, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, introdotti rispettivamente dai commi 2 e 3 dell'art. 3 della legge 25 febbraio 1995, n. 43 (Tatarellum).

Tali disposizioni, tuttavia, per espressa previsione, trovano applicazione nel solo caso di collegamento di piú gruppi di liste provinciali alla lista regionale. Sorprendentemente, il Tatarellum nulla dispone in merito alla surrogazione nel caso di collegamento con un solo gruppo di liste provinciali: come se il legislatore, volendo favorire la frammentazione partitica, considerasse impossibile la vittoria di una lista indipendente.

Secondo il principio della coerenza intrinseca della normativa elettorale (che, essendo un principio, non deve valere solo per cassare i referendum, ma anche in riferimento alle leggi approvate dal Parlamento), si deve dedurre che, nel caso in cui la lista regionale tributaria del premio di maggioranza sia collegata con un solo gruppo di liste provinciali, la surrogazione debba avvenire secondo le disposizioni generali di cui ai commi 10 e 11 dell'art. 15 della legge n. 108/1968.

Ecco perché si è scelto di abrogare l'intero comma 15 dell'art. 15, e i riferimenti ad esso contenuti nell'art. 16, comma 3, le surrogazioni relative alle liste regionali collegate con un solo gruppo di liste provinciali restando disciplinate dalle dette disposizioni generali dei commi 10 e 11 dell'art. 15:

"10. I seggi spettanti a ciascun gruppo di liste vengono attribuiti alle rispettive liste nelle singole circoscrizioni seguendo la graduatoria decrescente dei voti residuati espressi in percentuale del relativo quoziente circoscrizionale. A tal fine si moltiplica per cento il numero dei voti residuati di ciascuna lista e si divide il prodotto per il quoziente circoscrizionale."

"11. Qualora in una circoscrizione fosse assegnato un seggio ad una lista i cui candidati fossero già stati proclamati eletti dall'ufficio centrale circoscrizionale, l'ufficio centrale regionale attribuisce il seggio alla lista di un'altra circoscrizione proseguendo nella graduatoria anzidetta."

Peraltro, se al comma 15 dell'art. 15 si attribuisce invece il valore di norma generale, applicabile anche al caso di collegamento semplice di un gruppo di liste provinciali con la lista regionale vincente, non occorre neanche abrogare detto comma ed il riferimento ad esso contenuto nell'articolo 16, terzo comma.

 


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