Decreto di rinvio a giudizio di Agostino Gramigna
Querela per diffamazione contro Agostino Gramigna
Denuncia all'ordine dei giornalisti
Nuova richiesta di rettifica a Sette
Prima richiesta di rettifica a Sette (rimasta inedita)


TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO

UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

DECRETO CHE DISPONE IL GIUDIZIO
- art. 429 c.p.p. -

Il Giudice dott. Guidi Piffer, all’esito dell’ud. Preliminare in data 10 marzo 1999, nel proc. N. 6215/98 r.g. g.i.p. a carico di :

GRAMIGNA Agostino, nato a Cetraro (CS) il 28.2.1963, giornalista, res. a Milano (omissis), domiciliato presso la redazione del quotidiano " Il Corriere della Sera " - redazione di " Sette ", via Solferino n.36, Milano, non presente all’ud. Preliminare (dif. fid. avv. Corso BOVIO)

IMPUTATO

del delitto dagli artt. 595 c.p., 13 (aggravante di aver attribuito fatti determinati) e 21 legge 8 febbraio 1948, n.47, perché, quale autore dell’articolo che qui si intende completamente riportato, dal titolo " Eravamo due costituzionalisti al bar " apparso sul n.11/98 di SETTE, inserto settimanale de il Corriere della Sera, pubblicato in Milano, in data 19 marzo 1998, offendeva la reputazione di Emilio Colombo, affermando, " ... la stanza del piccolo dottor Azzeccagarbugli ... un’adolescenza pigra tra cinema e bar, qualche amico, pochi interessi... La politica ? Non si interessa... Perché Scienze Politiche ? Ci vanno quelli che non sanno cosa fare da grandi, i fancazzisti ".

Identificata la parte offesa in : COLOMBO Emilio, nato a Viareggio il 13.9.1969, non presente all’ud. Preliminare ; domic. C/o il dif. fid. avv. Patrizia DE LUCA, difensore presente all’ud. Preliminare ;

preso atto che la contestazione agli imputati del fatto di reato compiutamente descritto nel capo di imputazione trae origine principalmente da : - Denuncia-Querela sporta da COLOMBO Emilio ; - copia n.11 della rivista " SETTE ".

Rilevato che deve disporsi il giudizio nei confronti dell’imputato per il reato a lui ascritto, non trovando applicazione il disposto di cui all’art. 425 c.p.p. ;

rilevato in particolare che non può allo stato negarsi il valore diffamatorio dell’articolo soprattutto sul presupposto, affermato dalla parte offesa e non contestato dall’imputato, che le frasi riportate tra virgolette nell’articolo - avente nella sostanza la forma di un’intervista - come riferite da COLOMBO Emilio non sarebbero in realtà mai state da questi pronunciate o sarebbero state pronunciate con un contenuto completamente diverso ;

P.Q.M.

DISPONE

il rinvio a giudizio di GRAMIGNA Agostino per il reato di cui in premessa, indicando per la comparizione dell’imputato avanti alla terza sezione penale del Tribunale di Milano, Palazzo di Giustizia, piano terzo, l’udienza del giorno 16 novembre 2000 alle ore 9, con avvertimento che non comparendo l’imputato sarà giudicato in contumacia ;

DISPONE

che ai sensi dell’art. 429/4 c.p.p. il presente decreto sia notificato all’imputato non comparso all’udienza preliminare ;

MANDA

alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.

Milano, 10 marzo 1999

Depositata in Cancelleria l’11-3-99


PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO

ATTO di DENUNCIA-QUERELA

Il sottoscritto Emilio Colombo, nato a Viareggio il 13/9/1969, residente in Bruxelles, ed elettivamente domiciliato in via Lodovico il Moro n.3, Milano, presso lo studio dell'avv. Patrizia De Luca, come da delega in calce

espone

quanto segue.

* . * . *

Il sottoscritto assurgeva "all'onore delle cronache" avendo elaborato, con l'amico Marco Nardinocchi, il quesito referendario per l'abolizione della quota proporzionale nella legge elettorale per la Camera, per il quale è attualmente in corso la raccolta delle firme ad opera del Comitato Referendario, patrocinato, tra gli altri, dall'on. Mario Segni e dal sen. Antonio Di Pietro.

In conseguenza di ciò, venivo citato in diversi articoli, apparsi sui quotidiani La Stampa, Il Mattino, Corriere della Sera, La Repubblica (v. ad es. all.1-3).

In particolare, in data 16 febbraio 1998, veniva pubblicata una mia breve intervista rilasciata al Corriere della Sera (all.4) e, il successivo 20 febbraio, veniva pubblicato su La Repubblica un articolo-intervista a firma Sebastiano Messina (all.5). Venivo altresí citato in un altro articolo apparso sullo stesso numero di Repubblica del 20 febbraio, sempre a firma Sebastiano Messina, dal titolo "Il pendolo dei referendum elettorali", in cui venivo descritto come "il geniale inventore" dell'uovo di Colombo, in pratica il "sistema per tornare al referendum" (elettorale) (all.6).

Presumibilmente a causa di questa acquisita notorietà e dell'attualità dell'argomento, venivo contattato da un giornalista della rivista Sette (supplemento del Corriere della Sera), tale Agostino Gramigna, che, durante una conversazione telefonica avvenuta in data 5 marzo u.s., mi chiedeva di rilasciargli un'intervista per il suo giornale.

Sulle prime poco propenso ad acconsentire alla sua richiesta, ritenendo che i già pubblicati articoli avessero già detto tutto quello che c'era da dire su di me, mi lasciavo poi convincere, anche in seguito alle pressanti insistenze del Gramigna, pensando che l'intervista mi avrebbe dato l'opportunità di chiarire il contenuto dei quesiti referendari e le probabili conseguenze di questi sulla vita politica italiana.

Concordavamo cosí l'intervista per il giorno successivo, venerdí 6 marzo, presso la casa dei miei genitori in Novara, dove il Gramigna, accompagnato da una fotografa e da un tecnico delle luci, si presentò verso le 10h00.

Fin dall'inizio del colloquio (per ulteriori particolari rimando all'esposto disciplinare da me presentato nei confronti del Gramigna al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti in data 20 marzo 1998 sub all.7), riportavo la netta impressione che il Gramigna non avesse affatto l'intenzione di scrivere un articolo divulgativo sui referendum, come mi aveva assicurato telefonicamente, ma semplicemente un articolo "di costume" su un "personaggio" che, evidentemente, doveva sembrare, a lui o a chi gli aveva commissionato l'intervista, particolarmente degno di interesse.

In ogni caso, la sua promessa di farmi visionare l'articolo prima della pubblicazione mi aveva sufficientemente tranquilizzato.

Incontravo nuovamente il Gramigna domenica 8 marzo presso il bar Quadronno di Milano, insieme con Marco Nardinocchi, l'altro autore del quesito referendario.

In tale occasione, il Gramigna mi confessava che lui, delle mie spiegazioni sui referendum e sui sistemi elettorali, non aveva capito granché e, poiché lo avevo intuito anch'io, gli consegnai un dischetto contenente il sito Internet riguardante il Comitato per la difesa dei referendum elettorali e del collegio uninominale, dove avrebbe potuto trovare informazioni utili sulla materia e qualche notizia biografica su di me e sul Nardinocchi.

Da allora, non ho piú visto né sentito il Gramigna.

Il 16 marzo, nel corso di un incontro tenutosi presso il "Piccolo" di Milano, veniva presentato al pubblico il primo numero del nuovo "Sette" (n.11/98), in cui era contenuto, a pag.92, l'articolo scritto da Gramigna in seguito all'intervista da me rilasciata (all.8).

L'indomani, un mio conoscente che aveva assistito alla presentazione e aveva letto in anteprima il numero di Sette in uscita il 19 marzo, mi parlò in termini decisamente poco entusiasti dell'articolo in questione.

Mi recai subito presso la redazione di "Sette" dove avevo modo di leggerlo e, ritenendo di essere stato leso nella mia immagine, chiedevo all'avv. De Luca di diffidare la redazione di Sette dal diffondere il numero della rivista (all.9).

Naturalmente, giovedí 19 marzo Sette era regolarmente in tutte le edicole.

Ciò mi induceva a chiedere immediatamente la pubblicazione della rettifica ai sensi dell'art.8 L. n.47/48 (all.10), richiesta che, in un primo momento, veniva disattesa; successivamente, a seguito di una mia ulteriore richiesta (stavolta contenuta nel limite delle 30 righe) (all.11), la rettifica veniva pubblicata sul n.16 di "Sette", ma con modifiche, tra cui l'omissione del nome dell'autore dell'articolo (all.12).

Venendo al contenuto dell'articolo in questione, ritengo che il comportamento posto in essere dal Gramigna con la redazione dello stesso integri la fattispecie del reato di diffamazione a mezzo stampa, previsto e punito dall'art.595 c.p.

Il Gramigna, infatti, ha basato l'intervista su affermazioni da me mai rilasciate o manipolate al punto da farmi dire l'opposto di ciò che era nelle mie intenzioni.

L'immagine che ne risulta è quella di un minus habens, di un fuoricorso ad oltranza (si noti che la parola "fuoricorso", in un articolo di una paginetta, viene ripetuta ben tre volte: nel testo, nel sottotitolo e nell'"occhiello" a fondo pagina, denominato "Identikit").

L'ossessione del Gramigna per il mio essere studente fuoricorso presso la Facoltà di Scienze Politiche di Milano si ricollega al quadro complessivo che emerge dall'articolo in sé: quella di un ragioniere patologicamente in ritardo con gli studi universitari (evidentemente troppo complessi per lui), che ha trascorso la sua "pigra adolescenza tra cinema e bar, qualche amico, pochi interessi", "nella periferia nebbiosa di Novara", "pochi libri ", senza alcun interesse per la politica e che si è iscritto Scienze Politiche perché "ci vanno quelli che non sanno cosa fare da grandi, i fancazzisti".

Tuttavia, questo imbelle soggetto descritto nell'articolo si permette di giudicare gli altri in modo poco lusinghiero: "Sono andato a Roma: Al telefono gli uomini di Segni non capivano di che cosa parlassi..."; "l'implacabile costituzionalista Leopoldo Elia" dovrebbe addirittura essere invidioso: "un professorone come lui ci sarà rimasto male..."

Nella sua ignavia, il Colombo non pensa minimamente a sostenere i 4 esami che gli restano per laurearsi, ma "aspetta il verdetto della Corte". E dopo? "Ha una mezza idea di andare a Parigi". "A studiare alla Sorbona?" "Ma va', a distrarmi dalla vita".

Espungendo dall'articolo le affermazioni false e lesive della mia immagine che mi sono state attribuite, quel poco di vero che rimane è una pedissequa copiatura dei precedenti articoli che mi riguardavano (fonte principale, il citato articolo di Sebastiano Messina).

In definitiva, il complessivo contenuto dell'articolo è rivolto a fornire al lettore una immagine distorta della mia vita e della mia personalità, tale da compromettere la mia credibilità sociale.

Mi sembra quanto mai palese che il ritratto che emerge dall'articolo in questione, sia atto a screditarmi e quindi ad offendere la mia reputazione, intesa come considerazione della quale una persona gode nella collettività o comunque come valore intrinseco proprio del suo essere uomo, che trova riconoscimento negli articoli 2 e 3 comma 1 della Costituzione e tutela nell'art.595 c.p.c.

La affermazioni falsamente attribuitemi, quali le battute ironiche sugli uomini di Segni o sul professor Elia, nonché il giudizio sulla Facoltà di Scienze Politiche, sono, oltre che lesive della mia reputazione, anche idonee a danneggiarmi sia nell'ambito della vita politica (nella quale sono attivamente impegnato, nonostante quanto mi fa dire il Gramigna, dall'età di 18 anni), sia per quanto concerne l'ambito universitario (di certo i miei docenti non hanno apprezzato il giudizio espresso sulla Facoltà) e, nel prossimo futuro, professionale.

Ciò in quanto dall'articolo di Gramigna non emergono affatto (non fosse altro che per controbilanciare il ritratto sinora tratteggiato) qualità degne di nota, anzi: "l'inventore dell'uovo di Colombo" deve evidentemente essere riuscito per puro caso a risolvere "un problema sul quale per anni si sono scervellate schiere di professori e politici, da Pannella a Segni", tanto "bastava richiedere la cancellazione di una serie di commi e controcommi".

Del resto, che cosa ci si poteva aspettare da un "piccolo Azzeccagarbugli" "di Novara, figlio di un impiegato della Calcestruzzi e di una casalinga di Viareggio"?

Ci si potrebbe chiedere a che scopo il Gramigna abbia inteso dipingere un simile ritratto di me, screditandosi anche come giornalista (l'art. 2 Legge Professionale 3 febbraio 1963, impone invero "il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri di lealtà e buona fede").

Volendo escludere l'antipatia personale, lo scopo è forse da ricercarsi in un intento polemico nei confronti della classe politica italiana, che si è lasciata battere da un "fuoricorso". Per rendere piú stridente il contrasto, allora, il Gramigna ha dovuto necessariamente calcare la mano, travalicando, e, anzi, ignorando quelli che sono i limiti dell'espressione del diritto di cronaca individuati dalla giurisprudenza: 1) utilità sociale dell'informazione; 2) verità oggettiva; 3) esposizione di fatti improntata a leale chiarezza, evitando forme di offesa indiretta (Cass. 18/10/1984).

Come ripeto, la notorietà mio malgrado recentemente acquisita e, in ogni caso, il mio coinvolgimento nella politica attiva, mi induce a dover tutelare in sede penale la mia reputazione, in quanto l'articolo del Gramigna è idoneo non solo a fornire un'immagine distorta della mia identità, ma a screditare la mia coerenza di condotta e di pensiero, sí da determinare valutazioni di sfiducia nella collettività.

Per tutto quanto sopra esposto, sporgo formale querela nei confronti del sig. Agostino Gramigna, nato a Cetraro in data 28/2/1963, residente a Milano, [...], per il reato di diffamazione a mezzo stampa p. e p. dall'art.595 c.p. e per qualsiasi altro reato l'Ill.mo Procuratore dovesse ravvisare nei fatti esposti.

Sporgo altresí querela nei confronti del dott. Ferruccio De Bortoli, nato a Milano in data 20/5/1953, quale direttore responsabile del Corriere della Sera, per il reato di cui all'art.57 c.p., avendo omesso di esercitare sul contenuto del supplemento Sette, di cui è direttore responsabile, il controllo necessario ad impedire che con l'articolo in questione si offendesse la mia reputazione.

Chiedo di essere informato ai sensi e per gli effetti di cui all'art.408 c.p.p. dell'eventuale richiesta di archiviazione da parte del P.M.

Mi riservo di costituirmi parte civile per il risarcimento dei danni morali e materiali subiti.

Nomino quale difensore di fiducia l'avv. Patrizia De Luca, del Foro di Milano, con studio in via Lodovico il Moro,3, presso la quale eleggo domicilio.

Delego lo stesso avvocato a depositare la presente denuncia-querela.

Si allega:
1) copia articolo Il Mattino 4/12/97
2) copia articolo Corriere della Sera 13/2/98
3) copia articolo La Repubblica 13/2/98
4) copia articolo Corriere della Sera 16/2/98
5-6) copia articoli La Repubblica 20/2/98
7) copia esposto disciplinare Consiglio Ordine dei Giornalisti di Milano 20/3/98
8) copia articolo a firma Agostino Gramigna
9) copia diffida Avv. De Luca 18/3/98
10) copia richiesta di rettifica 19/3/98
11) copia richiesta di rettifica 4/4/98
12) copia rettifica pubblicata da "Sette"

Con osservanza.

Milano, li 12 giugno 1998
Emilio Colombo

 


Denuncia all'ordine dei giornalisti della Lombardia
contro Agostino Gramigna

Milano, li venerdí 20 marzo 1998

Oggetto : Richiesta di azione disciplinare nei confronti di Agostino Gramigna, iscritto al n. 4611 dell'albo dei giornalisti di Milano, per un articolo dileggiatore apparso su Sette (supplemento del Corriere della Sera) del 19/3/98, a pag. 92.

Spettabile presidente,

Agostino Gramigna, in un articolo pubblicato a pag. 92 di Sette del 19 marzo 1998, mi ha complessivamente dipinto come una sorta di minus habens, in aperta contraddizione con le fonti da cui ha tratto la gran parte delle notizie ivi riportate : un articolo di Sebastiano Messina, pubblicato sulla Repubblica del 20 febbraio 1998, a pag. 17 ; il sito Internet del Comitato per la difesa dei referendum elettorali e del collegio uninominale ; un colloquio avuto con me.

Facendomi parlare come forse lui è convinto che debbano parlare i ragionieri-studenti-fuoricorso-di-Scienze-Politiche, eccedendo in superficialità e nell'uso di ammiccanti aggettivi, travisando e manipolando ampiamente le mie dichiarazioni (al punto di farmi dire l'esatto opposto di quanto avevo invece affermato), Gramigna traccia di me un profilo tanto grottesco da rendere quasi incomprensibile ai lettori perché un'intera pagina di carta patinata di Sette mi sia stata dedicata.

Ecco la parafrasi dell'articolo di Gramigna, redatta secondo le impressioni di diversi lettori di Sette all'uopo interpellati :

" Emilio Colombo, figlio di un impiegato leghista (e pure separatista) e di una casalinga [dunque di misere origini, ndr], ha studiato da ragioniere per diventare studente fuoricorso a Scienze Politiche.

Poche letture [non dimentichiamo che è ragioniere e figlio d'un leghista separatista che va perfino a votare alle elezioni padane, ndr], consuma la sua pigra adolescenza a Novara, tra le nebbie padane.

Ventotto anni, il Colombo non s'interessa di politica, al punto di sognarsi di festeggiare con D'Alema la vittoria elettorale dell'Ulivo e di covare con Marco Nardinocchi un uovo referendario. Un Azzeccagarbugli, insomma, ma di quelli piccoli [perché poi lo sia e su quali basi, non è dato sapere, ndr].

Facciamo ora un passo indietro : il Colombo, scarsamente coltivato [in quanto ragioniere, ndr], non sa che fare da grande e quindi si iscrive a Scienze Politiche a Milano [e chi ha orecchi intenda, ndr], come i fancazzisti pari suoi [meglio farglielo dire, perché suona piú vero, ndr]. Si esprime in modo grossolano: "controcommi", "professorone". Poveretto, proprio non ne farà, di strada.

Ma in fondo, che pretende ? Cronico fancazzista, non ha grandi mire. Nel marzo 1999, vuole forse laurearsi ? No, preferisce continuare a cazzeggiare, aspettando la sentenza della corte sui referendum. Poi, se ne andrà a Parigi. E, si capisce, non certo a studiare alla Sorbona [domanda non posta, ma suona troppo bene, ndr]: piuttosto, a cazzeggiare per distrarsi dalla sua vita cazzeggiante.

[Se questo è un uomo, cari lettori...]. "

FATTI

Sono assurto agli onori e ai disonori delle cronache per aver elaborato, insieme con Marco Nardinocchi, il quesito referendario per abolire la quota proporzionale del 25% dalle leggi elettorali di Camera e Senato. Per questa ragione, sono stato citato in diversi articoli, sulla Stampa, il Mattino, il Corriere della Sera e la Repubblica. Il 16 febbraio, il Corriere della Sera pubblicò una breve intervista (con una mia foto da me fornita, risalente a otto anni fa, a dimostrazione della mia sete di notorietà). Il 20 febbraio, sulla Repubblica fu pubblicato un esaustivo articolo-intervista di Sebastiano Messina. Non avendo compiuto nessuna prodezza da Guinness dei primati, non restava un gran che da scrivere, su di me.

Il 3 marzo, ero a Roma per la messa a punto del quesito elettorale, in vista del suo deposito in Cassazione da parte del Prof. Segni e di altri, poi avvenuto il 5 marzo. Gramigna iniziò a cercarmi insistentemente. Avendo contratto l'influenza, dovetti lasciare Roma e tornare a casa. Giovedí 5 marzo, telefonai a Gramigna per sapere che cosa volesse da me. Mi parlò della sua intenzione di intervistarmi per scrivere un articolo. Gli dissi che su di me era stato già scritto tutto il possibile, soprattutto nell'articolo di Messina, e che quindi preferivo non farmi intervistare, non restando particolari inediti da rivelare al pubblico sul mio conto. Gramigna insistette ; considerando gli spropositi che in quei giorni venivano detti sui referendum, gli proposi di scrivere un articolo del tipo : " Il referendum elettorale, questo sconosciuto ", per spiegare ai piú, in termini accessibili, i quesiti e le loro probabili conseguenze sulla vita politica italiana. Invitai comunque Gramigna a visitare il sito Internet del comitato (in cui sono contenute diverse informazioni sui quesiti referendari, e delle brevi biografie di me e di Marco Nardinocchi), perché si facesse un'idea. Ho infatti la biasimevole abitudine di attribuire ai miei interlocutori un minimo e imprescindibile quoziente di intelligenza.

Assumendo impegni piú o meno vaghi, Gramigna vinse le mie resistenze e riuscí a ottenere il mio consenso all'intervista ; fissò dunque un appuntamento alla casa dei miei genitori, dove attualmente dimoro, per l'indomani alle 9h30. A questo proposito, non mancai di fargli presente che, avendo abitato in diversi luoghi, in Italia e all'estero, non era possibile stabilire un legame deterministico tra la mia dimora pro tempore e la mia evoluzione (o involuzione) personale.

Non posso nascondere di aver mantenuto forti riserve sulle intenzioni del Gramigna, dopo aver parlato con lui al telefono. Avvertivo in lui un eccessivo interesse per la mia vita privata, che intendevo salvaguardare. Non ero neppure sicuro che mantenesse l'impegno di farmi leggere l'articolo prima della pubblicazione ; sospetto poi confermato dai successivi sviluppi della vicenda.

Gramigna arrivò da me verso le 10h00 di venerdí 6 marzo, accompagnato da una fotografa e da un tecnico delle luci. Durante il colloquio, conformemente ai nostri accordi, gli parlai principalmente di giurisprudenza costituzionale e di sistemi elettorali. Vedendo a piú riprese lo sguardo di Gramigna perso nel vuoto, cercai di essere il piú semplice possibile nell'esposizione, senza tuttavia mancare di precisione. Lui insisteva con domande sinuose sulla mia vita privata, cui rispondevo con cautela ma con dovizia di precisazioni, onde evitare che fraintendesse le mie dichiarazioni.

Passate le 13h00, dopo aver posato per diverse foto, la casa a soqquadro per esigenze giornalistiche, dovendo raggiungere anch'io Milano, accompagnai Gramigna e i suoi collaboratori in auto. Durante il viaggio, ricordo nitidamente d'aver parlato a Gramigna di sistemi elettorali, cercando di fargli comprendere la scarsa democraticità della cd. crostata di casa Letta.

Avendo insistito affinché Gramigna intervistasse anche Marco Nardinocchi, fissammo un appuntamento per domenica 8 marzo, al bar Quadronno di Milano, dove un anno prima erano stati scritti i quesiti referendari. Fu allora che Gramigna dichiarò di non aver capito un gran che delle mie spiegazioni sui referendum, cosí come la fotografa -a quanto disse egli stesso-, con la quale si era consultato. Lo stesso sospetto aveva in realtà sfiorato anche me ; ragion per cui mi ero portato appresso un dischetto contenente il sito Internet, che gli consegnai perché vi desse un'occhiata senza doverlo cercare sulla rete. Dopo una breve conversazione, Nardinocchi ed io salutammo il Gramigna, al quale, tra il serio e il faceto, promisi peraltro un seguito giudiziario, nel caso avesse manipolato le mie dichiarazioni.

Secondo quanto m'aveva detto Gramigna, l'articolo avrebbe dovuto apparire su Sette in edicola giovedí 12 marzo : l'incontro era stato fissato in tempi tanto brevi anche in virtú di quella scadenza ravvicinata. Quel giorno, invece, il settimanale Sette era interamente dedicato alla celebrazione di un anniversario, credo il decimo dalla prima uscita in edicola, e non riportava quindi la mia intervista. Gramigna non s'era piú fatto sentire ; io avevo cominciato a pensare che l'intervista non fosse piú d'attualità, e non me ne preoccupai piú.

Il 16 marzo, nel corso di un incontro tenutosi presso il "Piccolo" di Milano, fu presentato al pubblico il primo numero del nuovo Sette. L'indomani, una persona che aveva assistito alla presentazione e letto in anteprima il numero di Sette in edicola il 19 marzo, mi parlò in termini decisamente poco entusiasti dell'articolo di Gramigna con la " mia " intervista. Subito, andai alla redazione di Sette, per leggere io stesso l'articolo. Dopo un lungo momento di stupefazione e amarezza, chiesi all'Avv. De Luca di diffidare la redazione di Sette dal diffondere tale numero della rivista. La diffida fu inviata via fax mercoledí mattina.

MOTIVI DI DOGLIANZA

Il giudizio sulla Facoltà di Scienze Politiche -attribuitomi dal Gramigna nell'articolo, con tanto di guillemets, travalicando abbondantemente i limiti della piú ampia discrezionalità che si possa riconoscere al cronista-, e soltanto quello, mi ha motivato a richiedere un intervento a codesto Ordine dei giornalisti.

Tale frase è del tutto falsa e peraltro piú che pregiudizievole nei miei confronti (dovendo, da fuoricorso, laurearmi, un giorno o l'altro). Discutendo con il giornalista, avevo avuto modo di constatare che egli nutriva delle riserve mentali nei confronti della Facoltà di Scienze Politiche. Nel tentativo di confutare i suoi pregiudizi (lombrosiani, piú che fondati su dati di fatto), lo invitai a non scrivere frasi del tipo : " fuoricorso patologico a Scienze Politiche, la facoltà dei fancazzisti ". La frase è invece stata ritorta contro di me e trasformata in una sorta di insinuante autodafé.

Tanta enormità m'ha deciso a verificare anche il resto dell'articolo. Il modo con cui Gramigna l'ha confezionato è sicuramente censurabile sotto il profilo della violazione dell'art. 2 della legge professionale dei giornalisti 3 febbraio 1963, che impone al giornalista "il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri di lealtà e buona fede ".

In particolare, dell'articolo contesto i seguenti passaggi :

1) dichiarazione attribuita a me : " Al telefono gli uomini di Segni non capivano di che cosa parlassi ". Rispondendo a una domanda del Gramigna sui primi tentativi di far conoscere il quesito, gli dissi che, nella primavera del 1997, Marco Nardinocchi ed io mandammo dei fax a diverse personalità che potessero essere interessate all'abolizione della quota proporzionale per via referendaria dalle leggi elettorali. Per eccesso di realismo, gli dissi che ero cosciente del fatto che ai fax, in ragione delle nulle credenziali che vantavamo io e il Nardinocchi, fosse riservata la sorte della cd. cestinazione d'ufficio. Gli precisai, in proposito, che in quel periodo Nardinocchi ed io avevamo avuto contatti telefonici soltanto con esponenti del movimento dei club Pannella (di cui notoriamente non ha mai fatto parte il prof. Segni, né -presumo- i suoi collaboratori), riuscendo -e soltanto dopo lunghe insistenze- a far depositare in Cassazione, nel maggio del 1997 e nell'ambito di un pacchetto di 35 referendum, i nostri due quesiti elettorali. Come peraltro ampiamente palesato in diversi articoli di giornale pubblicati prima che il Gramigna m'intervistasse, ho conosciuto l'on. Segni e i suoi collaboratori soltanto nel febbraio di quest'anno, dopo che l'onorevole Peppino Calderisi e il Prof. Augusto Barbera gli avevano parlato dei quesiti referendari elettorali.

2) " La stanza del piccolo dottor Azzeccagarbugli ha le pareti rivestite di poster di paesaggi e pugnali ". Il manzoniano dottor Azzeccagarbugli, notoriamente, piú che risolvere problemi, li complicava, dissuadendo la povera gente dal far valere i propri diritti. Il paragone è già di per sé fuori luogo. Ma l'aggettivo " piccolo " conclude il teorema : esso mal si concilia con il profilo d'un maturo e cronico fuoricorso ammannito prolissamente dal Gramigna. E' infatti alquanto difficile essere " piccoli " e al tempo stesso fuori corso. En passant, faccio inoltre notare che sulle pareti della stanza cui fa riferimento il Gramigna è appeso di tutto, dalla Déclaration del 1789 a riproduzioni di Guernica e affreschi di Simone Martini, passando per Van Gogh : tutti poster che difficilmente (e comunque con un'estrema banalizzazione) possono essere definiti come paesaggi. Quanto ai cd. pugnali, trattandosi di souvenirs per turisti, dubito che consistano in nient'altro che la custodia.

3) " Pochi libri " : per curiosità, ne ho contati un po', fermandomi al duecentocinquantesimo. Non so se dovessi abitare in una biblioteca nazionale, per soddisfare le aspettative d'un cronista dal linguaggio tanto raffinato.

4) " Emilio è cresciuto nella periferia nebbiosa di Novara, un'adolescenza pigra tra cinema e bar [...] pochi interessi ". Come ho cercato di precisare, seppur invano, al Gramigna, il quartiere dove attualmente dimoro è stato costruito non piú di dieci anni fa, quando dunque la mia adolescenza era da tempo conclusa. Gli confermai inoltre che, negli ultimi anni, ho vissuto a Milano, in Toscana e a Bruxelles : notizia peraltro di pubblico dominio, essendo già stata riportata da altri. Gli aggettivi " nebbiosa " e " pigra ", inoltre, non possono che dipingere spregiudicatamente un quadro grigio e molle, come per infondere nel lettore un accresciuto stupore per il fatto che io, insieme con l'altro ragioniere Nardinocchi, sia riuscito in quest'impresa incredibile di trovare una soluzione ragionevolmente percorribile alle martoriate vicende delle leggi elettorali italiane. Sui " pochi interessi ", dirò piú sotto.

5) " (veste rigorosamente in nero) " : quel giorno, in effetti, ero vestito (rigorosamente) di nero.

6) " La politica ? Non mi interessa... " : sintesi contorta (e paradossale) d'una dichiarazione un po' piú articolata. Rispondendo a una domanda del Gramigna, gli avevo detto che non seguo piú le cronache politiche italiane del giorno per giorno, avendolo già fatto per troppo tempo. Non sono forse gli imbecilli che non cambiano mai vita ?

7) " Perché Scienze politiche ? Ci vanno quelli che non sanno cosa fare da grandi, i fancazzisti ". Attribuendomi questa dichiarazione, il Gramigna ha raggiunto l'apice dell'indecenza. Primieramente, se avessi detto una cosa simile, sarei proprio un imbecille, essendo in prossimità della laurea : non l'avrei detto piú che altro per ragioni di opportunità. Apro qui una parentesi. Marco Nardinocchi ed io abbiamo chiamato i nostri quesiti referendari " opportunisti " (alla Léon Gambetta), per manifestare il nostro rifiuto di ipotesi referendarie integraliste che prescindessero dalla giurisprudenza costituzionale vivente. Non sarei un grande opportunista, se gettassi infamia sulla facoltà che frequento, se non altro per il fatto di dover sostenere ancora quattro esami di profitto. Ma invece, come ho già detto dianzi, avevo affermato l'esatto contrario, facendogli notare che la facoltà di Scienze politiche di Milano gode di una piú che dignitosa reputazione, specie all'estero, e contrariamente a credenze abbastanza diffuse. Gli spiegai inoltre (sempre invano) che, se sono fuoricorso, è anche perché ho lavorato (da ultimo, al Parlamento europeo), prima di riprendere gli studi nel dicembre 1995.

8) " commi e controcommi ", " professorone " : nella mia lunga vita di studente (pur fuoricorso), mai ho utilizzato né l'espressione " professorone ", né quella, affatto sconosciuta alla cultura giuridica, di " controcomma ".

CONCLUSIONI

Per le ragioni sopra esposte, richiedo un intervento di codesto Ordine dei giornalisti di Milano, a postuma tutela della deontologia professionale giornalistica, nonché della verità dei fatti, piú che del mio diritto all'immagine (ormai irrimediabilmente compromesso, cosí come -forse- i miei studi).

Resta inteso che sfido Agostino Gramigna a provare con ogni mezzo e in ogni sede le affermazioni che m'ha attribuito nell'articolo a sua firma, e a dimostrare che mi esprimo con il registro linguistico che m'ha imputato, autorizzandolo a ricorrere, se del caso, a qualunque mio scritto o dichiarazione pubblicata e non contestata.

In fede.
Emilio Colombo

Allegati :
1) articolo di Agostino Gramigna, pubblicato su Sette il 19/3/98, a pag. 92 ;
2) articolo di Sebastiano Messina (la Repubblica, 20/2/98, pag. 17).


Nuova richiesta di rettifica a Sette

Milano, li sabato 4 aprile 1998

Spettabile direttore,

nell'articolo a firma A. Gramigna, pubblicato a pag. 92 di Sette del 19 marzo 1998, sono stato dipinto in modo sprezzante e mi sono stati attribuiti pensieri e affermazioni lesivi della mia dignità, in quanto contrari a verità. Facendo seguito alla diffida inviatavi il 18 marzo dall'Avv. Patrizia De Luca e alla richiesta di rettifica inviatavi il 19 marzo (e rimasta inedita), richiedo formalmente, ai sensi e per gli effetti dell'art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, la pubblicazione della seguente rettifica, di lunghezza equivalente a trenta righe dell'articolo in oggetto:

--------------- INIZIO DELLA RETTIFICA ---------------

Non trovo parole per commentare l'articolo di A. Gramigna, a pag. 92 di Sette del 19/3/98, che mi dipinge come un minus habens. Uso dunque del mio diritto di replica per farne la parafrasi, in italiano: " Emilio Colombo, figlio di un leghista separatista, studia da ragioniere per diventare studente fuoricorso a Scienze Politiche, come i fancazzisti pari suoi. Poche letture, consuma la sua pigra adolescenza a Novara, tra le nebbie padane. Non s'interessa di politica, al punto di sognare D'Alema e la vittoria dell'Ulivo e di covare un uovo referendario. Un Azzeccagarbugli, insomma, ma di quelli piccoli. Si esprime in modo grossolano: "controcommi", "professorone". Eh..., proprio non ne farà, di strada. Ma in fondo, che pretende? Ventotto anni, ancora non sa che fare da grande: continuerà a cazzeggiare fino al marzo 1999; poi, invece di laurearsi, andrà a Parigi; ma non certo a studiare alla Sorbona; piuttosto, a distrarsi dalla sua vita cazzeggiante. Se questo è un uomo, cari lettori... "

--------------- FINE DELLA RETTIFICA ---------------

Complimenti e distanti saluti.
Emilio Colombo


Prima richiesta di rettifica a Sette (rimasta inedita)

Milano, li giovedí 19 marzo 1998

Spettabile direttore,

nell'articolo a firma A. Gramigna, pubblicato a pag. 92 di Sette del 19 marzo 1998, mi sono stati attribuiti pensieri e affermazioni lesivi della mia dignità, in quanto contrari a verità. Facendo anche seguito alla diffida inviatavi ieri dall'Avv. Patrizia De Luca, mi trovo costretto a richiedere la pubblicazione della seguente rettifica, ai sensi e per gli effetti dell'art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 :

" Il ridicolo uccide, come la malerba. Sono rimasto attonito, leggendo l'articolo di Agostino Gramigna, a pag. 92 di Sette del 19/3/98 : notizie e dichiarazioni vere (in gran parte tratte dall'articolo di Sebastiano Messina, apparso nella Repubblica del 20/2, o dal sito Internet del Comdirel) si alternano ad altre, abilmente fraintese o perfino ribaltate.

Avevo detto a Gramigna che Messina aveva già scritto su di me tutto quanto ci fosse da dire. Gramigna avendo insistito, concordammo di parlare dei referendum e di come sono nati, ma non della mia vita privata. Io, sciagurata Cassandra, mantenni le mie riserve : quel cognome suonava fin troppo carico di destino.

Durante il colloquio, parlai di giurisprudenza costituzionale e di sistemi elettorali a un giornalista dagli occhi sbarrati, persi nel vuoto ; lo stesso Gramigna mi confessò il suo smarrimento dinanzi a tali concetti, quando lo rividi con Marco Nardinocchi.

Nel resto dell'articolo, Gramigna ha tracciato di me un profilo piú che grottesco, esprimendo giudizi sprezzanti, trasformando suoi preconcetti in mie dichiarazioni, nonché impiegando aggettivi ammiccanti ("pigra", "nebbiosa") e opinabili neologismi ("controcommi").

Ecco, p.e., che il mio tentativo di confutare i pregiudizi lombrosiani del Gramigna verso gli studenti di Scienze Politiche, è stato impunemente ritorto contro di me e trasformato in una sorta di autodafé.

Egualmente inutile è stato cercare di spiegargli che l'intelligenza, chi non l'ha, non se la può dare, e sicuramente non la può ottenere andando a scuola o vivendo in un certo posto (che sia la nebbiosa pianura padana o l'assolata costa cosentina). "

Distinti saluti
Emilio Colombo

 

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