Il Foglio

Martedì, 10 marzo 1998


Barbera, Calderisi e Segni rispondono a Mattarella
"Il nostro è un referendum bipolarista"

Ci dispiace che Sergio Mattarella ricorra ad affermazioni del tutto prive di fondamento per avversare il nuovo referendum elettorale. Si può benissimo non essere d’accordo con il sistema che scaturisce dal referendum, ma è inaccettabile che si dicano delle grossolane falsità come, ad esempio, quella che il quesito referendario "lascia uno spazio al proporzionale che può essere molto più grande di oggi" o che il 25% dei seggi "viene attribuito a caso". Occorre dare un’informazione puntuale sul quesito e i suoi effetti. Proviamo a farlo.

La legge elettorale della Camera prevede che una quota pari al 75% dei seggi sia assegnata ai candidati vincenti nei rispettivi collegi uninominali e che una quota aggiuntiva pari al 25% dei seggi sia distribuita proporzionalmente tra liste di partito concorrenti. Il referendum non abolisce la quota aggiuntiva del 25% dei seggi, ma abolisce la loro distribuzione proporzionale alle liste di partito. Con il sistema che scaturisce dal referendum questo 25% di seggi viene assegnato non "a caso" ma con una regola molto precisa: vengono eletti candidati che, non avendo vinto nei rispettivi collegi uninominali, hanno tuttavia ottenuto i migliori piazzamenti (tecnicamente le migliori "cifre individuali", cioè i migliori quozienti o rapporti tra numero dei voti e numero dei votanti in ogni collegio; ed è una falsificazione definire il quoziente come "la migliore percentuale proporzionale", come fa Mattarella).

L’elettore non avrebbe più due schede e due voti, ma solo una scheda e un voto per scegliere il candidato nel collegio uninominale che gradisce di più.

Anche per l’elezione del Senato l’elettore dispone oggi di una sola scheda e di un solo voto. Ma il sistema che scaturisce dal referendum è molto diverso. Infatti il sistema vigente per il Senato mantiene il riparto proporzionale del 25% dei seggi tra i gruppi di candidati presentati dalle coalizioni o dai partiti per poi attribuire questi seggi, partito per partito, ai candidati con i migliori quozienti. Di conseguenza, caro Mattarella, anche oggi al Senato il 25% dei seggi è attribuito a chi non ha vinto nei collegi, ma non ai migliori secondi bensì ai candidati in testa nelle graduatorie di partito anche se giunti, addirittura, quarti, quinti o sesti nei rispettivi collegi!

Il sistema, pertanto, è fortemente bipolarizzante, come dimostrano le simulazioni con i risultati elettorali del ’96. Inoltre avremmo coalizioni più salde ed omogenee e meno soggette alla permanente conflittualità interna perché non vi sarebbe più la follia di partiti che si alleano nei collegi, ma poi si fanno la guerra nel proporzionale per contendersi il 25% dei seggi, come avviene oggi in base alla legge elettorale della Camera. I partiti che vogliono governare assieme sarebbero costretti a presentarsi con un solo volto agli elettori. La forte spinta bipolare produrrebbe, molto di più di quanto possa accadere oggi, la formazione di maggioranze assolute.

Certo, per vincere le elezioni bisogna ottenere la maggioranza complessiva dei seggi che sono assegnati in base alle due distinte regole previste dal sistema. Ma è proprio il sistema vigente ad avere due regole contraddittorie: oggi, infatti, chi vince nei collegi (con il 40/45 % dei voti) perde sicuramente nell’attribuzione del 25% dei seggi, non solo a causa dello scorporo ma anche della proporzionale.

Con il sistema che scaturisce dal referendum, invece, le due regole non sono affatto contraddittorie e vi è un elevatissimo grado di probabilità che chi vince nei collegi ha anche i candidati con i migliori piazzamenti. In teoria, è vero, potrebbe accadere il contrario. Ma ciò accadrebbe, molto probabilmente, perché ha ottenuto meno voti. Come è noto, infatti, con il sistema uninominale secco chi vince nella maggioranza dei collegi potrebbe non avere la maggioranza dei voti, come è accaduto talvolta in Gran Bretagna. O come è accaduto nel nostro paese nel ’96, tra voto nei collegi e voto nel proporzionale. Ma parlare in questi casi di "ribaltone", come fa Mattarella, è assurdo perché ciò equivarrebbe ad affermare che il governo Prodi è illegittimo!

In conclusione, quello che scaturisce dal referendum è un buon sistema che favorisce fortemente il bipolarismo. Il temperamento del sistema uninominale secco non avviene con criteri di tipo proporzionale ma proprio attraverso quell’"additional member sistem", con cui Ralf Dahrendorf voleva correggere il sistema inglese. È il miglior sistema? Premesso che il Parlamento può fare ciò che la Corte costituzionale ha finora impedito di ottenere attraverso il Referendum, cioè un sistema integralmente uninominale maggioritario (ridisegnando i collegi o riducendo il numero di seggi), il sistema elettorale va scelto in correlazione con la forma di governo e quindi con la riforma costituzionale.

Augusto Barbera, Peppino Calderisi, Mario Segni

 

Torna alla Rassegna stampa