Segni: il referendum farà
ripartire le riforme
«D'Alema,
aiutaci se vuoi durare»
"Scalfaro? Lo credo
convinto dell'utilità dell'iniziativa.
Berlusconi? La sua posizione resta un mistero"
di Ugo Magri
QUESTI attacchi ripetuti al
referendum, al grido di ''non ammissibile'', mi ricordano
tanto quel tale che disse alla fidanzata: ''Prima di
sposarti, voglio vederti nuda''. Lei riluttante si
spogliò, e a quel punto lui scosse la testa: ''Non ti
sposo, non mi piace il naso''".
Perché ci racconta
questa storiella, professor Segni?
"Perché contro il referendum c'è un partito
preso di chi capisce che può essere l'ancora di salvezza
del vecchio regime. Ma siccome non ha argomenti
giuridici, si appiglia alla lunghezza del naso della
sposa e dice: tanto la Corte lo boccerà. Hanno
cominciato a ripeterlo addirittura prima di conoscere il
quesito".
Forse sperano di
inflenzare la Consulta quando si riunirà per decidere,
il 18 gennaio...
"Vogliono creare intorno alla Corte un clima di
incertezza assolutamente immotivato. Già questa è una
forma di pressione".
Chi sono gli avversari
più insidiosi: i piccoli partiti?
"Se si riferisce alla grande palude centrista,
non c'è dubbio: i clamori si levano soprattutto da
lì".
Berlusconi da che parte
sta?
"Ho appena ringraziato per telefono Pisanu,
presidente dei deputati di Forza Italia, che in
un'intervista ha espresso argomenti filo-referendari. Ma
non c'è dubbio che nella posizione di Berlusconi ci sia
ancora molto mistero. Lui solo potrà chiarirlo".
Parliamo di D'Alema...
"Ben volentieri: è giunto il momento di fare un
discorso aperto e franco al presidente del
Consiglio".
Che ha scelto di
tacere.
"Una posizione formalmente ineccepibile: il
governo deve attendere che si pronuncino tutti gli organi
di controllo, e dunque anche la Corte Costituzionale. Ma
poi vedo che il ministro Folloni ha rilasciato
un'intervista in cui spara a zero contro il
referendum".
Avrà parlato a titolo
personale...
"E che significa? Lei s'immagina D'Alema
presidente del Consiglio che dice ''il governo è
neutrale'', e il deputato D'Alema che fuori del palazzo
di governo si pronuncia sui referendum? Non avrebbe
senso. Quello del ministro è un atto di gravissima
scorrettezza politica, che fa a pugni con la posizione
assunta dal presidente del Consiglio. Rischia di
svuotarla, di vanificarla".
Teme che la Corte possa
interpretarla come una pressione?
"Non sono le pressioni sulla Corte a
preoccuparmi. Mi allarma, semmai, la debolezza delle
istituzioni, di un governo che parla lingue diverse su un
tema così importante. E' la prova che D'Alema avrebbe
molto più interesse di noi a tenere questo
referendum".
Spieghi perché,
professore.
"Se vuole pensare in grande, e non ridursi a una
mera gestione del potere, D'Alema deve dare al Paese uno
Stato moderno".
Ci aveva provato con la
Bicamerale, ricorda?
"Io ero ferocemente contrario alla Bicamerale.
Ma riconosco che alla base c'era un'ambizione giusta.
Purtroppo, lo strumento era sbagliato".
Adesso c'è il
referendum...
"Parliamoci chiaro: o si arriva al voto
popolare, oppure la stagione delle riforme è morta per
sempre. E se noi ci teniamo il Mattarellum, con tutto il
rigurgito centrista e proporzionalista che sta venendo
fuori, lo sbocco non possono che essere governi di
coalizione deboli e rissosi, come nella prima Repubblica.
Avremmo un'accelerazione dei mali che hanno già messo
piombo nelle ali del governo D'Alema...".
Dove vede i segnali di
degenerazione?
"Prenda la battaglia sulla presidenza della
Commissione europea: sta bruciando ogni candidatura
italiana e riportando il nostro Paese nell'Europa di
serie B".
D'Alema ha ribadito che
il candidato sarà Prodi.
"Ma io dico: con che credibilità lo sosterrà
all'estero, quando un partito determinante della
coalizione ne sta facendo un caso politico? Se non si
tiene il referendum, e non si riparte con le riforme,
nella migliore delle ipotesi D'Alema sarà un primus
inter pares, col rischio di essere disarcionato in
qualunque momento".
E se invece si fa il
referendum?
"Se si riapre la strada delle riforme, allora
può diventare un Premier, cioè l'istituzione che guida
il Paese".
Come spiega i dubbi di
D'Alema?
"Forse c'è in lui un residuo di cultura
partitocratica, che è nel Dna della sinistra italiana.
Inoltre, nella prima fase referendaria, c'era anche il
timore che il voto si trasformasse in una condanna del
Parlamento, in un ritorno al qualunquismo".
Come replica?
"Sul Dna della sinistra non ci posso far niente. E'
D'Alema che deve superare gli errori del passato".
E sui rischi di
qualunquismo?
"E' un timore alle spalle. Come ha detto Violante,
il referendum è una molla per il treno riformistico, non
un ostacolo. E se il referendum riapre il cantiere delle
riforme, allora restituisce anche al Parlamento la
possibilità di lavorare e fare la sua parte. Inutile
dire che, in questo caso, il referendum rafforzerebbe
anche la legislatura: sarebbe una sfida al Parlamento
perché faccia una riforma presidenzialistica prima delle
prossime elezioni. Il referendum allontana il rischio di
voto anticipato".
Non era stato proprio
Scalfaro a dire che, se passa il referendum, bisogna
votare subito?
"Mi pare che abbia smentito. E comunque, non
sarei d'accordo. Anzi: credo che nel '94 abbiamo fatto un
errore a votare prima di completare la riforma
maggioritaria. Se dopo il referendum si riaprisse uno
spazio per le riforme, sarebbe delittuoso non
approfittarne".
Scalfaro è favorevole
al referendum oppure no?
"Il capo dello Stato è super partes. Ma
quando lo vedemmo nell'incontro con il Comitato
referendario, avemmo la netta sensazione di un Presidente
profondamente convinto dell'utilità del referendum in
una situazione bloccata come l'attuale. Ho motivo di
credere che non abbia cambiato idea".
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