La Stampa

Mercoledì, 6 gennaio 1999


Segni: il referendum farà ripartire le riforme
«D'Alema, aiutaci se vuoi durare»
"Scalfaro? Lo credo convinto dell'utilità dell'iniziativa.
Berlusconi? La sua posizione resta un mistero"
di Ugo Magri

QUESTI attacchi ripetuti al referendum, al grido di ''non ammissibile'', mi ricordano tanto quel tale che disse alla fidanzata: ''Prima di sposarti, voglio vederti nuda''. Lei riluttante si spogliò, e a quel punto lui scosse la testa: ''Non ti sposo, non mi piace il naso''".

Perché ci racconta questa storiella, professor Segni?
"Perché contro il referendum c'è un partito preso di chi capisce che può essere l'ancora di salvezza del vecchio regime. Ma siccome non ha argomenti giuridici, si appiglia alla lunghezza del naso della sposa e dice: tanto la Corte lo boccerà. Hanno cominciato a ripeterlo addirittura prima di conoscere il quesito".

Forse sperano di inflenzare la Consulta quando si riunirà per decidere, il 18 gennaio...
"Vogliono creare intorno alla Corte un clima di incertezza assolutamente immotivato. Già questa è una forma di pressione".

Chi sono gli avversari più insidiosi: i piccoli partiti?
"Se si riferisce alla grande palude centrista, non c'è dubbio: i clamori si levano soprattutto da lì".

Berlusconi da che parte sta?
"Ho appena ringraziato per telefono Pisanu, presidente dei deputati di Forza Italia, che in un'intervista ha espresso argomenti filo-referendari. Ma non c'è dubbio che nella posizione di Berlusconi ci sia ancora molto mistero. Lui solo potrà chiarirlo".

Parliamo di D'Alema...
"Ben volentieri: è giunto il momento di fare un discorso aperto e franco al presidente del Consiglio".

Che ha scelto di tacere.
"Una posizione formalmente ineccepibile: il governo deve attendere che si pronuncino tutti gli organi di controllo, e dunque anche la Corte Costituzionale. Ma poi vedo che il ministro Folloni ha rilasciato un'intervista in cui spara a zero contro il referendum".

Avrà parlato a titolo personale...
"E che significa? Lei s'immagina D'Alema presidente del Consiglio che dice ''il governo è neutrale'', e il deputato D'Alema che fuori del palazzo di governo si pronuncia sui referendum? Non avrebbe senso. Quello del ministro è un atto di gravissima scorrettezza politica, che fa a pugni con la posizione assunta dal presidente del Consiglio. Rischia di svuotarla, di vanificarla".

Teme che la Corte possa interpretarla come una pressione?
"Non sono le pressioni sulla Corte a preoccuparmi. Mi allarma, semmai, la debolezza delle istituzioni, di un governo che parla lingue diverse su un tema così importante. E' la prova che D'Alema avrebbe molto più interesse di noi a tenere questo referendum".

Spieghi perché, professore.
"Se vuole pensare in grande, e non ridursi a una mera gestione del potere, D'Alema deve dare al Paese uno Stato moderno".

Ci aveva provato con la Bicamerale, ricorda?
"Io ero ferocemente contrario alla Bicamerale. Ma riconosco che alla base c'era un'ambizione giusta. Purtroppo, lo strumento era sbagliato".

Adesso c'è il referendum...
"Parliamoci chiaro: o si arriva al voto popolare, oppure la stagione delle riforme è morta per sempre. E se noi ci teniamo il Mattarellum, con tutto il rigurgito centrista e proporzionalista che sta venendo fuori, lo sbocco non possono che essere governi di coalizione deboli e rissosi, come nella prima Repubblica. Avremmo un'accelerazione dei mali che hanno già messo piombo nelle ali del governo D'Alema...".

Dove vede i segnali di degenerazione?
"Prenda la battaglia sulla presidenza della Commissione europea: sta bruciando ogni candidatura italiana e riportando il nostro Paese nell'Europa di serie B".

D'Alema ha ribadito che il candidato sarà Prodi.
"Ma io dico: con che credibilità lo sosterrà all'estero, quando un partito determinante della coalizione ne sta facendo un caso politico? Se non si tiene il referendum, e non si riparte con le riforme, nella migliore delle ipotesi D'Alema sarà un primus inter pares, col rischio di essere disarcionato in qualunque momento".

E se invece si fa il referendum?
"Se si riapre la strada delle riforme, allora può diventare un Premier, cioè l'istituzione che guida il Paese".

Come spiega i dubbi di D'Alema?
"Forse c'è in lui un residuo di cultura partitocratica, che è nel Dna della sinistra italiana. Inoltre, nella prima fase referendaria, c'era anche il timore che il voto si trasformasse in una condanna del Parlamento, in un ritorno al qualunquismo".

Come replica?
"Sul Dna della sinistra non ci posso far niente. E' D'Alema che deve superare gli errori del passato".

E sui rischi di qualunquismo?
"E' un timore alle spalle. Come ha detto Violante, il referendum è una molla per il treno riformistico, non un ostacolo. E se il referendum riapre il cantiere delle riforme, allora restituisce anche al Parlamento la possibilità di lavorare e fare la sua parte. Inutile dire che, in questo caso, il referendum rafforzerebbe anche la legislatura: sarebbe una sfida al Parlamento perché faccia una riforma presidenzialistica prima delle prossime elezioni. Il referendum allontana il rischio di voto anticipato".

Non era stato proprio Scalfaro a dire che, se passa il referendum, bisogna votare subito?
"Mi pare che abbia smentito. E comunque, non sarei d'accordo. Anzi: credo che nel '94 abbiamo fatto un errore a votare prima di completare la riforma maggioritaria. Se dopo il referendum si riaprisse uno spazio per le riforme, sarebbe delittuoso non approfittarne".

Scalfaro è favorevole al referendum oppure no?
"Il capo dello Stato è super partes. Ma quando lo vedemmo nell'incontro con il Comitato referendario, avemmo la netta sensazione di un Presidente profondamente convinto dell'utilità del referendum in una situazione bloccata come l'attuale. Ho motivo di credere che non abbia cambiato idea".

 

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