ELETTRODOTTI E CAMPI ELETTROMAGNETICI A BASSA FREQUENZA: RICERCA SCIENTIFICA E POLITICA NORMATIVA. G.A. Lovisolo [1] , C. Marino [1], L. Raganella [1] , P. Tognolatti [2] e F. Mauro [1] [1] Dipartimento Ambiente, C.R.E. Casaccia, ENEA [2 ]Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Universita' dell'Aquila INTRODUZIONE Da molti anni viene avanzata l'ipotesi che i campi elettromagnetici a bassa frequenza siano oncogeni (Wertheimer et al, 1979). Il sospetto ha generato la promozione di molte ricerche, che pero' ad oggi non hanno portato a risultati certi. E' cresciuta invece la richiesta della restrizione immediata delle norme di sicurezza, con l'introduzione di standard di tutela piu' severi. Negli USA sono in aumento le cause intentate da privati contro le compagnie elettriche, in Italia sono state proposte ed approvate una serie di leggi regionali "per la prevenzione dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti" notevolmente restrittive ed e' stata anche presentata una proposta di legge d'iniziativa dei deputati Scalia et al. che ricalca lo spirito e la sostanza di quelle regionali. Usando a pretesto quest'ultima iniziativa e le affermazioni su cui essa e' fondata, si ritiene utile riproporre una riflessione sull'argomento. L'eventuale inquinamento elettromagnetico in generale ed in particolare quello legato agli elettrodotti e' la conseguenza di una serie di attivita' legate allo sviluppo economico e sociale. Bisogna pertanto individuare quel punto di equilibrio tale che i costi, non solo in termini monetari ma anche etici, siano convenienti rispetto ai benefici che se ne traggono. Tale punto di equilibrio dovrebbe essere rappresentato dai limiti di legge. La selezione del limite massimo consentito e le indicazioni di risanamento sono processi che si devono avvalere delle conoscenze scientifiche disponibili sulla tipologia e sull'entita' del rischio e che contengono considerazioni economiche, politiche e sociali, ed arrivano alla determinazione di un rischio accettabile. In ogni caso compete agli esperti l'approfondimento tecnico-scientifico delle conoscenze e la loro diffusione, mentre compete alla sfera politica, cioe' a chi ne ha avuto la delega, la scelta normativa. INDICAZIONI INTERNAZIONALI Il problema dei possibili effetti dei campi elettromagnetici sulla salute e' stato affrontato nella sede che si ritiene piu' autorevole, e cioe' l'Organizzazione Mondiale della Sanita' (O.M.S.), che ha pubblicato nel 1984 un rapporto "Extremely low frequency fields" e nel 1987 uno "Magnetic fields", entrambi nell'ambito del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP). Piu' recentemente nel 1990, e sempre sotto gli auspici dell'O.M.S. e dell'UNEP, e' stato pubblicato il rapporto redatto dall'International Non-Ionizing Radiation Committee (INIRC) dell'International Radiation Protection Association (IRPA), frutto di un accurato lavoro svolto da un gruppo di esperti internazionali tramite un'attenta analisi critica dei problemi ed un minuzioso esame dei dati disponibili sull'argomento, con il suggerimento dei limiti per l'esposizione sia al campo elettrico che magnetico del personale esposto e della popolazione. Nel documento si individuano come fonte di eventuali effetti biologici le correnti indotte all'interno del corpo. Tra 1 e 10 mA/m2 sono riportati solo effetti biologici di scarsa entita'. Gli effetti si fanno evidenti e via via pericolosi da 10 mA/m2 fino al di sopra dei 1000 mA/m2 ove vi sono rischi sanitari gravi. Nel rapporto in questione viene tra l'altro osservato che le correnti endogene nel corpo arrivano tipicamente fino a 10mA/m2, anche se, durante certe funzioni, le stesse possono essere anche molto piu' alte. Da queste considerazioni e dai dati sperimentali nasce il criterio base adottato per la definizione dei limiti per i campi elettrici e magnetici. Questo criterio consiste nel limitare a non piu' di 10 mA/m2 la densita' delle correnti indotte nella testa e nel tronco da un'esposizione continua a campi elettrici e magnetici a 50/60 Hz. Per indurre nella parte superiore del corpo umano una densita' di corrente media di 10 mA/m2 a 50 Hz occorrerebbe un campo elettrico di circa 25 kV/m o un campo magnetico di circa 5 mT. L'INIRC/IRPA ha tuttavia ritenuto opportuno, in via prudenziale, adottare dei margini di sicurezza piu' larghi (vedi tabella seguente) e che tenessero conto in modo differenziato, come sempre, della popolazione e dei lavoratori professionalmente esposti. Tipo esposizione Campo elettrico (kV/m) Induzione magnetica (mT) Lavoratori 10 0.5 Popolazione 5 0.1 Peraltro l'INIRC/IRPA non ha ignorato l'esistenza di alcuni studi epidemiologici che suggeriscono una possibile associazione tra l'esposizione a campi magnetici e un aumento dell'incidenza di tumori tra bambini , adulti o gruppi professionali. Pero' il punto di vista al riguardo e' il seguente: "Sebbene alcuni studi epidemiologici suggeriscono una possibile associazione tra l'esposizione a campi a 50/60 Hz e neoplasia, altri non ne indicano alcuna. Non solo non e' dimostrata una tale associazione, ma i dati attuali non ne forniscono alcuna base per una definizione del rischio sanitario che sia utile ai fini dello sviluppo di limiti di esposizione. NORMATIVA COMUNITARIA E NAZIONALE La Direzione V della CEC al fine della preparazione di una direttiva comunitaria sulla protezione dei lavoratori da agenti fisici, e per quanto riguarda i campi elettromagnetici, ha invitato tre istituti - Istituto Superiore di Sanita' (I), National Radiological Protection Board (UK) e Institut fur Strahlenhygiene/Bundesamt fur Strahlenschutz (D) -, che operano nei rispettivi paesi nel campo della protezione da radiazioni non ionizzanti, a formulare proposte in merito. Le proposte avrebbero dovuto basarsi, ove possibile, sulle attivita' dell'INIRC/IRPA che rappresentano l'opinione della comunita' scientifica e assicurano un collegamento con altre organizzazioni internazionali quali l'O.M.S. e l'International Labour Office. Il gruppo di esperti incaricato di elaborare la proposta suddetta ha concluso la sua attivita' predisponendo un documento che contiene suggerimenti in merito alla individuazione di limiti per l'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici. In particolare vengono proposte "restrizioni di base" sulle grandezze primarie che, a seconda della gamma di frequenze considerate, caratterizzano l'interazione dei campi elettromagnetici con gli esseri viventi. Per le basse frequenze (da 1 Hz fino a 100 kHz) la grandezza primaria e' identificata con la densita' di corrente indotta ai corpi. Le restrizioni di base relative alle frequenze d'uso degli elettrodotti individuano un limite di 4 mA/m2 (quindi resta ampiamente protettivo il limite INIRC/IRPA di 0.1 mT) e, al fine di eliminare effetti dovuti alla percezione delle cariche elettriche, viene suggerito un limite per il campo elettrico di 5 kV/m. Per il resto, salvo qualche modesta differenza anche nella filosofia con cui e' stato affrontato il problema, nella sostanza i suggerimenti contenuti nel rapporto in questione appaiono allineati con quelli dell'INIRC/IRPA. E' stata recentemente ultimata nel Comitato 111 del CENELEC (Comite' Europeen de Normalisation Electrique) un progetto di normativa per la protezione della popolazione e dei lavoratori dai campi elettromagnetici. In Italia dopo i DM 21/3/88 e 16/1/91 del Ministero LL.PP., riguardanti le norme tecniche, ed il loro aggiornamento, per la disciplina delle costruzioni e dell'esercizio di linee elettriche aeree esterne, ed il DPCM 23/4/92 proposto dal Ministero dell'ambiente con i limiti per l'esposizione della popolazione ai campi magnetici ed elettrici a 50 Hz e le conseguenti azioni di pianificazione e risanamento, si e' in attesa delle modifiche a quest'ultimo per renderlo applicabile a tutti gli effetti. Per superare alcune incongruenze tra la definizione dei limiti di campo e distanze prefissate dalle abitazioni piu' restrittive, e' stata istituita dal Ministero dell'ambiente una commissione di esperti, tra cui ISS, ENEA, ISPESL, C.E.I., ecc., che, pur con ritardo, sta elaborando con alcuni tecnici rappresentanti delle Regioni, un aggiornamento del testo. L'ENEL a suo tempo dichiaro' che il costo complessivo dell'applicazione (azioni di risanamento e nuova disciplina per le future costruzioni) delle norme del DPCM sarebbe stato di molte migliaia di miliardi di lire (?). A questo proposito il Ministero LL.PP. potrebbe, in collaborazione con ENEL e FF.SS. (poiche' anche le ferrovie sono coinvolte nei risanamenti e nei progetti futuri), mettere a punto una valutazione dei costi dell'applicazione del DPCM aggiornato e della proposta in oggetto. Va infine ricordato che in ambiente industriale e anche domestico si trovano numerose sorgenti di campi magnetici che danno origine a campi piu' elevati di quelli determinati da linee e stazioni elettriche. Valori tipici di campo magnetico emessi da comuni elettrodomestici: Sorgente Densita' di flusso magnetico [mT] Rasoio elettrico 10-2000 Asciugacapelli 5-1000 Lampada da tavolo (a 30 cm) 1-10 Cucine elettriche (a 30 cm) 0.5-5 Recentemente e' stato completato uno studio C.N.R. per lo sviluppo e la messa a punto di un sistema per la determinazione dell'esposizione ai campi elettrici e magnetici ELF, che utilizza modelli e misure opportunamente integrate, in grado di valutare i contributi al campo magnetico totale sia delle sorgenti esterne, cioe' elettrodotti, che delle sorgenti interne, cioe' elettrodomestici, nelle abitazioni. E questo potrebbe rivelarsi uno strumento importante per lo sviluppo di ulteriori studi, consentendo di valutare in modo attendibile la reale esposizione della popolazione in studio. EFFETTI BIOLOGICI E SANITARI DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI I possibili effetti dovuti all'esposizione ai campi elettromagnetici, vengono studiati con metodi diversi. Per lo studio degli effetti sanitari sono fondamentali le indagini epidemiologiche, ma vengono condotti anche studi sperimentali con ricerche in vitro ed in vivo, valutazioni basate su modelli matematici o con l'uso di manichini di adeguate proprieta' chimiche e fisiche. Ciascuna di queste modalita' di ricerca presenta limiti e fornisce risposte parziali e non conclusive. Studi sperimentali. Sono stati studiati i possibili effetti all'esposizione a campi elettromagnetici su moltissimi sistemi biologici: sono state segnalate interazioni con il sistema emopoietico, cardiovascolare, endocrino, immunitario, nervoso. Possibili interferenze con i processi di differenziamento, crescita e sviluppo dell'organismo di tessuti ed apparati sono stati evidenziati solo in seguito all'esposizione sperimentale a campi creati artificialmente, con intensita' non comparabile con quelle che si riscontrano in prossimita' delle linee elettriche ad alta tensione, sia con sperimentazione in vitro che in vivo. Gli studi sperimentali in vitro sono fondamentali per la comprensione dei meccanismi biologici a livello cellulare e molecolare coinvolti nell'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi. Sono state osservate varie anomalie imputabili all'esposizione a campi elettromagnetici ELF. E' ad esempio dimostrato che l'esposizione a campi elettromagnetici puo' alterare lo scambio dallo ione calcio attraverso la membrana cellulare, modificando percio' la sua concentrazione intracellulare ed interferendo con i processi di relazione tra cellule, il riconoscimento ed il differenziamento. Questi fenomeni potrebbero essere correlati con l'ipotetica azione cancerogena. Un altro meccanismo biologico che potrebbe avere un ruolo significativo nei fenomeni di cancerogenesi coinvolge la melatonina, ormone prodotto dall'epifisi in relazione al ciclo giorno-notte. E' stata piu' volte osservata nell'uomo un'associazione tra secrezione di melatonina e cancro, in particolare mammario e prostatico: i livelli ematici di melatonina tendono a diminuire in alcuni casi di cancro, mentre aumentano in seguito ad alcuni tipi di chemioterapia. Alcuni dati indicano che la melatonina potrebbe inibire la crescita di tumori, ma la sua produzione potrebbe essere a sua volta modificata da esposizione ai campi ELF. Al momento i risultati sperimentali ottenuti in vitro non permettono tuttavia di attribuire "plausibilita' biologica" agli ipotizzati fenomeni di carcinogenesi. Ricordiamo che la carcinogenesi viene descritta come un fenomeno composto di due fasi. La prima ("iniziazione") coinvolgerebbe direttamente il materiale genetico (DNA), ma non consisterebbe ancora in un vero fenomeno neoplastico in quanto ne mancano le tipiche manifestazioni. Occorre infatti l'azione successiva di un "agente promotore" di varia natura avente scarsissime o nulle proprieta' cancerogene in se', ma in grado di "promuovere" lo sviluppo in senso tumorale di cellule precedentemente iniziate. Si puo' ritenere che i campi ELF, se venisse dimostrata l'associazione con qualche tipo di tumore, non agiscano come iniziatori ma come promotori del fenomeno. E' importante quindi mettere a punto strategie di sicurezza che provvedano innanzitutto a ridurre la presenza di agenti "iniziatori" nell'ambiente e nei luoghi di vita e di lavoro e, piu' in generale, che gli interventi risanatori prevedano un ordine dipendente dalla pericolosita' e dal costo. Studi epidemiologici. Le indagini epidemiologiche non sono di facile valutazione per vari motivi: numerose variabili interferiscono e si sovrappongono sia negli ambienti di vita che di lavoro, per cui eventuali patologie riscontrate sono tipicamente multifattoriali e difficilmente imputabili a una sola causa. Inoltre nel caso dei campi ELF non vi sono parametri biologici precisi e affidabili per caratterizzare gli effetti sull'uomo; l'esposizione e' ubiquitaria, per cui gli studi caso-controllo sono spesso poco rappresentativi e non specificano l'esposizione a campi elettromagnetici ad altre frequenze (principalmente radioonde). Nel caso degli effetti biologici dovuti all'esposizione a campi ELF, la relazione causale e' resa incerta in primo luogo dal fatto che le dimensione numeriche degli ipotizzati incrementi di alcune patologie sono, estremamente esigui e in secondo luogo dalla difficolta' di stabilire un' eventuale correlazione positiva tra aumento dell'esposizione e incremento dell'incidenza di alcune patologie. Uno studio molto citato a sostegno dell'atteggiamento normativo restrittivo, quello di Feychting ed Ahlbom di Stoccolma, che individua una tendenza alla correlazione tra campi magnetici dovuti alle linee elettriche ed un incremento dei casi di leucemia infantile (0-14 anni), riguarda 39 casi complessivi di leucemia infantile nell'arco di 25 anni su una popolazione di circa 450 mila abitanti (i casi complessivi di leucemia comprendenti anche gli adulti per la stessa popolazione e nello stesso arco di tempo sono 364). Inoltre dall'analisi dei dati dello studio in questione risulta che l'incidenza dei casi di leucemia infantile causati dagli elettrodotti sarebbe stato di alcuni casi in 25 anni su 450 mila persone. Il numero ridotto dei casi fa comprendere l'errore di valutazione possibile. Generalmente, viene considerato (OMS, 1987) un rischio accettabile per la popolazione una fatalita' (ossia un tumore con esito mortale) compresa tra 1/100.000 ed 1/1.000.000. Tale "dose", che puo' indurre questa bassa frequenza di risposta, viene detta dose virtualmente sicura (VSD=virtually safe dose) Stima dei rischi per la durata della vita associati ad alcune attivita' o fenomeni naturali: Cause di morte Rischio Cancro 2.0x10-1 Incidenti stradali 1.5x10-2 Annegamento 2.5x10-3 Disastri naturali 1.4x10-3 Incidenti con aerei 7.0x10-4 Incidenti con elettricita' 3.0x10-4 Incidenti da fulmine 3.0x10-5 Negli ultimi anni sono comparse alcune decine di studi che valutano la possibilita' di correlazione tra l'esposizione a campi elettromagnetici ed i tumori. Gli studi sul possibile incremento del rischio di insorgenza di neoplasie riguarda sia categorie particolarmente esposte per ragioni occupazionali che gruppi della popolazione caratterizzati da particolari esposizioni residenziali. Solo una parte di questi riporta risultati statisticamente significativi e si puo' cercare di qualificare l'entita' del rischio di neoplasia, che quelli positivi sembrerebbero indicare. Si definisce "rischio relativo" il rapporto tra l'incidenza della malattia negli episodi a fattore di rischio (nel caso specifico a campi ELF) e l'incidenza nei soggetti non esposti. Quanto piu' il valore di rischio relativo cresce rispetto all'unita', tanto maggiore e' il peso del fattore di rischio. Occorrono inoltre test statistici per verificare se l'associazione esposizione-malattia e' reale o e' dovuta al caso. Spesso si ricorre alla determinazione di un intervallo fiduciale ovvero dei limiti di confidenza. Se il limite inferiore dell'intervallo comprende il rischio relativo di 1 il risultato (cioe' l'associazione esposizione-malattia) non e' significativo. QUADRO STORICO E VALUTAZIONE DEI RISULTATI EPIDEMIOLOGICI Gli studi relativi ai campi ELF che documentano rischi statisticamente significativi sono pochi: uno di questi, condotto da Wertheimer e Leeper nel 1979 su 344 casi di tumore nel periodo 1946-1973 a Denver, fu uno dei primi che indusse a focalizzare l'attenzione sul fenomeno, in quanto segnalava che le abitazioni con bambini affetti da tumore si trovavano piu' vicini a configurazione ad alta corrente elettrica rispetto a quelle dei controlli. Tra gli studi che sembrano trovare una correlazione tra esposizione a campi ELF e insorgenza di tumori e' particolarmente importante quello condotto da Savitz e pubblicato nel 1988. L'autore seleziono' tutti i casi di tumore nel periodo 1978-1983 nei bambini sino a 14 anni di eta' residenti a Denver. Per ogni caso venne scelto un controllo di pari sesso ed eta'. Vennero inoltre considerati vari possibili fattori di rischio (esposizioni a raggi X, reddito, occupazione dei genitori) e il livello di esposizione venne determinato sia mediante misure dirette del campo magnetico, sia attraverso una codifica delle abitazioni in base alle configurazioni elettriche nelle vicinanze, analoga a quella adottata da Wertheimer e Leeper. Le indagini epidemiologiche su lavoratori professionalmente esposti, condotte a partire dagli anni Ottanta, mostrano anch'esse, nel loro complesso, una certa associazione tra l'esposizione ai campi, generalmente stimata sulla base delle mansioni lavorative, e l'incidenza dei tumori. L'Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione, aggregando i risultati dei vari studi pubblicati, ha trovato un rischio relativo per le leucemie di 1.18, ma pochissimi studi dimostrano un aumento di rischio statisticamente significativo. Successivamente fra gli studi epidemiologici dei paesi scandinavi ha risonanza quello di Feychting e Ahlbom, ricercatori del Karolinska Institute di Stoccolma, pubblicato nel 1992, che, come gia' riferito, individua una tendenza alla associazione tra esposizione a campi magnetici ELF e l'aumento di casi di leucemia infantile e di tumori cerebrali tra gli adulti. Cio' era in parte opposto a dati precedenti (Tomenius, Bioelectromagnetics 1986) che ritrovavano negativa l'associazione ELF e leucemia infantile e positiva quella con tumori cerebrali infantili che invece gli svedesi non avevano trovato. Nel 1992 in Gran Bretagna, in Olanda e negli USA sono stati emanati documenti a livello governativo che tracciano un bilancio complessivo delle attuali conoscenze scientifiche sul problema. Un Gruppo Consultivo per lo studio delle radiazioni non ionizzanti istituito presso il National Radiological Protection Board (NRPB) in Gran Bretagna ha sintetizzato i risultati del lavoro nel primo dei rapporti sopra menzionati. Da questo emerge che non vi e' nessuna chiara evidenza di rischio cancerogeno da parte dei normali livelli dei campi elettromagnetici a frequenza industriale, a radiofrequenza o a microonde cui la popolazione e' esposta. I dati epidemiologici in particolare, aggiunge il Gruppo Consultivo, non sembrano fornire una base per limitare l'esposizione a radiazione elettromagnetica non ionizzante. Il Gruppo Consultivo afferma inoltre che occorrono ancora studi per chiarire ulteriormente eventuali ruoli dei campi ELF nella promozione dei tumori. In particolare sono necessari studi a larga scala su bambini affetti da tumore e relativi controlli, studi che definiscano le posizioni comparate di uomini e donne in differenti occupazioni e studi che verifichino sperimentalmente la capacita' dei campi elettromagnetici di agire come promotori di tumori. Il documento emanato dal Health Coucil of the Netherlands giunge a considerazioni analoghe, sostenendo che le conoscenze scientifiche attuali non giustificano l'affermazione che esistano relazioni tra esposizioni professionali o residenziali prolungate e situazioni patologiche. Il Comitato olandese afferma quindi che dalle ricerche pubblicate non e' possibile concludere che l'esposizione ai campi magnetici ELF generati delle reti di distribuzione o da apparecchiature di uso domestico possono avere influenza su fenomeni tumorali o sullo sviluppo del feto durante la gravidanza. Similmente una commissione di scienziati altamente qualificati, istituita dal Presidente degli USA, riuniti dalle Universita' Associate di Oak Ridge (ORAU), dopo una approfondita analisi degli studi fino ad allora disponibili, alla fine del 1992 ha elaborato un rapporto di 350 pagine molto articolato ed esauriente in cui si concludeva che non vi era nessuna evidenza convincente, nella letteratura pubblicata, per sostenere la tesi di una correlazione tra esposizione a campi elettrici o magnetici ELF e rischi sanitari dimostrabili. Nel 1993 uno studio condotto da ricercatori dell'Universita' della California, nell'arco di 28 anni, su 36.211 lavoratori di una grande societa' elettrica ha ritrovato valori di incidenza tumorali conformi alla media. I risultati di un analogo studio svolto da ricercatori canadesi e francesi su 220 mila lavoratori di societa' elettriche nell'intervallo di 20 anni indicano una tendenza alla possibile correlazione con un aumento dei casi di leucemia, ma gli stessi autori spiegano che il risultato non evidenzia l'associazione campi magnetici ELF e leucemia, e che il numero di lavoratori affetti dal problema e' stato veramente piccolo, stimato nell'ordine di un caso su 200 mila. Ed infine un recente studio di David Savitz della University of North Carolina School of Public Health pur ritrovando questa volta la tendenza ad una possibile correlazione tra campi magnetici ELF e tumori cerebrali e non leucemia, capovolge nuovamente i risultati degli svedesi e parzialmente quelli canadesi. Questa costituisce una ulteriore riprova, anche per i piccolissimi numeri del fenomeno, della probabile presenza di fattori confondenti casuali. CONCLUSIONI Si puo' ritenere che non vi siano al momento convincenti evidenze di un aumento del rischio relativo, anche di lieve entita'. Infatti: - i pochi studi finora portati a termine suggeriscono che i campi elettromagnetici non sono mutagenici (vedi sintesi NRPB-R239, 1991); - il fatto che non si possa "stabilire con sicurezza quali siano i limiti di esposizione ammissibili sotto il profilo della prevenzione primaria" non e' da attribuirsi alla "mancata programmazione di adeguate indagini e ricerche sull'argomento", ma, come e' detto altrove e come si evince dalla mole di pubblicazioni che negli anni si e' accumulata sull'argomento, piuttosto ai bassissimi livelli di rischio correlati, sempre che esistano; - i piu' recenti studi epidemiologici (McGill University di Montreal e University of North Carolina School) pur essendo segnalati come i migliori studi realizzati ad oggi, per stessa ammissione degli autori, danno risultati non definitivi o conclusivi, il che implica che "se c'e' correlazione tra campi elettromagnetici e cancro l'effetto e' modesto"; - non esiste un documento ufficiale, anche se molto citato, dell'EPA che, rispetto la cancerogenicita', classifichi i campi elettromagnetici allo stesso livello di formaldeide e cadmio, e piu' a rischio dei famosi D.D.T. e diossina. Quindi non risultano giustificate dalle conoscenze attuali le proposte di ridurre di 1000 volte i limiti di campo magnetico, che comporterebbero costi consistenti per la collettivita'. In conclusione non resta che ribadire che, mentre sono esclusi effetti sanitari immediati dei campi elettromagnetici ELF di intensita' confrontabile con quelle presenti in prossimita' di linee ad alta tensione, dagli studi scientifici emerge che l'associazione tra incidenza del cancro ed esposizione cronica a campi ELF non e' al momento dimostrabile. E' necessario forse condurre altri studi epidemiologici, anche se le ridotte dimensioni numeriche del fenomeno fanno prevedere molto difficile la possibilita' di arrivare a conclusioni certe. Sono quindi necessari anche studi sperimentali che permettano di chiarire i meccanismi dell'interazione tra campi elettromagnetici e i biosistemi (l'ENEA, insieme ad alcuni altri gruppi di ricerca italiani, sta conducendo attivita' sperimentale biologica). L'applicazione del DPCM dell'aprile 1992, opportunamente aggiornato, consentirebbe di risanare le situazioni che non rientrano nei limiti di sicurezza definiti nel decreto e di avviare quei comportamenti di concertazione e pianificazione, che si ritrovano nello spirito della proposta di legge in oggetto, e che necessitano di tempi praticabili. E' amaro constatare che in molti casi si dovranno affrontare con costi non irrisori dei risanamenti per situazioni che si sono determinate da comportamenti fuorilegge (costruzioni abusive vicino a linee preesistenti). RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Linee guida e normative WHO: Environment Health Criteria 35. Extremely Low Frequency (ELF) Fields. World Health Organization, Geneva. 1984. WHO: Environment Health Criteria 69. Magnetic Fields. World Health Organization, Geneva. 1987. IRPA/INIRC. Interim guidelines on limits of exposure to 50/60 Hz electric and magnetic fields. Health Phys., vol. 58: pp. 113-122, 1990. 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Riversamento elettronico e pubblicazione in rete a cura di: ***************************************************** Chim. Dott. Alfonso Minio e-mail : chemwiz@geocities.com, simalf@mbox.vol.it http://www.geocities.com/CapeCanaveral/1648 *****************************************************