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ITALO SVEVO LA VITA Pseudonimo di Aron Hector Schmitz, nacque a Trieste da una famiglia di origini ebree il 19 Dicembre 1861. Dopo aver compiuto gli studi medi in Germania dove apprese la lingua tedesca, intraprese successivamente gli studi commerciali; in seguito fu impiegato di banca e socio di unimpresa industriale. Dopo aver scritto le sue prime due opere "Una vita" e "Senilità", che resteranno peraltro a lungo ignorate, Svevo conobbe James Joyce e tale fatto ebbe uninfluenza immediata e decisiva sulla sua vita e sulla sua attività di scrittore. Dopo la guerra intraprese la stesura del suo romanzo più noto "La Coscienza di Zeno" che ottenne i primi riconoscimenti allestero e che fece sì che Svevo acquistasse improvvisamente popolarità. Morì in un incidente stradale il 13 Settembre 1928. LARTE E LA PERSONALITA Italo Svevo si presenta come un letterato atipico, che rispecchia la sua condizione di borghese declassato. La sua fu una formazione internazionale, la Trieste aperta di fine 1800, crocevia di razze e di culture tra cui quella tedesca, protestante e raffinata, quella italiana, segnata dal problema della lingua e con fremiti irredentisti, quella slava, legata al mondo contadino, e quella ebraica che costituiva un caso particolare con il suo atteggiamento arguto e tragico, fantasioso e realista. Le sue influenze culturali vanno ricercate in Freud, in Schopenhauer e in Nietzsche da cui ricava lidea che la malattia sia una condizione intellettualmente positiva, senza la quale non si potrebbe analizzare la propria psiche e non si potrebbero superare le certezze dei "sani". Di Marx, Svevo accetta il materialismo storico, anche se non crede ad un miglioramento sociale, mentre del determinismo Darwiniano accetta la teoria secondo la quale il comportamento umano è dovuto a leggi immutabili. In campo letterario Svevo si lega ai grandi realisti dellottocento come Balzac e Flaubert, oltre che a Proust e a Joyce che lo apprezzò soprattutto per la sua capacità di analizzare la personalità umana. Nei suoi romanzi (ma anche nelle novelle più riuscite) Svevo raccontò limpossibilità, che è tipica delluomo moderno, di inserirsi nella società e spiegò come questo mancato inserimento derivasse da motivazioni e disagi non solo individuali, ma universali determinati da fattori non solo psicologici ma anche sociali ed economici (la lezione di Marx è ben viva, in questo senso): egli raccontò, distruggendo la forma-romanzo elaborata dal naturalismo, la fine dei grandi imperi e la crisi della piccola borghesia, ma anche la solitudine di piccoli uomini; fu quindi una delle voci più alte di quel periodo che si suole indicare come "età della crisi". Svevo va inserito in questo contesto e così si può spiegare lincomprensione subita e la fatica a imporre la propria opera: la cultura italiana era troppo legata a modelli carducciani o dannunziani per capire Svevo, con i suoi radicali ripensamenti sulluomo e sulla società, con la sua attenzione a svelare le menzogne e gli autoinganni con cui luomo moderno ammanta scelte ideali; con la sua ironia, davvero insolita nella nostra tradizione. Oltre allevidente diversità tra il romanzo sveviano e il romanzo tradizionale italiano, un altro fattore che contribuì al suo insuccesso iniziale nel nostro paese fu il contrasto tra i suoi temi dominanti, che andavano dallautoinganno, allinettitudine e allautoironia, e le ideologie fasciste tese ad innalzare i miti della razza e del superuomo evidentemente opposte. LE OPERE La crisi della borghesia, la sfiducia in un radicale cambiamento sociale e politico e linettitudine sono temi ricorrenti sia nelle sue novelle sia nei suoi romanzi. Luomo sconfitto e rassegnato ad una vita piatta e monotona lo si ritrova sia in "Senilità" sia in "Una Vita", oltre che nella che ne "La Coscienza di Zeno". Temi già trattati ed atmosfere borghesi e squallide, sono ripresi in molti dei suoi racconti come "LAssassinio di Via Belpoggio" e "Corto Viaggio Sentimentale". La produzione teatrale, rimasta per molto tempo ingiustamente sconosciuta, comprende tredici commedie in cui vigono personaggi tormentati della società di fine ottocento.
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