23/03/2005
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Un tunnel di tesori nel metrò dell’arte


PAOLA PEREZ «Nessuna città al mondo ha un museo come questo», dice il sindaco Rosa Iervolino. Un museo chiamato metrò che trasporta ogni giorno 100mila visitatori tra le opere d’arte contemporanea (centouno) e i reperti archeologici (3 milioni e 300mila pezzi ritrovati, un centinaio esposti). Un’occasione unica per ritrovare la Napoli del passato, vivere quella del presente, lasciare una traccia a chi la guarderà dal futuro. La doppia inaugurazione - stazione Vanvitelli, fresca di restyling, e corridoio d’accesso nel Museo Nazionale - consente di cogliere tutto il senso dell’impresa nello spazio di cinque fermate. Si parte dal Vomero con la spirale di Mario Merz che domina gli spazi del mezzanino, le immagini fantastiche di Vettor Pisani, le bocche di luce di Gregorio Botta (vicedirettore di Repubblica), i mosaici di Isabelle Ducroit, il sasso che rompe il vetro di Giulio Paolini, le stelle d’acciaio di Gilberto Zorio, le architetture fotografate da Gabriele Basilico e Olivo Barbieri. Il percorso viene illustrato da Achille Bonito Oliva, supervisore del progetto d’arte contemporanea sui binari, e dall’architetto Michele Capobianco, che di questa struttura ha curato l’allestimento. Terminata la prima parte della visita, un treno speciale è già pronto in banchina per traghettare gli ospiti verso un’altra avventura. Nella stazione Museo c’è una nuova porta che si apre sul corridoio di collegamento con i sotterranei dell’Archeologico, dove sono in mostra i reperti ritrovati durante gli scavi nei cantieri di piazza Dante, piazza Municipio e piazza Nicola Amore. Per raggiungerla bisogna percorrere due rampe di scale mobili che, a pochi gradini dall’arrivo, si bloccano. Guaste? No: funzionano benissimo. Ma siccome è tradizione che il disservizio si verifichi nel corso di ogni cerimonia inaugurale del metrò, e viene ormai considerato di buon auspicio, il presidente della Regione Antonio Bassolino ha chiesto ai tecnici di fermare l’impianto per qualche istante. Ai lati del tunnel le fotografie di Mimmo Jodice che, tra le Danzatrici e gli Atleti di Villa dei Papiri, raccontano le collezioni del Museo; nell’anticamera del nuovo spazio espositivo il bronzo del Laocoonte realizzato dall’Antica Fonderia Chiurazzi, che ha trovato questa collocazione su proposta di Gaetano Bonelli. E finalmente si accendono le luci sul palcoscenico della Napoli antica. Il forziere viene aperto lentamente, svelando un mondo di tesori che per quanto straordinario rappresenta soltanto una piccola parte di quello che gli archeologici sono riusciti a recuperare durante i lavori della cosiddetta «tratta bassa». Cento pezzi su 3 milioni e 300mila, ordinati in successione cronologica e corredati di pannelli con spiegazioni semplici quanto accurate. Il vicesindaco Rocco Papa, che ha sempre sostenuto in prima persona l’importanza di questo progetto e non nasconde l’emozione di vederlo finalmente realizzato, getta lo sguardo verso l’immensa galleria di cunicoli inquadrata da una parete in vetro: «C’è ancora tanto spazio in questo sotterraneo. Spazio che possiamo riempire con gli altri reperti del metrò, penso alle tre barche romane recuperate in piazza Municipio, e con i capolavori che purtroppo restano ancora nascosti nei depositi dell’Archeologico. Quello che stiamo ammirando oggi è soltanto il primo nucleo del ”Museo della civiltà di Napoli”. Aggiungeremo presto altri capitoli al racconto della città che non ha una sola storia ma tante storie». E non è soltanto un viaggio all’indietro del tempo. Perché il fascino delle cose antiche rischia di far dimenticare che la metropolitana è anche un modernissimo mezzo di trasporto: prossima fermata, a luglio, la seconda uscita della stazione Montedonzelli.