INDICE EDIZIONI | Venerdì 16 Gennaio 2004 |
PAOLA PEREZ
Un pozzo senza fondo di tesori le stazioni
del Metrò di piazza Municipio e piazza Nicola Amore. Ogni
metro di scavo restituisce meraviglie del passato da due
luoghi sostanzialmente diversi - il porto greco-romano, da
un lato, e dall’altro le costruzioni di età augustea - e
racconta di una Napoli che, nell’epoca imperiale, ebbe un
ruolo ancora più centrale di quanto finora non arrivassero
a supporre gli studiosi. Un viaggio a ritroso che
s’incrocia con le proteste degli operai edili, fermi da due
giorni in assemblea permanente, timorosi di un
prolungamento sine die dello stato di disoccupazione
speciale, o peggio ancora, per il rallentamento dei lavori
imposto dalle scoperte archeologiche.
Dal cantiere che
costeggia il Maschio Angioino era già emersa
un’imbarcazione. E adesso si trovano tracce della seconda,
circa dieci metri di lunghezza, con il suo carico di pietre
e altro materiale di risulta utilizzato per mandarla a
fondo (resta da capire perché: si suppone fosse uno dei
numerosi natanti utilizzati per trasportare merce
dall’insenatura urbana alle grandi navi ancorate in rada, e
destinati poi alla distruzione forzata quando cominciavano
a cedere sotto il peso di tanto lavoro) ma anche vasi,
monili, suole di scarpe, brandelli di cime e piccoli
candelabri utilizzati per i sacrifici ai Lari, forma di
religiosità itinerante allora in uso tra la gente di mare.
Il sottosuolo dei Quattro Palazzi fornisce, invece,
ulteriore conferma al disegno della città ipotizzato nei
primi anni del ’900 dalle cartografie di Bartolomeo
Capasso. Proprio qui sotto, secondo lo studioso, sorgeva lo
stadio: e poco oltre, verso piazza Mercato, l’ippodromo.
Mettendo insieme i frammenti in marmo bianco tirati fuori
dal cantiere, e genericamente attribuiti alla decorazione
di un palazzo patrizio, grazie al lavoro paziente degli
archeologici è stato possibile ricostruire un intero
frontone. Nei giorni scorsi, poi, sono tornati alla luce
alcuni tratti della pavimentazione. Ed è molto probabile,
spiegano gli addetti ai lavori, che ci troviamo di fronte
ai resti dell’ingresso del gymnasium, l’edificio pubblico
che i greci destinavano a luogo educativo per i giovani:
palestra per l’esercizio fisico, aule per l’insegnamento
della musica, della letteratura, della filosofia. Della
cittadella olimpica, aggiungono, forse non si riuscirà a
trovare molto altro. A meno di non buttar giù strade e case
che sorgono intorno al cuore dello scavo.
Tutto questo,
un pezzettino alla volta, sarà portato via e ricostruito in
sedi più appropriate. Tra gli appassionati di cose antiche
c’è chi vorrebbe un mantenimento dei reperti in sede per la
perfetta conservazione dello stato dei luoghi, a costo di
deviare il percorso della metropolitana. Di diverso avviso
il Comune e la società che gestisce la costruzione della
ferrovia sotterranea. Il progetto non cambia, le gallerie
non subiranno mutamenti sostanziali né ci saranno ritardi
nello scavo dei tunnel di collegamento delle diverse
fermate. Diverso il discorso per le stazioni, dove si andrà
avanti a passo ridotto per non distruggere i reperti che
molti si aspettavano di trovare ma non molti, forse, in
tale quantità e di tale importanza storica.
Molto
presto arriverà da Pisa una squadra di tecnici
specializzati nella rimozione delle barche. Nel sottosuolo
di piazza Nicola Amore si muove, intanto, la «talpa»
guidata da un giovanotto in camice bianco, un esperto
venuto apposta dalla Germania. Un gigante dello scavo che
si muove con la leggerezza di una farfalla, comandato da un
joystick - sì, proprio quello dei videogiochi - e da cinque
monitor che rimandano le immagini di una Napoli sepolta e
sempre meno segreta.