INDICE EDIZIONI Venerdì 29 Marzo 2002

LA STORIA
Tra statue decapitate
e i primi cafè-chantant

Vittorio Paliotti
Prima dell’inizio dei lavori per la costruzione della metropolitana, cioè fino a qualche anno fa, appariva, grosso modo, come sul finire dell’Ottocento, era apparsa ai nostri nonni e bisnonni. C’erano già le palme, allora, c’erano i giardinetti e c’era la statua a Dante. Proprio nel verde dei giardinetti, lato via Toledo, facevano bella mostra di sè i tavolini del bar Diodati, ove la gente si sedeva a consumare bibite e sorbetti. Inaugurato il primo giugno 1895 il Diodati fu il primo Cafè-Chantant all’aperto di Napoli. Il suo successo durò fino all’estate del 1912.
In origine Piazza Dante si chiamò Largo del Mercatello, ed era fuori dalle mura urbane. Veniva utilizzata per fiere mercantili che vi si svolgevano il mercoledì, e come luogo di addestramento per i nobili che volevano imparare a cavalcare.
Nel 1625, con l’apertura di Port’Alba, Largo del Mercatello visse il suo primo rinnovo urbanistico. Assunse però la forma che ha attualmente solo fra il 1757 e il 1765, ad opera dell’architetto Luigi Vanvitelli. Fu lui, il grande Vanvitelli, a progettare ed a realizzare quello che subito, fu definito un «Emiciclo». Terminati questi lavori, il Largo del Mercatello fu ribattezzato, pomposamente, Foro Carolino, in onore di re Carlo III, naturalmente.
E fu allora che venne posto, in termini pressanti, un problema che era in realtà di vecchia data. Quello, cioè, di collocare nella piazza, una statua equestre. Che non poteva raffigurare se non re Carlo III.
Quella dedicata a Carlo III fu però una statua provvisoria, cioè in stucco, che venne ricoperta da un involucro in attesa della fusione in bronzo. Ecco però che, proclamata nel 1799 la Repubblica Partenopea, i patrioti non solo innalzarono proprio in quella piazza l’albero della libertà, ma si divertono con un colpo di sciabola a decapitare la statua in stucco di re Carlo III.
Passano pochi mesi e tornano i Borbone. Chi ha decapitato la statua di papà? Si domanda Ferdinando IV. Vengono fatti i nomi di sei patrioti i quali subito vengono giustiziati. I loro corpi furono esposti nella piazza. È stato scritto che i lazzari fecero scempio di quei corpi staccando addirittura il fegato a quello di un certo Nicola Fiani per trasformarlo in cibo fumante. Orrori di quei tempi. Ma ecco che la piazza fa posto ad un’altra statua. Raggiunta nel 1860 l’Unità d’Italia, dovendosi addobbare la città per una visita di re Vittorio Emanuele II, fu deciso di innalzare in quella stessa piazza, in via provvisoria, una statua di cartapesta raffigurante l’Italia. Un enorme donnone con in testa una corona di cartone color oro, fu dunque collocata nella piazza. Bastò, nel giro di poche ore, un colpo di vento, per abbatterla definitivamente.
Si pensò infine ad una statua vera e propria, raffigurante Dante Alighieri, che intanto aveva dato il nome alla piazza. La scolpì Tito Angelini e fu inaugurata il 14 luglio 1871. Da allora solo Gae Aulenti fu capace di smuoverla.