Molti
santi benedettini si sono distinti anche nel campo della cultura e alcuni sono stati
dichiarati dottori della Chiesa universale. Tra il sec. VIII e il IX si distinse per la
sua vasta cultura specialmente sant' Adalardo, che ebbe come biografo s. Gerardo abate e
che venne chiamato anche Alardo o Adèlrado. Egli, nato a Huyse, presso Audenard, intorno
al 753, venne allevato tra i cortigiani fino all'età di circa vent'anni, ma la prima ed
ottima educazione dovette riceverla dalla famiglia, se egli, disgustato dai vizi dei
cortigiani, decise di ritirarsi nel celebre monastero di Corbie. Ricordiamo, a tal
proposito che anche s. Benedetto, disgustato dai vizi della gioventù romana, si ritirò
nello Speco sublacense, a vita eremitica. Forse l'esempio di s.Benedetto avrà influito
sulla decisione del giovane Adalardo, anche se questi però decise di abbracciare la vita
cenobitica, anziché quella eremitica.
Entrato in monastero, Adalardo venne provato, come vuole la Regola di
s. Benedetto, soprattutto nell'umiltà; gli fu assegnato il lavoro di giardiniere, uno di
quei lavori che un tempo venivano definiti "lavori bassi". Il giovane aspirante
desiderava una vita di intensa preghiera e perciò, per realizzare il suo desiderio, si
trasferì in incognito, nella famosa abbazia di Montecassino, ove rimase soltanto due
anni, poiché Carlo Magno, suo cugino, lo costrinse, in qualche modo, a tornare a Corbie.
I suoi confratelli non tardarono ad accorgersi che Adalardo era un monaco esemplare e
perciò lo elessero abate. La sua vasta cultura e la santità di vita erano conosciute
anche fuori del monastero e perciò ebbe alcuni incarichi di rilievo : nell' 809 fu
invitato a partecipare al Sinodo di Aquitania e, successivamente, fece parte di
un'ambasceria presso papa Leone III, per far approvare l'aggiunta del "Filioque"
al Simbolo apostolico, anche se l'ambasceria ebbe esito negativo.
Alla morte di Pipino il Giovane, l'abate Adalardo divenne tutore di
Bernardo, re d'Italia. Questo incarico "politico" gli procurò molte sofferenze,
poiché quando Bernardo si oppose a Ludovico il Pio, succeduto a Carlo Magno, l'abate
venne ritenuto complice della rivolta e quindi fu esiliato e relegato nell'abbazia di s.
Filiberto, nell'isola di Hèri, alla foce della Loira. Assieme a lui vennero relegati
anche il fratello Wala e le sorelle Gontrada e Teodrada. Durante l'esilio, Adalardo, oltre
a dedicarsi più intensamente alla preghiera e allo studio, si interessò anche della
evangelizzazione dei Sassoni, popolazioni germaniche occidentali. A tale scopo venne
fondato un priorato a Hèthis, che, al ritorno di Adalardo nel suo monastero (822), venne
trasferito a Hoexter, dando origine all'abbazia di Korvay (Nouvelle-Corbie).
Come abbiamo accennato, Adalardo si distinse anche nel campo
culturale. Scrisse diverse opere, fra le quali ricordiamo i "Livres des
statuts"; il "De ordine palatii" (opera perduta); il "De ratione lunae
paschalis" (opera perduta) e le "Admonitiones in congregatione". Proprio
per la sua cultura e per la sua eloquenza, egli venne definito "l'Agostino
dell'epoca", però era anche molto umile. La sua grande umiltà è un'aspetto della
sua vita che i biografi hanno voluto sottolineare. Egli, formatosi sulla Regola di s.
Benedetto, conosceva molto bene l'importanza dell'umiltà per la vita spirituale. Essa è
la base di ogni perfezione spirituale; anzi, secondo un autore moderno, "l'umiltà è
santità".
Un altro aspetto della vita del santo abate da ricordare fu la
sollecitudine nella santificazione dei suoi monaci. Egli divenuto abate, si rese conto
della grande responsabilità che aveva nel guidare i monaci verso la perfezione monastica.
essendo "padre del monastero", egli doveva impegnarsi, con l'esempio e con la
parola, nel "generare" dei monaci santi e quindi doveva attendere seriamente
alla sua santificazione, poiché "nemo dat quod non habet".
Anche negli ultimi anni della sua vita, il santo abate continuò nel
suo impegno di santificazione dei suoi "figli"; egli, ricco di meriti, passò al
Signore, il 2 gennaio dell'827, giorno in cui ancora oggi viene festeggiato. Nella guida
del monastero gli succedette il fratello Wala. Le sue reliquie furono scoperte
miracolosamente e operano diverse guarigioni, soprattutto di paralitici e sordomuti.
Proprio per i tanti miracoli avvenuti, papa Giovanni XIX nel 1206 fece esumare i suoi
resti mortali nell'ottobre 1040 essi furono trasportati altrove. Secondo le leggi
canoniche di quel tempo, la traslazione delle reliquie equivaleva a una canonizzazione
ufficiale.
Gran parte delle sue reliquie, dopo varie peregrinazioni, riposa dal
1827 a Saint-Acheul, nella casa dei Gesuiti.
Abbiamo ricordato che s. Adalardo, fra i suoi tanti impegni, non
perse mai di vista quello più importante e oneroso della santificazione personale e dei
suoi monaci. Non è però un impegno (giova ricordarlo) che riguarda solo i superiori o le
autorità religiose. Esso è un compito che riguarda tutti. Ogni cristiano infatti è
chiamato alla santità; ma non bisogna dimenticare che ci santifichiamo nella misura in
cui noi ci impegnamo nella santificazione dei propri fratelli.