Molti
santi benedettini si sono distinti nel campo culturale.Fra questi,
dobbiamo ricordare il b. Alcuino, che fu eccellente soprattutto nell'insegnamento ed
è annoverato fra gli uomini più colti del Medioevo.
Egli nacque, intorno al 735, da una nobile famiglia anglosassone
della Northumbria, alla quale appartenne anche un altro santo benedettino, s. Willibrordo,
apostolo del Frisoni.Il suo nome anglosassone "Alhwin" (che significa
"amico del tempio") fu latinizzato in "Alcuinus" e
"Albinus", ma secondo il costume accademico da lui stesso introdotto nella
scuola palatina, assunse il soprannome "Flaccus" e quindi si chiamò
"Flaccus Albinus".
Da giovane venne educato spiritualmente e culturalmente presso la
scuola episcopale di York, ove ebbe due maestri eccellenti : Egberto, arcivescovo di York,
e Aelberto, dai quali apprese, fra l'altro, il latino, il greco e l'ebraico. In questo
periodo maturò la sua vocazione per lo stato religioso e, secondo Mabillon, entrò
nell'Ordine benedettino. Nel 767 morì Egberto e Aelberto fu nominato suo successore;
quest'ultimo, conosciuta l'ottima formazione spirituale e culturale del suo allievo, lo
ordinò diacono. Alcuino, forse per umiltà, non volle accedere al sacerdozio e rimase
diacono per tutta la vita. Alcuino riusciva molto bene nell'insegnamento; si può dire che
era un maestro nato. Egberto, che lo conosceva bene, gli affidò la direzione della Scuola
episcopale, che ben presto divenne così famosa da attirare un gran numero di allievi
dall'Irlanda e dalla Frisia. Nella primavera del 781, Alcuino si recò a Roma, per
chiedere a papa Adriano I il pallio per il nuovo arcivescovo di York, Eambaldo. A Parma
ebbe un incontro con un personaggio eccezionale : Carlo Magno. Questi aveva sentito
parlare il celebre maestro e perciò, senza pensarci due volte, lo invitò con insistenza
presso la sua corte. Alcuino non era ambizioso, ma d'altra parte si rendeva conto del gran
bene che poteva fare alla corte del celebre monarca. Probabilmente rispose al re che,
prima di accettare il suo invito, doveva parlarne col suo arcivescovo. Portò a termine la
sua missione e, con l'approvazione del suo re Etelredo (che aveva tutto l'interesse
di fare un grosso favore al potente Carlo Magno) e del suo arcivescovo Eambaldo, si
trasferì, all'inzio dell'anno seguente, alla corte di Aquisgrana.
Alcuino ebbe in dotazione le abbazie di Ferrières e di Saint-Loup di
Troyes e la direzione della celebre Schola Palatina, dove introdusse il
sistema aristotelico del "trivio" (le tre arti liberali : grammatica, retorica e
dialettica) e del "quadrivio" (le quattro arti liberali, ossia aritmetica,
geometria, musica e astronomia, che, con quelle del trivio, costituivano gli studi di
preparazione alla filosofia e alla teologia). Alcuino, col soprannome di Flaccus Acuinus,
divenne il direttore di una specie di accademia, di cui fece parte Carlo Magno e fu in
relazione di amicizia con altri famosi dotti del tempo, fra i quali Paolo Diacono (monaco
di Montecassino che per alcuni fu alla corte di Carlo), Pietro da Pisa, il visigoto
Teodulfo e Paolino, futuro arcivescovo di Aquileia. Secondo Eginardo, Alcuino fu
precettore di Carlo in tutte le scienze: non per nulla il re l'aveva invitato alla sua
corte!.
In quel tempo, il re Carlo non era in buoni rapporti con Offa, re
della Mercia. Il re pensò di mandare Alcuino presso il re Offa, per ristabilire i buoni
rapporti; perciò il pio e dotto maestro, dal 790 al 792, fu in missione i Gran
Bretagna, alla corte del re della Mercia. Con la sua discrezione, affabilità e facondia,
riuscì a ristabilire la pace fra i due re.
Tornato alla corte, prese parte con vigore e perspicacia, alle
agitate controversie teologiche di quel tempo, che turbavano molto il regno franco :
l'adozionismo spagnolo (eresia sostenuta principalmente da Elipando, arcivescovo di
Toledo, che attribuiva al Verbo incarnato due filiazioni : una naturale, in quanto Figlio
di Dio, e una adottiva in quanto uomo) e la controversia delle immagini. Egli per
difendere la verità della fede cattolica, partecipò pure ai concili di Francoforte (794)
e di Aquisgrana (799). Alcuino, nel 796, aveva avuto anche il governo del famoso monastero
si s. Marino di Tours; nello stesso anno vi si recò per ragioni di salute e per
restaurarne le sorti. Subito arricchì la preziosa biblioteca e, grazie alla sua
esperienza in campo scolastico, riportò a grande splendore anche quella scuola,
chiamandovi molti professori da York. La scuola si s. Mattino, di cui fecero parte
Amalario di Metx (teologo e liturgista) e Rabano Mauro (celebre teologo benedettino e
arcivescovo di Magonza) divenne celebre e tale resterà nella storia della paleografia
medievale per lo sviluppo della cosiddetta minuscola carolina, che ripresa poi
dagli umanisti del '400, costituì la base della grafia moderna.
L'attività di Alcuino, come si può intuire, fu veramente intensa;
ma essa risulta ancora più straordinaria se pensiamo alle moltissime opere che lui
scrisse e che riguardano diversi argomenti. Crediamo sia utile far conoscere almeno le
opere più importanti del grande maestro e versatile scrittore.
Da buon maestro, egli ha lasciato scritti di pedagogia,
didatticamente interessanti per il metodo adottato, ossia il metodo dialogato. Fra essi,
ricordiamo il trattato sulle arti liberali di cui restano la Grammatica, la Dialettica
e frammenti della Musica. Fra le opere di filosofia, bisogna ricordare l'opuscolo
Della dialettica e i trattatelli Discorso sull'anima (rappresenta il
primo tentativo di una psicologia medievale e si ispira a s. Agostino e Cassiano) e Discorso
sulle virtù e sui vizi.
Alcuino ha scritto diverse composizioni letterarie: inni, epigrammi,
egloghe, versi di occasione, iscrizioni per chiese ed altari, enigmi, preghiere e molte
lettere. Fra le opere di storia e di agiografia ricordiamo un poema in cui narra la storia
della chiesa di York e dei suoi vescovi, la vita di s. Willibrordo e le biografie
di s. Martino di Tours, di s. Vedasto e di s. Richierio.
Interessanti sono le opere teologiche di Alcuino. Scrisse un trattato sulla SS. Trinità,
dei libri contro gli eretici adozionisti spagnoli e il trattatello sul valore della
salvezza. Riguardo alle opere teologiche bisogna aggiungere che Alcuino esalta
l'autorità della Chiesa romana, ammette il Purgatorio e il valore dei suffragi, sostiene
l'intercessione dei santi.
Come monaco benedettino non poteva non interessarsi della liturgia e
quindi scrivere su questo argomento. Il suo primo lavoro liturgico, che gli fu richiesto
da Carlo Magno, fu la revisione del Lezionario o Epistole della Messa compiuta prima che
il Sacramento Gregoriano romano pervenisse alla corte di Aquisgrana. Il lavoro
però che pone Alcuino al primo posto nella storia della liturgia romana e dei libri
liturgici è l'"edizione critica" del Sacramento Gelasiano", assai
diffuso in Francia. Per ravvivare la pietà privata, egli compose il Libro dei
Sacramenti o Messale settimanale, senza alcuna relazione col ciclo dell'anno
liturgico; alle Messe proprie di ogni giorno, seguono le Messe comuni e votive. Benché
opera di devozione privata, essa influì molto sulla liturgia ufficiale. Le
consacrazioni della domenica alla SS. Trinità, del venerdì alla Croce, del sabato alla
Vergine, passarono subito nell'uso e divennero espressione della pietà cattolica.
Adattando all'uso franco-germanico i libri romani, Alcuino contribuì molto a
quell'uniformità liturgica dell'impero carolingio, che rappresenta il punto di partenza
per l'unità liturgica dell'Occidente.
Molto interessanti sono le opere riguardanti la S. Scrittura. Egli
scrisse un'opera di esegesi sul libro della Genesi e un commentario al Vangelo di
s.Giovanni in sette libri, ma l'opera di esegesi più famosa è la revisione della Volgata,
condotta con criteri quasi esclusivamente ortografici e grammaticali su ottimi esemplari
di York. La "Bibbia di Alcuino" (o "Bibbia di Carlo Magno") si diffuse
subito e fu alla base di molti libri fino al sec. XIII.
Alcuino, dopo aver portato a termine la fondazione del monastero do
Cormery, presso Tours, stanco per la indefessa e versatile attività, morì a Tours il
giorno di Pentecoste, il 19 maggio dell'804. Rabano Mauro lo inserì nel suo Martirologio;
cronisti e storici gli diedero il titolo di beato, tuttavia egli non ebbe culto pubblico.
Egli si servì dello studio per attendere alla propria santificazione
e cooperare a quella dei fratelli. E' questo, ne siamo convinti, il primo e autentico
scopo della cultura. E' questa la grande lezione del beato e di tanti altri santi della
Chiesa, ma, dopo tanti secoli, quanti hanno recepito questo insegnamento, così prezioso
per la nostra società alle soglie del Terzo Millennio?