Vita e virtù di santi benedettini
San Cono monaco
"Patrono di Teggiano e Diocesi"
- A molti santi sono
bastati pochi anni di vita religiosa per giungere ad un alto grado di santità. E' anche
il caso di s. Cono , che morì poco tempo dopo la professione monastica. Egli nacque a
Diano (oggi Teggiano, cittadina dell'estremità sud-ovest del Vallo di Diano) verso la
fine del XII secolo.
- Il padre era della facoltosa famiglia degli Indelli e la madre si
chiamava Igniva. Essi, dopo il matrimonio, non furono allietati dalla nascita di bambini,
ma non si persero d'animo. Fiduciosi nella bontà del Signore, non cessarono di
supplicarlo, finché non avesse esaudita la loro preghiera.
- Il buon Dio premiò la loro fiduciosa perseveranza con un segno
prodigioso : ebbero una visione; Igniva ebbe la sensazione di aver partorito qualcosa di
luminoso. Si rivolsero a un sacerdote, affinché spiegasse loro il significato della
visione. Il sacerdote, ispirato, disse loro che ben presto avrebbero avuto un bel bambino,
che dovevano chiamare Cono (il cono è il simbolo della perfezione spirituale) perché
sarebbe diventato un "privilegiato" del Signore.
- Nato il bambino, lo portarono subito al fonte battesimale, per farlo
rinascere anche alla vita di grazia. Il bambino venne educato cristianamente: la madre
gl'insegnò i primi elementi della dottrina cristiana e le preghiere più comuni; lo
portava spesso in chiesa e gl'inculcò una tenera devozione verso la Madonna. Divenuto
giovanetto, fortificò la sua volontà con le mortificazioni, praticava le virtù
cristiane, evitava le compagnie pericolose e frequentava spesso la chiesa dei Padri
Celestini, l' Annunziata, ove si tratteneva a lungo in silenziosi colloqui con Gesù
presente nel SS.mo Sacramento. Ancor giovane, sentì la chiamata del Signore che lo
invitava a una vita di maggiore intimità con lui.
- Desideroso di consacrarsi al santo servizio del Signore, abbandonò
gli agi e le ricchezze della casa paterna e si presentò al monastero benedettino di s.
Maria di Cadossa, nel territorio di Montesano (Salerno). Il Superiore del monastero,
l'abate Costa, vedendo ch'era gracile, lo esortò a desistere dal suo proposito e a
ritornare in famiglia, ma il giovane insisté e fu accolto in quel monastero. I genitori
seppero ch'era entrato in quel monastero e decisero di andare da lui. Non volevano
privarsi di quel buon figliolo, che avevano ottenuto dal buon Dio dopo tante
suppliche. Cono era nella sua cella a pregare e studiare e forse prevedeva l'arrivo dei
genitori. Egli voleva molto bene ai genitori, ma aveva deciso di non incontrarli, per non
lasciarsi intenerire dalle loro parole e dalle loro lacrime. Appena seppe che erano
arrivati in monastero, cercò un nascondiglio; non trovandone uno migliore si infilò in
un forno. Forse per la fretta non si era accorto che il forno era pronto per la cottura
del pane! Fatto sta che non ebbe nessun danno. Certamente il buon Dio aveva soccorso Cono,
che proprio per amore suo si era nascosto nel forno senza pensarci nemmeno una volta!.
L'abate invece, commosso dalle lacrime di Igniva, aveva deciso di "restituire"
Cono agli afflitti genitori. L'abate quindi fece cercare fratel Cono. Fu cercato nella
cappella, nel refettorio, ma invano. Si frugò un po' dappertutto, ma ogni ricerca
risultò vana. L'abate stava per licenziare quei poveri genitori afflitti, che non
volevano tornare a casa senza il loro caro figliolo; ma, volgendo lo sguardo verso il
forno acceso, scorse il santo novizio sano e salvo, come se il forno fosse stato spento.
Igniva e il marito, dinanzi a quel prodigio cambiarono idea: capirono ch'era volontà di
Dio che il figlio diventasse monaco benedettino. Lo benedissero e gli permisero di restare
nel monastero scelto. E' un po' strano che essi, pur essendo buoni cristiani, non
conoscessero il valore e la bellezza della vita monastica. E' un fatto che si ripete anche
ai nostri giorni. Molti genitori cristiani, appena sanno che un loro figlio vuole
consacrarsi al Signore, fanno di tutto per distoglierlo dal suo proposito. Forse ciò è
dovuto al fatto che si parla poco dei tesori della vita monastica. I genitori hanno una
grave responsabilità circa la vocazione dei loro figli. Al ritorno in paese, i parenti e
gli amici chiesero come mai Cono non fosse ritornato con loro. Essi, che spesso
ascoltavano la Parola di Dio in chiesa, risposero con le parole di Giobbe "Iddio ce
lo aveva dato, Iddio ce lo ha tolto, sia fatta la sua volontà". Cono intanto
continuava la sua vita monastica; terminato il noviziato, emise i voti di povertà,
castità , obbedienza e stabilità e divenne monaco. Era assiduo alla preghiera corale,
diligente nello studio e nell'eseguire i lavori anche più umili. Si distingueva in
monastero nella pratica di tutte le virtù monastiche e per una speciale devozione verso
la Vergine Maria. Nessuno prevedeva che il santo monaco presto sarebbe passato alle gioie
del Paradiso. Ormai era sui 18 anni e quindi nel vigore della giovinezza. La sera del 2
giugno (siamo intorno al 1210), mentre consumava assieme ai confratelli la frugale cena
monastica, all'improvviso una luce avvolse il santo. Era il segno che il Signore lo
chiamava al regno celeste. Rientrato in cella dopo Compieta, s'immerse nella preghiera e
proprio durante la contemplazione estatica delle gioie celesti rese la sua santa anima a
Dio. Il giovane monaco aveva lasciato l'esilio terreno, ma il suo nome non sarebbe stato
dimenticato. La sua fama di santità cominciò a diffondersi sempre di più. Il 27
settembre 1261 il suo corpo venne trasportato nella sua cittadina natale, ove ancora è
custodito e ove si festeggia ogni anno il 3 giugno.
D. Mariano Grosso osb