Vita e virtù di santi benedettini

S. SILVESTRO ABATE

"Fondatore dei Silvestrini"

    Molti santi, per rispondere alla chiamata divina, hanno dovuto lottare perfino con i loro genitori. Sono state lotte dolorose, che però non hanno mai impedito loro di accogliere l’invito divino: essi sapevano che coloro che amano i propri cari più del Signore, non possono piacere a lui.

Anche il giovane Silvestro Guzzolini dovette affrontare una simile lotta. Nato ad Osimo (Ancona) da Ghislerio e da Bianca Ghislieri verso il 1177, fu inviato dal padre, giurista, a Bologna e a Padova, per studiarvi diritto.

Il giovane, "innamoratosi" della teologia, abbandonò gli studi giuridici, facendo andare in bestia il padre, che gli tolse la parola per una buona decina di anni! Silvestro sopportò ogni cosa con eroica pazienza, destando l’ammirazione del suo vescovo, che lo ordinò sacerdote e lo ammise tra i canonici di Osimo.

Un giorno, osservando il cadavere di un nobile, molto noto per la sua bellezza, rimase molto impressionato e disse tra sé: "Io sono ciò che egli fu e sarò ciò che egli è". Questo episodio, assieme alle prove già sostenute, accese in lui il desiderio di abbracciare la vita contemplativa e penitente nella solitudine di un eremo.

Il romitorio scelto si trovava presso il castello di un certo Corrado, che, venuto a conoscenza della presenza dell’eremita, andò a visitarlo e gl’indicò un’altra grotta e gli assicurò il necessario per vivere.

Un sacerdote del luogo lo incontrò e gli fece conoscere una grotta migliore, detta "Grottafucile", ove il Santo eremita rimase per un triennio, ossia dal 1227 al 1230.

La fama di santità di Silvestro cominciò a diffondersi nei dintorni e molte persone, anche consacrate, andavano da lui, per avere una buona parola o trovare una soluzione ai loro problemi.

Un giorno gli apparve in visione s. Benedetto che lo invitò ad entrare nel suo Ordine. Il giovane accolse subito l’invito, ricevette l’abito da un certo don Pietro e continuò la vita eremitica, prevista dalla regola benedettina.

Alcuni buoni cristiani, un giorno del 1230, andarono a fargli visita e lo scelsero come maestro; Silvestro abbandonò l’eremo e, assieme al gruppetto, andò a Montefano, presso Fabriano, dove, nello stesso anno, costruì un monastero, dando inizio alla Congregazione monastica silvestrina.

I monaci silvestrini conducevano una vita di intensa preghiera, accompagnata da aspre penitenze. Ciò fece allarmare il demonio, che comincò a fare dei dispetti ai monaci. Una volta, di notte, comincia a bussare in maniera assordante. Il portinaio apre lo sportellino, ma non vede nessuno. Ritorna in cella, ma dopo un po’ sente bussare più forte di prima. Chiama i fratelli. Vanno alla porta, ma non trovano nessuno. Ritornano a letto, ma poco dopo, ancora bussate e molto più forti! Decidono di avvisare l’abate Silvestro, il quale scaccia il demonio, che precipita, urlando, fra i dirupi del monte.

Il santo abate potè scacciarlo, grazie soprattutto alla sua profonda umiltà: egli infatti aveva un basso concetto di sé e preferiva al suo giudizio quello dei confratelli. Ecco un breve episodio, che ci fa conoscere quanto egli fosse umile. Un giorno, leggendo il libro di Geremia, non riusciva a comprendere un passo un po’ oscuro. Andò al monastero di Ripalda, lontano 19 miglia, per chiederne la spiegazione al suo discepolo Simone, illetterato. Questi, che pure era molto umile, rispose: "Perché, Padre, dileggi un uomo tuo suddito, cieco e che mai ha appreso le lettere?". Il Santo insistette e Simone obbedì dando la spiegazione del brano.

Nel 1245, il santo abate, denunciato alla Curia romana da alcuni invidiosi, dovette andare a Roma, dove ottenne immediata soddisfazione.

Egli aveva una viva devozione per la Passione del Signore, in memoria della quale recitava spesso i Sette salmi penitenziali e si flagellava aspramente. Era devotissimo della Vergine SS.ma. Un giorno ella volle premiare la tenera devozione del Santo in modo eccezionale: rapito in estasi, venne trasportato in spirito sul luogo dove nacque Gesù. Alla destra di un altare gli apparve la Madonna, che gli disse: "Vuoi tu, o figlio Silvestro, ricevere il Corpo del mio Figlio, il Signore Gesù Cristo, che io diedi alla luce, rimanendo sempre Vergine dopo il parto?". Egli rispose di sì e ricevette la S. Comunione dalle mani di lei, acquistando una tale intelligenza da intendere ogni passo della S. Scrittura.

Nel novembre del 1267, quando il Santo aveva quasi 90 anni, venne colpito da una violenta febbre. Dovette mettersi a letto. Riuniti i discepoli, raccomandò loro soprattutto l’osservanza della S. Regola. Aggravatosi, si fece somministrare i Sacramenti. Il giorno 26 rese la sua santa anima a Dio.

Nel giorno del suo transito, un monaco di nome Giovanni vide portare in cielo dagli angeli l’anima del Santo; un converso chiamato Giacomo, lontano dal monastero, vide Montefano risplendente di luci; infine il sacerdote Bonaparte di Iesi vide una scala che da Montefano si elevava al cielo. Il corpo del Santo venne sepolto in chiesa; oggi è custodito sotto l’altare, in un’artistica urna.

Sembra che egli sia l’unico Santo che abbia ricevuto la S. Eucaristia dalla Madonna. E’ un fatto assai significativo: dimostra il legame inscindibile che sussiste tra Maria e Gesù Eucaristico. La S. Eucarestia è stata definita anche "Il Pane della Mamma". Non c’è da meravigliarsi se un giorno, la Madonna sarà invocata, nelle litanie lauretane, anche col titolo di "Madre dell’Eucaristia".

D. Mariano Grosso osb

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