ARTICOLO 18: SI
(COSTITUITI NEL LAZIO E NELLE ALTRE PARTI D'ITALIA, COMITATI UNITARI CON L'ADESIONE DI DP)

Nel febbraio del 2001 DP acquistò (con particolare sacrificio e appena costituito il movimento) delle manchette su "il manifesto" proponendo (in particolare al PRC) di lanciare una campagna per un referendum che allargasse i diritti al mondo del lavoro (articolo 18 e non solo: diritti sindacali in genere) nelle piccole aziende e in qualsiasi posto di lavoro. Nella stessa proposta invitavamo ad includere la battaglia per "lavorare meno - lavorare tutti"... Ieri e oggi rimaniamo convinti di quel percorso. Che accadrà a sinistra? La farsa delle due sinistre in Italia e delle due sinistre nel centrosinistra (ovvero come creare un sistema bipolare perfetto facendo il pieno di voti al fine di conquistare governi e potere e non la partecipazione delle masse alla gestione della "cosa pubblica": questa tattica è vecchia quanto la miseria della politica) inizia a scricchiolare e (tra demagogia, frasi pompose se non addirittura rivoluzionarie) si esce finalmente fuori dalle ipocrisie, le furbizie e l'ambiguità. I riformisti e i revisionisti sono appunti tali: la loro idea rimane la stessa: rappresentare i ricchi e dare qualcosa ai poveri quando non proporre al capitalismo alcuni correttivi per dominare... riconoscendolo come sistema... I comunisti laccati sono appunti tali: conquistare rendite (per lo più personali) perchè ora non ci sono le condizioni per... ecc. ecc. Come se resistere ed avanzare non fosse un tutt'uno e come se non dovessimo costruire nel presente le condizioni necessarie per mutare lo stato di cose presente... La battaglia sul referendum può essere (se con qualche leggina non lo evitano prima) l'occasione per indicare complessivamente un'altra strada che ci faccia uscire dal tunnel "o ti mangi questa minestra o ti butti dalla finestra o tutt'al più vai a Porto Alegre per la tobin tax e il debito estero da annullare e naturalmente per la pace senza inventarti di infastidire i grandi leader"...

Iniziamo ad organizzare comitati per il lavoro e che siano "collettivi" per indicare una fuoriuscita dal neoliberismo e dalle attuali logiche del mercato... facciamo di una battaglia di civiltà la sede per obiettivi più entusiasmanti e non il teatrino delle "parti" in competizione... evitiamo come è accaduto per i Bot, la Scala Mobile, le 35 ore ecc. che utilizzando una fraseologia rivoluzionaria attraverso parziali proposte le stesse diventino carta straccia da vivere all'occasione per poi inventare futuri patti di desistenza o peggio accordi elettorali per una opprimente e antipopolare politica delle alternanze...
YA BASTA!
Julio ed Elio (segreteria DP)
 

D’Alema – Cofferati in TV: scontro tra due  “titani” diessini

TV e giornali nostrani riportano con grande enfasi lo “scontro”  tra il Presidente dei DS (eletto)

-Massimo D’Alema - e l’impiegato DS Cofferati , ritornato in Pirelli (come Cincinnato) dopo una “aspettativa “di qualche decennio trascorsa in CGIL, anche da segretario generale.

La “base DS”- pare scontenta dei suoi vertici attuali- sta dimostrando tutta la sua simpatia a Cofferati, già leader della CGIL e ora leader “popolare” dei diessini  nell’era berlusconiana.

Ma D’Alema e Fassino- eletti all’ultimo congresso- rivendicano il loro diritto di guidare il partito –come da statuto- fino al prossimo congresso (dove si farà la verifica dei voti). Tuttavia con “benevolenza e fair play”, di leader buonisti, non lo espellono e  lo invitano a “rimboccarsi le maniche”e a “tirare la carretta DS”con loro, evitando scissioni dannose. Hanno torto ?

In effetti, o i dissensi tra Cofferati e Fassino-D’Alema sono radicali ed inconciliabili ed allora se ne traggono le conseguenze : o un congresso straordinario oppure  l‘uscita di Cofferati con la  nascita di un nuovo partito (del “lavoro” ?). Se invece i dissensi sono conciliabili-  dialettica interna – allora si tratta di risolverli “all’interno”, come chiedono D’Alema e Fassino. Ma  Cofferati non chiede nè  un “congresso straordinario” né un nuovo partito; dice di essere criminalizzato (Gengis  Khan, scissionista, ecc.) e che il partito non ha un “dialogo” (?!)  con il popolo dei movimenti. Non chiede neppure le dimissioni dei vertici attuali o una “svolta di linea” ,su punti qualificanti e definiti. Perché ? A cosa punta allora ?

La mia ipotesi è che questo “ambiguo duetto” serva a ricompattare i DS, in vista del “nuovo ulivo”, riducendo l’assenteismo degli iscritti e –se possibile- “pescando” voti nei “movimentisti e girotondini”, negli astensionisti, in Rifondazione comunista (Verdi e Di Pietro).

Il “nuovo DS” sarebbe fatto dai D’Alema-Fassino che “dialogano” con Berlusconi  in Parlamento e in TV su tutte le controriforme (anche costituzionali) e  dai Cofferati che dialogano e “rappresentano” i movimenti (la parte “buona “ di essi). Ce ne sarebbe per tutti i gusti: fuori dai DS  starebbero solo i “disfattisti”, “gli estremisti”, gli “utopisti velleitari” … magari i “terroristi”. Vogliono una delega in bianco da amministrare.

Perciò Bertinotti su Liberazione (“Quello che ci unisce e quello che ci divide da Cofferati”) e  Agnoletto sul Manifesto ( “Dove stanno i movimenti”), si sono affrettati a puntualizzare  i loro ruoli, dal momento che Cofferati non è proprio  un leader dei “movimenti”, come qualcuno potrebbe far credere. La  storia – partitica e sindacale -dei due leader  diessini non è così fulgida o vincente, come sappiamo.

Storia  e contenuti che D’Alema e Cofferati  non vogliono proprio evocare, puntando sul “presente-futuro”.

La situazione evoca una immagine delle strade di Napoli: due  che “vivono alla giornata”fingono di litigare tra loro, arriva l’ingenuo che tenta di separarli e “rimane” senza il portafoglio. Malizia? Forse.

Ma come si può attivare un “nuovo corso “, senza analizzare  criticamente quello trascorso? Come si spiega che la base DS ama Cofferati mentre gli iscritti eleggono  i suoi  “antagonisti”? O Cofferati non è  proprio maggioranza, oppure il gioco elettorale partitico- come quello nazionale- è  truccato.  Ma Cofferati – da tempo alto dirigente DS - non lo può ammettere. Uno stesso deficit di “rappresentanza” sta   dentro i sindacati confederali, CGIL compresa.  Di qui il leaderismo- consociativismo subalterno alla politica padronale , al partito DS ed al Governo di centro-sinistra, su temi decisivi : guerre, privatizzazioni, liquidazione dello Stato e dei diritti sociali. Non è proprio  questo il presidenzialismo anticostituzionale?

Non è lo stesso gioco del POLO che contrappone la “piazza” alle “elezioni politiche”? Berlusconi non ha appreso da D’Alema come affossare la Costituzione a colpi di maggioranza, anche per le elezioni?

Perchè Cofferati e Moretti se ne accorgono solo oggi? Cosa propongono in alternativa?

Quale dialogo è  mai possibile tra la cultura e la politica dei vertici DS e quelle dei movimenti di Porto Alegre, Genova, Firenze, Cosenza, ecc. ( per chi li conosce veramente)?

Fino a qual punto Berlusconi e D’Alema sono omologhi ? In cosa sono “alternativi “ ed a chi ?

Sono domande- tabù per il “duetto” diessino  e per le cronache dei media: comuni sono le  loro “amnesie", risultato e gioco balordo del monopolio della rappresentanza, della politica e dei mass-media.

In questi giorni i COBAS- parte attiva del sindacalismo e dei movimenti italiani ed internazionali- vengono criminalizzati per fatti di Genova: qui è morto Giuliani e sono stati malmenati dimostranti indifesi, assenti D’Alema (DS) e Cofferati (CGIL). Una assenza che dura anche oggi :infatti i due tacciono uniti su una simile incredibile “provocazione” politica.

Credo purtroppo che questo “patetico duetto” non esca dai canoni delle logiche perdenti che conosciamo. Temo che – nonostante il seguito “popolare”- non avrà maggior fortuna e farà  ancora il gioco di Berlusconi.

 

... la sfida di cui abbiamo necessità e' un'altra! 

              Enrico Giardino (Forum DAC)