DISCORSO PRONUNCIATO DAL COMANDANTE IN  CAPO FIDEL CASTRO RUZ, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI CUBA, NELLA MANIFESTAZIONE PER L’ANNIVERSARIO 50 DELL’ATTACCO ALLE CASERME MONCADA E CARLOS MANUEL DE CESPEDES, EFFETTUATO A SANTIAGO DE CUBA, IL 26 LUGLIO 2003.

 

Sembra un po’ irreale l’essere qui, in questo stesso posto, 50 anni dopo gli avvenimenti che commemoriamo oggi, avvenuti quella mattina del 26 luglio 1953.  Io avevo allora 26 anni; sono quindi passati sulla mia vita altri 50 anni di lotta.

Non potevo in quel lontano istante pensare nemmeno per un secondo che questa sera saremmo convocati i pochi partecipanti a quell’azione che siamo ancora vivi, insieme a coloro che, qui riuniti o in ascolta in tutto il paese, sono stati influenzati dalla Rivoluzione o vi hanno partecipato in modo attivo; insieme a coloro che nella stessa data erano bambini, adolescenti e giovani; a coloro che non erano ancora nati e oggi sono padri e persino nonni; a masse intere di uomini e donne adulti, pieni di gloria e di storia rivoluzionaria e internazionalista, a soldati e ufficiali attivi o della riserva, a civili che hanno realizzato delle vere e proprie prodezze; a un  numero che sembra infinito di giovani combattenti; a lavoratori sforzati o a entusiastici studenti, o a sforzati lavoratori che sono al tempo stesso entusiastici studenti, e a migliaia di pioneros che riempiono la nostra immaginazione di eterni sognatori.  E ancora una volta la vita mi impone il singolare privilegio di parlare a loro.

Non parlo a titolo personale.  Lo faccio in nome degli eroici sforzi del nostro popolo e delle migliaia di combattenti che sacrificarono la loro vita lungo mezzo secolo.  Lo faccio, inoltre, con l’orgoglio per l’opera grandiosa che furono capaci di portare a termine, per gli ostacoli superati e per le cose impossibili che resero possibili.

 Nei giorni terribilmente tristi che seguirono l’azione, spiegai al tribunale che mi giudicò quali furono le cause che ci spinsero alla lotta.

Cuba aveva allora una popolazione che non raggiungeva i sei milioni di abitanti.  Con i dati noti a quel tempo espressi crudamente, in cifre approssimative, la situazione del nostro popolo 55 anni dopo l’intervento nordamericano contro una Spagna ormai sconfitta militarmente dalla tenacità e dall’eroismo dei patrioti cubani, frustrando gli obiettivi della nostra lunga guerra per l’indipendenza e stabilendo nel 1902 un dominio politico ed economico totale su Cuba.

L’imposizione a viva forza nella nostra prima Costituzione del diritto del governo degli Stati Uniti a intervenire a Cuba e l’occupazione del territorio nazionale cubano per stabilirvi basi militari, unite al dominio totale della nostra economia e delle risorse naturali ridussero praticamente a zero la nostra sovranità nazionale.

Citerò soltanto alcune frasi e paragrafi molto brevi delle mie pronunce durante il processo svoltosi il 16 ottobre 1953:

“600 mila cubani sono disoccupati.”

“500 mila operai agricoli lavorano 4 mesi all’anno e patiscono la fame i mesi restanti.”

“Sono circa 400 mila gli operai industriali e i braccianti le cui pensioni sono state defalcate, le cui abitazioni sono le infernali stanze delle case popolari, i cui salari passano dalle mani del padrone a quelle dell’usuraio, la cui vita è il lavoro perenne e il cui riposo è la tomba.”

“10 mila giovani professionisti:  medici, ingegneri, avvocati, veterinari, pedagoghi, odontoiatri, farmaceutici, giornalisti, pittori, scultori, ecc. escono dalle aule con i loro titoli, desiderosi di lotta e pieni di speranza per trovarsi poi in un vicolo cieco, chiuse tutte le porte.”

“L’85% dei piccoli agricoltori cubani paga rendita e vive sotto la perenne minaccia dello sfratto dalle proprie parcelle.”

“200 mila famiglie contadine non hanno neanche un palmo di terra dove coltivare alimenti per i loro figli famelici.”

“Oltre la metà delle migliori terre di produzione coltivate è in mani straniere.”

“Circa oltre tre milioni di ettari sono senza coltivare.”

“Due milioni 200 mila persone della nostra popolazione urbana pagano affitti che assorbono tra un quinto e un terzo delle loro entrate.”

“Due milioni 800 mila persone della nostra popolazione rurale e suburbana mancano di luce elettrica.”

“Le scuole pubbliche della campagna sono frequentate da meno della metà dei bambini in età scolastica, scalzi, seminudi e denutriti.”

“Il 90% dei bambini della campagna è divorato dai parassiti.”

“La società rimane indifferente di fronte all’assassinio in massa che si commette contro tante migliaia di bambini che muoiono ogni anno per mancanza di soldi.”

“Dal mese di maggio fino al mese di dicembre un milione di persone sono senza lavoro a Cuba, che ha una popolazione di cinque milioni e mezzo di abitanti.”

“Quando un padre di famiglia lavora soltanto quattro mesi all’anno, come può acquistare vestiti e medicine per i figli?  Cresceranno rachitici, ai trent’anni non avranno un dente sano in bocca, avranno ascoltato dieci milioni di discorsi, e moriranno alla fine di miseria e delusione.  L’accesso agli ospedali dello Stato, sempre strapieni, è possibile soltanto mediante raccomandazione di qualche magnate politico, che esigerà allo sfortunato il voto e quello di tutta la famiglia affinché Cuba continui uguale o peggio.”

Forse il commento più importante che feci sul tema economico-sociale fu il seguente:

“L’avvenire della nazione e la soluzione dei suoi problemi non possono continuare a dipendere dall’interesse egoista di una decina di finanzieri, dai calcoli freddi sui guadagni che facciano nei loro gabinetti con aria condizionata dieci o dodici magnati.  Il paese non può continuare in ginocchio implorando i miracoli di alcuni vitelli d’oro che, come quello dell’Antico Testamento che fu abbattuto dall’ira del profeta, non fanno miracoli di nessun tipo. […]  E non è proprio con statisti il cui statismo consiste nel lasciare tutto com’è e nel farfugliare sempre sciocchezze sulla “libertà assoluta d’impresa”,  sulle “garanzie al capitale d’investimento” e sulla “legge dell’offerta e della domanda” il modo in cui si risolveranno tali problemi.”

“Nel mondo odierno nessun problema sociale si risolve per generazione spontanea.”

Queste frasi e idee descrivevano tutto un pensiero sottostante relativo al sistema economico e sociale capitalista che doveva essere semplicemente eliminato.  Esprimevano, in sostanza, l’idea di un nuovo sistema politico e sociale per Cuba, sebbene risultava rischioso dirlo in mezzo all’oceano di preconcetti e a tutto il veleno ideologico seminato dalle classi dominanti alleate all’impero, e diffuso in una popolazione di cui il 90% era analfabeta o semianalfabeta che non raggiungeva la quinta elementare; contestataria, combattiva e ribelle, ma incapace di discernere un problema così serio e profondo.  Sin da allora io avevo la più solida e ferma convinzione che l’ignoranza era stata l’arma più potente e terribile degli sfruttatori durante tutta la storia.

Educare il popolo nella verità, con parole e fatti inconfutabili, è stato forse il fattore fondamentale della grandiosa prodezza che esso ha realizzato.

Quelle umilianti realtà sono state spazzate via, malgrado i blocchi, le minacce, le aggressioni, il terrorismo massivo e l’impiego ad libitum  dei più potenti mezzi i divulgazione che siano mai esistiti contro la nostra Rivoluzione.

Le cifre non ammettono replica.

Si è potuto conoscere con maggiore precisione che la popolazione reale a Cuba nel 1953, secondo il censimento di quell’anno, era di 5 milioni 820 mila abitanti.  L’attuale, secondo il censimento di settembre del 2002, ormai nella fase finale di elaborazione dei dati, è di 11 milioni 177 mila 743 persone.

Gli indici ci indicano che nel 1953 c’erano 807 mila 700 persone analfabete, equivalente a un 22,3%, cifra che senza dubbio crebbe dopo durante i sette anni della tirannia di Batista; nell’anno 2002 c’erano soltanto 38 mila 183, cioè lo 0,5%.  Il Ministero dell’Istruzione considera che la cifra è ancora minore, poiché nella ricerca minuziosa in settori e quartieri risulta difficile trovare analfabeti.  Dai calcoli del ministero, realizzati sulla base di indagini individualizzate più precise di quelle di un censimento di popolazione, ne risultano 18 mila, equivalente allo 0,2%.  Ovviamente, entrambi i dati escludono le persone che per cause mentali o fisiche non possono essere alfabetizzate.

Nel 1953 il numero di persone con livello medio superiore e diploma di maturità raggiungeva i 139 mila 984, cioè, un 3,2% della popolazione con più di dieci anni.  Nel 2002 erano 5 milioni 733 mila 243, vale a dire 41 volte in più, equivalente al 58,9% della popolazione di età simile.

I laureati universitari erano 53 mila 490 nel 1953, e 712 mila 672 nell’anno 2002.

La disoccupazione, anche se il censimento del 1953 si svolse durante il periodo della raccolta della canna zuccheriera, una tappa di massima domanda di forza lavoro, era dell’8,4% prendendo come riferimento la popolazione economicamente attiva.  Il censimento del 2002, realizzato in settembre, dimostra che oggi  a Cuba la disoccupazione è solo del 3,1%, anche se l’anno scorso la forza lavorativa attiva, che nel 1953 era pari a 2 milioni 59 mila 659 persone, era di 4 milioni 427 mila 28.  Il fatto più impattante è che il prossimo anno, quando la disoccupazione sarà ridotta al di sotto del 3%, Cuba raggiungerà la categoria di paese con pieno impiego, il che in mezzo alla situazione economica mondiale odierna non è concepibile in nessun altro paese dell’America Latina o dei cosiddetti paesi economicamente sviluppati.

Senza riferirmi ad altre aree di notevoli progressi sociali, aggiungerò soltanto che tra il 1953 e il 2002 la popolazione si è quasi raddoppiata, il numero di abitazioni i è triplicato e il numero di persone per abitazione si è ridotto da 4,64 nel 1953 a 3,16 nel 2002.  Il 75,4% delle abitazioni è stato costruito dopo il trionfo della Rivoluzione.

L’85% della popolazione è propietario dell’abitazione che occupa.  Non paga imposte.  Il 15% restante paga un affitto meramente simbolico.

Dal totale di abitazioni che conta il paese, la percentuale di bohíos (capanne rustiche fatte con le foglie e il tronco delle palmas;  N.d.T.) è diminuita dal 33,3% nel 1953 al 5,7% nel 2002, e l’elettrificazione delle medesime è aumentata da un 55,6% nel 1953 al 95,5% nel 2002.

Tuttavia, le cifre non dicono tutto.  I freddi numeri non rispecchiano la qualità, ed è proprio essa che dimostra quanto di spettacolare c’è nei progressi raggiunti da Cuba.

Il nostro paese occupa oggi, per ampio margine, il primo posto al mondo in quantità di maestri, professori ed educatori pro capita.  Il personale docente nel suo insieme raggiunge l’altissima cifra di 290 mila 574 persone in funzioni.

In indagini realizzate su un gruppo dei principali indici educativi, Cuba occupa anche il primo luogo e supera i paesi sviluppati.  Un massimo di 20 allievi per maestro nella scuola elementare, obiettivo ormai raggiunto, e un professore per 15 allievi nella media –prima, seconda e terza media--, obiettivo che raggiungeremo il prossimo corso scolastico, è qualcosa che non può nemmeno sognarsi tra i paesi più ricchi del pianeta.

I medici sono 67 mila 79.  Di essi 45 599 specialisti e 8 858 in formazione.  Il personale d’infermeria raggiunge la cifra di 81 459 e i tecnici della sanità sono 66 339.  In totale sono 214 877 tra medici, personale d’infermeria e tecnici dedicati ai servizi della sanità.

La prospettiva di vita è 76,15 anni; la mortalità infantile è 6,5 su ogni mille nati vivi nel primo anno di vita, la più bassa tra tutti i paesi del Terzo Mondo e tra vari dei paesi sviluppati.

I professori di educazione fisica, sport e ricreazione sono 35 mila 902, molto di più che il numero totale di maestri e professori dedicati all’educazione prima della Rivoluzione.

Cuba è in processo di trasformare i propri sistemi di educazione, cultura e sanità per portarli, a partire dall’esperienza acquisita e dalle nuove possibilità tecniche, a livelli di eccellenza mai sognati.

Ormai in corso i suddetti programmi, si stima che le attuali conoscenze che acquisiscono i bambini, gli adolescenti e i giovani, si triplicheranno in ogni corso, e al tempo stesso, in un periodo non maggiore di cinque anni la prospettiva di vita deve ascendere fino a 80 anni.  I paesi più sviluppati e ricchi non riuscirà mai ad avere un maestro per 20 allievi nell’elementare, né un professore per 15 studenti nella media, né riuscirà a portare l’istruzione universitaria ai municipi di tutto il paese per metterla alla portata di tutto il popolo, nemmeno offrire gratuitamente servizi di eccellenza nell’ambito dell’istruzione, e della sanità a tutti i cittadini.  I loro sistemi economici e politici non sono disegnati a tali effetti.

A Cuba, l’incubo sociale e umano denunciato nel 1953, che diede origine alla nostra lotta, era stata superata pochi anni dopo il trionfo del 1959.  Presto non ci furono lavoratori precari, mezzadri, pagamento di rendite, tutti erano proprietari delle parcelle che occupavano; né ci furono bambini denutriti, scalzi e pieni di parassiti, senza scuole o senza maestri anche sotto un albero; non c’erano più morti massive per fame, malattie o mancanza di risorse o di attenzione medica; scomparvero i lunghi mesi senza occupazione lavorativa; non si videro più uomini e donne nelle aree rurali senza lavoro.  Si iniziava una tappa di creazione e costruzione di istituzioni educative, mediche, abitative, sportive e altre di carattere sociale insieme a migliaia di chilometri di autostrade, dighe, canali d’irrigazione, installazioni agricole, centri di generazione elettrica e linee di trasmissione dell’energia, industrie agricole, meccaniche, di materiali della costruzione e tutto quanto indispensabile allo sviluppo sostenuto del paese.

Fu così grande la domanda di forza lavoro, che dalle città per molti anni fu necessario mobilitare gruppi considerevoli di uomini e donne verso le attività agricole, costruttive e di produzione industriale, che stabilirono le basi dello straordinario sviluppo sociale raggiunto dalla nostra Patria, cui mi sono riferito prima.

Parlo come se il paese fosse stato un oasi d’idillica pace, come se non ci fossero stati più di quattro decenni di rigoroso blocco e di guerra economica, di aggressioni di ogni tipo, cifre massive di sabotaggi, atti di terrorismo, piani di assassinii e un’interminabile lista di fatti ostili contro la nostra Patria, su cui non ho voluto porre l’accento principale di questo discorso, per concentrarmi in idee fondamentali dell’attualità.

Basta dire che soltanto i compiti della difesa richiesero dell’impiego permanente di centinaia di migliaia di uomini, e di enormi risorse materiali.

La durissima battaglia fu addestrando il nostro popolo, gli insegnò a lottare contemporaneamente in molti fronti difficili, a fare molto con molto poco e a non scoraggiarsi mai di fronte alle difficoltà.

Prova decisiva fu la sua condotta eroica, la tenacità e inamovibile fermezza quando il campo socialista scomparve e la URS si disintegrò.  La pagina che allora scrisse, quando nessuno al mondo avrebbe scommesso un centesimo alla sopravvivenza della Rivoluzione, passerà alla storia come una delle più grandi prodezze che sia mai stata realizzata.  Lo fece senza aver trasgredito uno solo dei principi etici e umanitari della Rivoluzione, malgrado le grida e calunnia dei nostri nemici.

Il programma del Moncada si è compiuto e siamo andati oltre.  E’ da tempo che andiamo alla ricerca di sogni più elevati e inimmaginabili.

Oggi si combattono grandi battaglie nell’ambito delle idee e affrontiamo problemi associati alla situazione mondiale, forse la più critica che abbia vissuto l’umanità.  A ciò devo dedicare inevitabilmente una parte del mio discorso.

Varie settimane fa, agli inizi di giugno, l’Unione Europea ha approvato un’infame risoluzione elaborata da un gruppetto di burocrati, senza analisi previa degli stessi Ministri degli Esteri, e spinta da un personaggio di stirpe e ideologia fascista:  José María Aznar.  La stessa era un atto vigliacco e ripugnante, che si aggiungeva all’ostilità, alle minacce e ai pericoli che implica per Cuba la politica aggressiva della superpotenza egemonica.

Hanno deciso di sopprimere o di ridurre al minimo ciò che loro chiamano “aiuto umanitario” a Cuba.

Qual è stato questo aiuto negli ultimi anni, così duri per l’economia del paese?  Nel 2000 il cosiddetto aiuto umanitario ricevuto dall’Unione Europea è stato pari a 3,6 milioni di dollari; nel 2001 pari a 8,5 milioni di dollari; e nel 2002 a 0,6 milioni.  Non erano state ancora applicate le giuste misure che Cuba adottò, su basi assolutamente legali, per difendere la sicurezza del nostro paese di fronte a gravi pericoli di aggressione imperialista, qualcosa che nessuno ignora.

E’ evidente che la somma ci porta a una media di 4,2 milioni di dollari all’anno, che nel 2002 si è ridotta a meno d’un milione.

Cosa significa in realtà questa cifra per un paese che tra novembre del 2001 e ottobre del 2002 è stato colpito da tre uragani e ha subito danni pari a 2,5 miliardi di dollari, a cui si sono uniti gli effetti devastanti per le nostre entrate del crollo del turismo a causa degli atti terroristi dell’11 settembre 2001negli Stati Uniti, quello dei prezzi dello zucchero e del nichel per la crisi economica e l’aumento considerevole dei prezzi del petrolio per diversi fattori?  Cosa significano in confronto dei 72 miliardi che è costato il blocco economico imposto dai governi degli Stati Uniti durante più di quattro decenni e di fronte a cui, a causa d’una legge extraterritoriale e crudele come la Helms Burton, che danneggiava gli stessi interessi economici dell’Unione Europea, questa ha sottoscritto una vergognosa intesa mediante la quale si è impegnata a non appoggiare i propri imprenditori negli affari con Cuba, a cambio di futili promesse secondo cui non applicherebbero la suddetta legge ai suoi investimenti negli Stati Uniti?

Con i sussidi allo zucchero, i paesi dell’Unione Europea hanno danneggiato in miliardi di dollari le entrate di Cuba durante tutto il tempo che è durato il blocco degli Stati Uniti.

I pagamenti di Cuba ai paesi dell’Unione Europea per concetto di importazioni di merce negli ultimi 5 anni hanno raggiunto i 7,5 miliardi di dollari, una media approssimativa di 1,5 miliardi all’anno.  Invece i suddetti paesi solo acquistano prodotti di Cuba per un valore medio, negli ultimi 5 anni, di 571 milioni all’anno.  In realtà, chi aiuta chi?

Inoltre, il famoso aiuto umanitario è di solito accompagnato da ritardi burocratici e condizioni inammissibili, come ad esempio creare fondi di controvalore in moneta nazionale, al tasso delle nostre case di cambio, per finanziare in moneta nazionale altri progetti in cui le decisioni dovrebbero essere prese con la partecipazione di terzi.

Ciò vuol dire che se la Commissione Europea consegnava un milione di dollari, voleva che la parte cubana pagasse, per quel milione, 27 milioni di pesos cubani per finanziare altri progetti in moneta nazionale, e per la cui esecuzione si doveva contare sulla partecipazione alla presa di decisioni di Organizzazioni Non Governative europee.  Questa assurda condizione, che non è stata mai accettata, ha praticamente paralizzato il flusso d’aiuto a un gruppo di progetti per tre anni, e dopo li ha limitato in modo considerevole.

Tra ottobre del 2000 e dicembre del 2002 la Commissione Europea approvò formalmente quattro progetti per un ammontare di circa 10,6 milioni di dollari (quasi tutti destinati all’assistenza tecnica in temi amministrativi, giuridici ed economici) e solo 1,9 milioni di dollari per la sicurezza alimentaria.  Niente di ciò è stato eseguito a causa della lentezza dei meccanismi burocratici della suddetta istituzione.  Tuttavia, in tutti gli informi dell’Unione Europea questi fondi appaiono come “approvati per Cuba”, ma la realtà è che fino alla data odierna nel nostro paese non è entrato nemmeno un centesimo dei suddetti fondi.

 Si deve tenere conto che, in aggiunta, in tutti i suoi rapporti sull’aiuto a Cuba, la Commissione Europea e i paesi membri includono i cosiddetti costi indiretti, tali come biglietto nelle proprie linee aeree, alloggio, vitto, salari e lussi a livello di primo mondo.  Il presunto aiuto sborsato che incide direttamente sul progetto diminuisce per queste spese, che alla fine non costituisce un beneficio per il paese, ma che ai fini chiaramente pubblicitari vengono stimati come parte della loro “generosità”.

E’ proprio indignante che si voglia intimidire ed esercitare pressioni su Cuba utilizzando tali misure.  Cuba, piccolo paese, bloccato e aggredito, non soltanto è stato capace di sopravvivere ma anche di aiutare a tanti altri paesi del Terzo Mondo, sfruttati per secoli da metropoli europee.

Durante 40 anni a Cuba si sono laureati come professionisti e tecnici qualificati oltre 40 mila giovani provenienti da più di 100 paesi del Terzo Mondo, 30 mila di essi dall’Africa, senza che il nostro paese ne abbia rubato neanche uno, come fanno i paesi dell’Unione Europea con molti dei  migliori talenti.  D’altra parte, in tutto questo tempo oltre 52 mila medici e tecnici della sanità cubani, che hanno salvato milioni di vita, hanno prestato servizi in modo volontario e gratuito in 93 paesi.

Senza aver superato ancora il periodo speciale, lo scorso anno 2002 c’erano nel nostro paese più di 16 mila giovani del Terzo Mondo studiando nei centri d’istruzione superiore gratuitamente, tra cui oltre 8 mila che si formano come medici.  Se si calcola quanto dovrebbero pagare negli Stati Uniti e in Europa, sarebbe necessaria una donazione di oltre 450 milioni di dollari ogni anno.  Se si sommano i salari dei 3 700 medici che prestano servizi all’estero nei posti più isolati e difficili sulla base del costo del salario che paga all’anno la OMS per un medico , bisognerebbe aggiungere quasi altri 200 milioni.  Complessivamente il valore è pari a circa 700 milioni di dollari.  Ciò che il nostro paese può fare, non a partire dalle proprie risorse finanziarie bensì dello straordinario capitale umano che ha creato la Rivoluzione, dovrebbe servire come esempio all’Unione Europea e far sì che si vergogni del misero e inefficace aiuto che offre ai paesi del Terzo Mondo.

Mentre i combattenti cubani versavano il proprio sangue lottando contro i soldati dell’apartheid, i paesi dell’Unione Europea scambiavano miliardi di dollari ogni anno in merci con i razzisti sudafricani e, attraverso i loro investimenti beneficiavano del lavoro semischiavo e a basso costo dei nativi sudafricani.

Lo scorso 20 luglio, meno di una settimana fa, l’Unione Europea, in una pubblicizzata riunione per rivedere la sua vergognosa Posizione Comune, ha ratificato le infami misure adottate contro Cuba il 5 giugno e ha dichiarato che riteneva che il dialogo politico doveva continuare “ai fini di promuovere una ricerca più efficiente dell’obiettivo della Posizione Comune”.

  Il governo di Cuba, per elementare senso della dignità, rinuncia a qualunque aiuto o resto di aiuto umanitario che possa offrire la Commissione e i governi dell’Unione Europea.  Il nostro paese accetterebbe soltanto questo tipo d’aiuto, non importa quanto modesto sia, dalle autonomie regionali o locali, dalle organizzazioni non governative e dai movimenti di solidarietà, che non impongono a Cuba condizionamenti politici.

L’Unione Europea s’illude quando afferma che il dialogo politico deve proseguire.  La sovranità e la dignità d’un popolo non si discutono con nessuno, tanto meno con un gruppo di ex potenze coloniali responsabili storicamente del traffico di schiavi, del saccheggio e persino dello sterminio di interi popoli, che sono colpevoli del sottosviluppo e della povertà in cui vivono oggi miliardi di esseri umani a cui continuano a saccheggiare mediante lo scambio disuguale, lo sfruttamento e lo spreco delle loro risorse naturali, l’impagabile debito estero, il furto dei migliori cervelli e altri procedimenti.

L’Unione Europea manca di sufficiente libertà per dialogare con piena indipendenza.  I suoi impegni con la NATO e gli Stati Uniti, la sua condotta a Ginevra, dove agisce accanto a fianco di coloro che vogliono distruggere Cuba, la rendono incapace di affrontare uno scambio costruttivo.  Ad essa si uniranno fra poco paesi dell’ex comunità socialista.  I loro opportunisti dirigenti, più fedeli agli interessi degli Stati Uniti che a quelli dell’Europa, saranno dei cavalli di Troia della superpotenza all’interno dell’Unione Europea.

Sono pieni di odio contro Cuba, a cui abbandonarono e a cui non perdonano l’aver resistito e dimostrato che il socialismo è capace di raggiungere una società mille volte più giusta e umana del putrido sistema che loro adottarono.

Quando l’Unione Europea si creò, l’applaudimmo, perché era l’unica cosa intelligente e utile che potevano fare per frenare l’egemonismo del suo potente alleato militare e concorrente economico.  Applaudimmo anche l’euro perché era conveniente per l’economia mondiale di fronte al potere asfissiante e quasi assoluto del dollaro.

Quando invece, arrogante e calcolatrice, alla ricerca di riconciliazione con i padroni del mondo, offende Cuba, non merita dal nostro popolo la benché minima considerazione e rispetto.

Il dialogo nei fori internazionali dev’essere pubblico e per discutere i gravi problemi che minacciano il mondo.

Non tenteremo di discutere i principi dell’Unione o della Disunione Europea.  A Cuba troveranno un paese che non accetta padroni, né minacce, né chiede elemosina, né manca del coraggio di dire la verità.

Voi avete bisogno di qualcuno che vi dica alcune verità, poiché molti vi adulan per interesse o semplicemente affascinati dal lusso delle glorie passate dell’Europa.  Perché non criticano o aiutano la Spagna a migliorare il disastrato stato dell’istruzione che, al livello di repubblica delle banane, è una vergogna per l’Europa?  Perché non aiutano la Gran Bretagna a impedire che le droghe sterminino l’orgogliosa razza?  Perché non si analizzano e aiutano tra loro che tanto bisogno ne hanno?

L’Unione Europea farebbe bene a parlare meno e a fare di più per i veri diritti umani della stragrande maggioranza dei popoli del mondo; ad agire con intelligenza e dignità di fronte a coloro che non vogliono lasciarle nemmeno le briciole delle risorse del pianeta che vogliono conquistare; a difendere la propria identità culturale di fronte all’invasione e penetrazione delle potenti transnazionali dell’industria della ricreazione nordamericana; occuparsi dei propri disoccupati che sono decine di milioni; a educare gli analfabeti funzionali; a dare un trattamento umano agli immigranti; a garantire una vera previdenza sociale e l’attenzione medica a tutti i cittadini come lo fa Cuba; a moderare le abitudini consumistiche e di spreco; a garantire che tutti i membri apportino l’1% del PIL come ormai fanno alcuni per appoggiare lo sviluppo del Terzo Mondo o almeno alleviare senza burocratismo né demagogia la loro terribile situazione di povertà, insalubrità e analfabetismo; a indennizzare l’Africa e altre regioni per il danno a esse cagionato durante secoli di schiavitù e colonialismo; a concedere l’indipendenza ai punti coloniali che mantengono ancora in questo emisfero, dai Caraibi alle Malvine, senza ritirare l’aiuto economici che meritano per il danno storico e lo sfruttamento coloniale subito.

A una lista che sarebbe infinita si potrebbe aggiungere:

Portare avanti una vera e propria politica d’appoggio ai diritti umani con fatti e non con parole inutili; investigare ciò che in realtà avvenne con i baschi assassinati dai GAL ed esigere responsabilità; informare il mondo di come fu brutalmente assassinato lo scienziato David Kelly o in che modo lo spinsero al suicidio; rispondere un giorno le domande che gli fece a Rio de Janeiro sulla nuova concezione strategica della NATO rispetto ai paesi dell’America Latina; opporsi risolutamente e con fermezza alla dottrina dell’attacco sorpresa e preventivo contro qualunque paese del mondo, proclamata dalla più forte potenza militare che sia mai esistita, le cui conseguenze per l’umanità voi sapete dove conducono.

Calunniare e castigare Cuba, oltre ad essere ingiusto e vigliacco, è ridicolo.  A partire dal grandioso e abnegato capitale umano che ha creato e di cui voi non disponete, Cuba non ha bisogno dell’Unione Europea per sopravvivere, svilupparsi e raggiungere ciò che voi non potrete mai raggiungere.

L’Unione Europea deve moderare l’arroganza e la prepotenza.

Nuove forze emergono dappertutto e con grande spinta.  I popoli sono stanchi di tutele, di ingerenze e di saccheggi imposti attraverso meccanismo che privilegiano i più ricchi e sviluppati al costo della crescente povertà e della rovina altrui.  Una parte di questi popoli avanza ormai con forza incontenibile.  Altri li raggiungeranno.  Tra essi ci sono giganti che si svegliano.  A questi popoli appartiene il futuro.

In nome di 50 anni di resistenza e di lotta senza tregua di fronte a una forza varie volte superiore alla vostra, e dei successi sociali e umani raggiunti da Cuba senza alcun aiuto dei paesi dell’Unione Europea, vi invito a riflettere serenamente sui vostri errori senza lasciarsi trascinare da eccessi d’ira o dall’ubriachezza euronarcisista.

Né l’Europa né gli Stati Uniti diranno l’ultima parola sui destini dell’umanità!

Voglio assicurarvi qualcosa di simile a ciò che dissi davanti al tribunale spurio che mi giudicò e condannò per la lotta che iniziammo un giorno come oggi cinque decenni fa, ma questa volta non sarò io a dirlo; lo afferma e augura un popolo che ha realizzato una Rivoluzione profonda, trascendente e storica, e ha saputo difenderla:

Condannatemi, non importa!  I popoli diranno l’ultima parola!

Gloria eterna ai caduti durante 50 anni di lotta!

Gloria eterna al popolo che ha trasformato i suoi sogni in realtà!

Vinceremo!