Lettera
aperta, non solo ai miei compagni e alle mie compagne del continente America
Latina
Amo il mio Paese. Amo l'America Latina. Per questo
intendo realizzare alcuni appunti di riflessione e di analisi politica.
La realtà dell'America Latina impone, oggi, diverse
chiavi di lettura.
Elementi, in apparenza dissociati e disarticolati che
si uniscono in un identico fine: l'espansione delle politiche neoliberali con il
conseguente impoverimento dell'85% della popolazione in un continente, comunque,
che resiste e non vuole "desaparecer".
L'imperialismo, oggi denominato genericamente
globalizzazione, neoliberalismo, ecc., continua come sempre ha fatto a
soggiogare e a sfruttare la maggior parte delle popolazioni latinoamericane.
Il Fondo Monetario Internazionale detta le politiche
economiche; i governi servili le mettono in pratica; gli eserciti vigilano (e
intervengono): per portare a buon fine esclusivamente il maggior profitto
possibile.
Qualche considerazione è obbligatoria.
Finite le esperienze della decade degli anni '70 in
America Latina, sconfitte le proposte democratiche e la lotta partigiana, il
capitalismo prende possesso del "suo cortile di casa".
Enormi masse di denaro proveniente dal mondo della
malavita, proventi di traffici illegali, cercano una via di inserimento dentro
un circuito legale.
Le politiche economiche dei Paesi dell'America Latina
si basano, per sintetizzare, in una unica proposta (indicata dall'FMI):
privatizzare.
Privatizzare tutto ciò che è possibile
privatizzare.
E' così che queste enormi somme di denaro irrompono
nelle società cambiando in primis il tessuto socio-economico delle diverse
regioni.
Dollarizzazione della moneta (Argentina e oggi, ad
esempio, Ecuador), flessibilità non come compromesso sociale e trattativa tra
imprenditori ed organizzazioni sindacali ma come imposizione approvata ed
imposta dai Parlamenti, corruzione dilagante che si insinua ad ogni livello
della vita e che si dimostra necessaria, anzi componente fondamentale, delle
politiche neoliberali, repressione sistematica ad ogni pur tenue contestazione o
proposta alternativa, impunità totale per i gendarmi e gli eserciti al servizio
di un sistema di potere che genera sofferenza all'85% del popolo che, oggi, vive
in una condizione realmente catastrofica: questo è un quadro della realtà
oggettiva dell'America Latina.
I centri finanziari e produttivi della droga vivono
una loro "migrazione controllata": lasciano la Colombia e si
trasferiscono in Messico o in Argentina.
La lotta per questi enormi profitti, attualmente, è
una chiave di lettura primaria per comprendere molte contraddizioni dell'America
Latina.
Alle soglie del 2000 il traffico di stupefacenti è
stimato intorno ai 400 milioni di dollari, circa l'8% del commercio mondiale,
ovvero più della quota di ferro e acciaio o di motoveicoli o di prodotti
tessili e quasi uguale a quella di gas e petrolio.
Alti ufficiali dell'esercito messicano sono, come
spesso è documentato, invischiati nel controllo e nei traffici di stupefacenti
al pari di politici ed imprenditori come, ad esempio in Argentina evidenziava il
caso "Yabran".
Il tentativo di golpe in Paraguai, la permanenza
illegale al potere di Fujimori in Perù, la riorganizzazione del potere militare
in Cile, la corruzione incontrollata ai vertici del potere brasiliano sono una
dimostrazione reale ed effettiva di forti interessi legati al denaro che
traffici illeciti procurano.
Migliaia di miliardi di dollari che viaggiano verso
un solo padrone, attraverso frontiere aperte e vie transitabili, per riprodursi
senza ostacoli e garantire il permanere di un'oppressione secolare.
Chi si oppone sarà eliminato.
Intanto, le comunità indigene in Ecuador, diverse
esperienze dei Sem Terra e non solo in Brasile, organizzazioni di base in Perù
o lo stesso MRTA, il PCML in Brasile, il FPMR in Cile, l'EZLN in Messico e altri
continuano a lottare e ad opporsi ad una politica che definiamo, senza causa
d'errore, di sterminio.
Le FARC in Colombia sono fortemente impegnate a
tentare di costruire la strada della pace trattando con il governo e mantenendo
la loro dignitosa posizione con la coscienza che un intervento americano
potrebbe complicare qualsiasi necessario negoziato.
Comunque non possiamo non ragionare su una
frammentazione che persiste e un lavoro per una grande unità dal basso si rende
necessario ed inderogabile.
Creare una risposta unitaria, lottare strenuamente
contro l'imperialismo (perché di imperialismo si tratta) cercando anche vie
inesplorate, proporre e costruire una politica alternativa che provenga dal
popolo cosciente e vada verso il popolo per creare coscienza è un'esigenza che
la stessa storia e la realtà ci impongono: dobbiamo inventare un movimento
trasformatore, dobbiamo perseguire l'obiettivo della nascita di un fronte di
lotta antimperialista per il socialismo (non vittima di spontaneismo e puro
ribellismo ma dotato di capacità indagatrice e propositiva) che vada dalla
Terra del Fuoco al Rio Rojo.
Può sembrare un sogno ma chi ha detto che tra i
nostri diritti che vogliamo conquistare e riconquistare non c'è prima di ogni
altro il diritto a sognare?
E se la libertà continua, come speriamo, ad essere
il sentimento primario di ogni essere umano abbiamo il dovere di unirci
nell'armonia delle diversità per camminare uniti verso la vittoria finale: una
vittoria non nostra ma dell'umanità.
Democrazia Popolare-Sinistra Unita in coerenza con la
sua linea politica (non tattica ma strategica) da e darà sempre il suo appoggio
incondizionato, oltre le mode e le occasioni, ai partigiani del Perù e della
Selva Lacandona, a quelli dello stato di Guerriero in Messico e delle FARC, ai
resistenti cileni, argentini o dell'Ecuador, ai compagni ed alle compagne del
Nicaragua e del Brasile: un appoggio che non ha un fondamento ed una base solida
sulle parole altisonanti ma sui fatti, la prassi, fatti ed azioni concrete per
una collaborazione che ci porti a costruire un nuovo internazionalismo, un nuovo
pianeta ed in questo un uomo nuovo, solidario e combattente.
Julio Schwarsberg
Responsabile Organizzazione di DP(SU)