MADRE E PULCINELLA
(BINOMIO FANTASTICO)

 
di
menene

  La donna stava per partorire.

Guardò il suo grembo e iniziò a dialogare.

“Vorrei raccontarti

l’esperienza di chi nasce precedendo il tempo.

Vorrei parlarti di Antonio, Maria, Josè, Ines, Jmmi e Omar.

Vorrei che tu

prima del giorno nuovo

amassi la storia di ogni comunità:

i loro colori, le tradizioni, le speranze, i sogni.

Amassi ogni popolo:

per non rimanere solo.

Vorrei trasmetterti il grande scompiglio:

i nostri giorni.

E vorrei che tu ascoltassi la voce di chi lotta per la libertà.

Vorrei descriverti le nostre usanze:

ma, ormai, durano solo pochi attimi.

Quella che stai ascoltando è…

la mia anima: la ragione che si confonde con i sentimenti.

Non è questa la stagione

della vendemmia: molti animali politici hanno smesso di esserlo:

hanno scelto di essere unicamente bestie

(o non hanno scelto affatto).

Hanno scelto di non vivere in società ma di saccheggiarla.

Ricordalo quando sarai padrone della tua vita.

E ricorda che volare è, anche, precipitare al suolo:

e la luna può essere solo un cratere freddo

e il sole a poca distanza un distruttore: una stella non eterna.

Gli apatici e gli indifferenti

i capi perenni e gli opportunisti

sono i signori del tempio e del tempo.

Lo sono i ladri e lo sono i giullari.

L’etica dell’essere è stata ferita

e la madre sta impazzendo.

La forza rivoluzionaria

che genera la vita

è continuamente torturata e… fatta scomparire.

Vorrei dirti: ricordalo.

Ogni cosa meravigliosa è stata imprigionata

vive in uno stato d’impotenza

(come il diritto e i diritti)

o è illeggibile

e i libri sono ingialliti

(mentre l’era della luce è avvolta dalle tenebre)

e ricordano antiche battaglie e guerre mai terminate.

Vorrei che tu sapessi

che non c’è rispetto per gli innocenti

e chi vuole legare capestri alla gola delle genti imperversa.

Vorrei metterti in guardia da gente incorporea

che farà di tutto per distrarti dal tuo viaggio

… verso la primavera.

Ma tu: alza i pugni e stringi altre mani:

canta e grida: è sempre maggio:

noi non siamo il mucchio selvaggio.

Vorrei che tu incontrassi ad ogni angolo di strada

un bambino o una bambina con il volto adulto.

Da loro puoi imparare molto!”

 

Mentre la donna partoriva

pensando ad una qualità della vita nuova…

accadevano altre cose.

 

Movimenti ritmati, braccia a penzoloni

ecco arrivare Pulcinella per nuove rappresentazioni.

Gli è rimasta solo la maschera ha bisogno di nuove invenzioni:

e si mette a chiamare

a chiamare.

E si mette a cantare

a cantare.

E’ da solo ora in strada.

Non è stata ancora asfaltata.

Piange e cerca.

Tanta gente lo saluta

e domanda dei successi:

lui risponde col sorriso

non riesce a dire niente.

Che giornata inconcludente.

Poi ad un angolo di strada ragazzi abbracciati

che lottano per un mondo nuovo:

lui li guarda.

Poi sale su un grande palco: le risate divertenti e il vino.

I balli e i gesti vivi:

dureranno solo un’occasione.

Poi ancora la strada e i desideri:

finché si desidera si ha voglia di vivere.

Poi incontra bandiere rosse al vento

e pugni alzati:

- “ciao”

- “chi sei?”,

- “sono Pulcinella:

una maschera che sogna una umanità senza maschere”.

 

Il bambino

o la bambina

stava per arrivare.

La donna aveva le doglie e parlava ancora con se stessa:

“perché non abbiamo memoria?

Perché teste di cartapesta ci dominano?

Perché pupazzi dai fili logori ci calpestano?”

 

Un piccolo pianto: una nuova vita tra noi.

Nell’era della luce

(avvolta dalle tenebre)

nascerà ancora chi può precedere i tuoni

cosciente che l’acqua arriva dal cielo

o dalle sorgenti…

e che ogni goccia ci appartiene…

e che ogni cosa appartiene ai popoli.

Per questo vinceremo.

 

La madre era felice.

Pulcinella, intanto, continuava a camminare…