MOZIONE ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE

ATTAC ITALIA

( Bologna, 23-24. Giugno. 2001 )

Noi sottoscritti, salariati, rappresentanti di diverse categorie di lavoratori della
provincia di Modena solleviamo una grave questione di democrazia riguardo al merito ed alla forma di convocazione ed organizzazione di questa iniziativa politica.

Noi non riscontriamo in essa la reale possibilità per i lavoratori di confrontarsi ed esprimersi su temi importanti e che li riguardano direttamente quali la globalizzazione, la salute, l’ambiente, il territorio, l’economia.

I lavoratori e le lavoratrici sono anzi esclusi e tenuti ai margini del dibattito.

Sono testimonianza e non momento attivo.

Sono informati e non consultati e investiti di questioni che, ripetiamo, li riguardano perché attengono alle loro stesse condizioni di vita e di lavoro.

A questa iniziativa, importante e nella quale tutti gli aderenti alla mozione si riconoscono ed appoggiano, non sono stati fatti precedere momenti di discussione e approfondimenti necessari a garantire una partecipazione realmente democratica dei lavoratori alle questioni in esame.

Non si sono forniti gli strumenti necessari perché i lavoratori potessero oggi, qui, presentarsi a pieno titolo come momento attivo, dibattente e propositivo per l’iniziativa stessa.

Il ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici si esaurisce nell’esserci, nell’essere “ pubblico” e non fase attiva della discussione.

La stessa organizzazione dei “ gruppi di lavoro” o “ tavole rotonde”, previsti per questo pomeriggio, ai quali auguriamo un buon e proficuo lavoro, vede i lavoratori ancora una volta come momento passivo, tenuti fuori dal dibattito ed impossibilitati a portare il loro contributo in quanto classe operaia.

Ribadiamo che la nostra è unicamente una critica sulla questione della democrazia e della partecipazione reale dei lavoratori alla discussione, alla formazione delle idee ed all’organizzazione che no ricade esclusivamente su chi, oggi, ha reso possibile un incontro così importante.

In Italia, purtroppo, resiste una vecchia tradizione e retaggio culturale che concepisce il lavoratore incapace di assumere senza intermediari i suoi stessi problemi, che è costretto a demandare ad altre figure ‘specializzate’ questo ruolo di analisi e comprensione dei processi.

Conosciamo bene i danni gravi che questa impostazione ha arrecato ai lavoratori ed alla loro organizzazione.

Oggi questo non è più possibile né ammissibile.

E’ tempo che i lavoratori assumano sulle loro spalle il peso di questioni da troppo tempo demandate ad altre figure.

Con questo documento intendiamo riaffermarci e riappropriarci in quanto classe operaia della centralità che il nostro ruolo  ci impone di avere nei processi economici, politici, culturali e sociali in quanto soggetto fondamentale della trasformazione.

Ci auguriamo che possa esistere in ATTAC una forte e ben sentita presenza della classe operaia italiana.